«Grazie, a nome degli omosessuali, per essere qui a difendere il reale»
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gennaio 18, 2013
Rodolfo Casadei
Tempi era a Parigi alla
“Manifestazione per tutti” e ve la racconta come nessun altro. Slogan,
testimonianze, ironie e pure il più grande “Gangnam Style” che sia mai
stato ballato sotto la Tour Eiffel
La manifestazione contro il progetto di legge Taubira per il matrimonio e l’adozione (e presto anche la fecondazione assistita) aperti a tutti è stata un capolavoro politico e culturale. Il presidente François Hollande e il governo di Jean-Marc Ayrault sicuramente non indietreggeranno di un passo nei loro progetti, ma è indubbio che nel giro di quattro mesi il clima sociale intorno al dibattito è completamente cambiato, e anche i media hanno dovuto prenderne atto. Gli oppositori al matrimonio omosex sono riusciti a scuotersi di dosso tutte le etichette denigratorie che erano state loro cucite addosso, e ad accreditarsi come una grande forza popolare, intergenerazionale, pluralista, repubblicana, sinceramente preoccupata del pericolo di collasso delle istituzioni della vita civile che la nuova legge fa correre alla patria dei diritti umani. Senso critico, discorso razionale e tolleranza oggi sono i contrassegni caratteristici del movimento che si oppone al “matrimonio per tutti”, mentre l’immagine dell’intolleranza verso le idee altrui, dell’arroganza che rende sordi ai ragionamenti assennati e della sopraffazione dei diritti dei più deboli ha cominciato a incollarsi su promotori e difensori della legge. Infatti un altro momento drammatico e struggente della kermesse è stato quando un ragazzo dai tratti asiatici, ai limiti della perdita del controllo di sé, ha urlato nel microfono del palco: «Noi figli adottati non siamo una medicina per la sterilità degli adulti! Non siamo la cura per il loro dolore! Siamo bambini, non siamo diritti!».
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