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martedì 1 gennaio 2013

L'ATTESA


 L'ATTESA
***
Nell’attesa si documenta
la struttura della nostra natura, l’essenza della nostra anima. Noi
attendiamo perché la promessa è all’origine, è l’origine della nostra fattura,
di come siamo stati fatti. Chi ha fatto l’uomo lo ha fatto come promessa.
E questo lo sappiamo proprio perché attendiamo.
«Strutturalmente – ci ricorda don Giussani – l’uomo attende; strutturalmente
è mendicante: strutturalmente la vita è promessa».5 Possiamo
dire o fare tutto quello che vogliamo – cercare di distrarci secondo tutte le
modalità che conosciamo, essere conniventi con tutta la cospirazione che
c’è oggi intorno a questa attesa, ciascuno può aggiungere tutto quello che
sa o tutte le strategie che usa per scappare dal guardarla, e anche stando
insieme possiamo non avere il coraggio di guardarla –, ma non possiamo
strapparci di dosso questa attesa, perché è la struttura della nostra natura,
non abbiamo deciso noi di averla, né possiamo decidere noi di sopprimerla,
non è da noi che dipende, non possiamo farci nulla. 
Possiamo, questo sì, decidere di assecondarla oppure di contrastarla,
 di amarla oppure di odiarla, e questa è l’alternativa che si pone 
davanti a ciascuno di noi ogni giorno.
Bramo perché la sostanza dell’io è attesa, e se la struttura originale
dell’uomo è attesa, la cosa più terribile che posso compiere contro questa
natura che sono io è non aspettare niente. Scrive Pavese: «Aspettare è
ancora una occupazione. È non aspettar niente che è terribile»
È drammatico  aspettare, ma è tragico non aspettare niente. Infatti, l’alternativa
all’attesa è la noia. Lo dice bene Blanchot: «La putrefazione dell’attesa
[è] la noia».7 Ma questa attesa è così resistente che, come scrive Marcel
Proust, «sapere che non si ha più nulla da sperare non impedisce di 
continuaread attendere»; essa è così strutturalmente una cosa sola con
 noi, ci definisce talmente in ogni fibra del nostro essere, che non possiamo
 non aspettare. 
Come dice ancora Rilke: «Sempre distratto ancora d’attesa, /
come se tutto t’annunciasse un’amata». Uno si sorprende “distratto” ad
attendere. Come quando uno è innamorato: «A che cosa stai pensando?»
«A che cosa credi che pensi?». «Distratto ancora d’attesa, / come se tutto
t’annunciasse un’amata».
Dai letterati ai cantanti, il tema è il medesimo, come abbiamo visto nella
mostra sul rock’n’roll del Meeting di quest’anno, per esempio in questo
brano del gruppo inglese Coldplay: «Non so da che parte sto andando,
non so per quale strada sono arrivato, racchiudi la mia testa dentro le
tue mani, ho bisogno di qualcuno che capisca, ho bisogno di qualcuno,
qualcuno che ascolti. Per tutti questi anni ho atteso te, per te aspetterei
fino alla venuta del regno, fino a che il mio giorno, il mio giorno arrivi.
E dì che arriverai e mi libererai. Dì solo che attenderai, attenderai me».
CARRON 

da:Il libretto degli Esercizi del Clu



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