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sabato 15 febbraio 2014

Il re e la donna

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Il re e la donna
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Giovedì, 13 febbraio 2014

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.036, Ven. 14/02/2014)

«Due icone» per una verità: peccatori sì ma corrotti no. È da questo rischio che Papa Francesco ha messo in guardia nella messa celebrata giovedì mattina, 13 febbraio, nella cappella della Casa Santa Marta. Indicando due figure emblematiche delle Scritture — il re Salomone e la donna che invoca l’intervento di Gesù per guarire la figlia indemoniata — il Pontefice ha voluto incoraggiare il cammino di quanti, silenziosamente, ogni giorno si mettono alla ricerca del Signore, passando dall’idolatria alla vera fede.
Le «due icone» scelte dal Papa per l’omelia sono state tratte dalla liturgia del giorno. Nel primo libro dei Re (11, 4-13) si narra di Salomone, mentre il Vangelo di Marco (7, 24-30) presenta la figura della donna «di lingua greca e di origine siro-fenicia» che supplica Gesù «di scacciare il demonio da sua figlia». Salomone e la donna, ha spiegato il Pontefice, percorrono due strade opposte e, proprio attraverso di loro, «oggi la Chiesa ci fa riflettere sul cammino dal paganesimo e dall’idolatria al Dio vivente, e sul cammino dal Dio vivente verso l’idolatria».
Rivolgendosi a Gesù la donna, si legge nel passo evangelico, è «coraggiosa», come lo è ogni «madre disperata» che «davanti alla salute di un figlio» è pronta a fare di tutto. «Le avevano detto che c’era un uomo buono, un profeta» — ha spiegato il Papa — e così è andata a cercare Gesù, anche se lei «non credeva nel Dio di Israele». Per il bene di sua figlia «non ha avuto vergogna dello sguardo degli apostoli», che «forse tra loro dicevano: ma questa pagana cosa fa qui?». E si è avvicinata a Gesù per supplicarlo di aiutare sua figlia posseduta da uno spirito impuro. Ma alla sua richiesta Gesù risponde di essere «venuto prima per le pecore della casa di Israele». E glielo «spiega con un linguaggio duro» dicendole: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini».
La donna — che «certamente non è andata all’università» ha fatto notare il Santo Padre — non ha risposto a Gesù «con la sua intelligenza ma con le sue viscere di madre, col suo amore». E così gli ha detto: «Anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Come per dire: «Dai queste briciole a me!». Colpito allora dalla sua fede «il Signore ha fatto un miracolo». E così lei, «tornata a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato».
È in sostanza la storia di una madre che «si era esposta al rischio di fare una brutta figura ma ha insistito» per amore di sua figlia. E venendo «dal paganesimo e dall’idolatria, ha trovato la salute per sua figlia»; e per se stessa «ha trovato il Dio vivente». Il suo, ha spiegato il Papa, «è il cammino di una persona di buona volontà che cerca Dio e lo trova». Per la sua fede «il Signore la benedice». Ma è anche la storia di tanta gente che ancora oggi «fa questo cammino». E «il Signore aspetta» queste persone, mosse dallo Spirito Santo. «Ogni giorno nella Chiesa del Signore ci sono persone che fanno questo cammino, silenziosamente, per trovare il Signore», proprio «perché si lasciano portare avanti dallo Spirito Santo».
C’è però, ha avvertito il Pontefice, «il cammino contrario», rappresentato dall’icona di Salomone, «l’uomo più saggio della terra, con un sacco di benedizioni, enormi, grandi; con l’eredità della sua patria unita, questa unione che aveva fatto suo padre Davide». Il re Salomone aveva «una fama universale», aveva «tutto il potere». Ed era anche «un credente in Dio». Ma perché allora ha perso la fede? La risposta si trova nel passo biblico: «Le sue donne gli fecero deviare il cuore per seguire altri dei e il suo cuore non restò integro con il Signore, suo Dio, come il cuore di Davide, suo padre».
A Salomone, ha detto il Papa, «piacevano le donne. Aveva tante concubine e le prendeva di qua e di là: ognuna con il suo dio, con il suo idolo». Proprio «queste donne hanno indebolito il cuore di Salomone, lentamente». Salomone, dunque, «ha perso l’integrità» della fede. Così quando «una donna gli chiedeva un tempio piccolo» per «il suo dio», lui lo costruiva «sul monte». E quando un’altra donna gli domandava l’incenso per un idolo, lui glielo comprava. Ma così facendo «il suo cuore si è indebolito e ha perso la fede».
A perdere la fede in questo modo, ha rimarcato il Pontefice, è «l’uomo più saggio del mondo», che si è lasciato corrompere «per un amore indiscreto, senza discrezione, per le sue passioni». Eppure, ha detto il Papa, si potrebbe replicare: «Ma, padre, Salomone non ha perso la fede, lui credeva in Dio, era capace di recitare la Bibbia» a memoria. A questa obiezione però il Papa ha risposto che «avere fede non significa essere capaci di recitare il Credo: tu puoi recitare il Credo e aver perso la fede!».
Salomone, ha proseguito il Papa, «all’inizio era peccatore come suo padre Davide. Ma poi è andato avanti e da peccatore» è diventato «corrotto: il suo cuore era corrotto per questa idolatria». Anche suo padre Davide «era peccatore, ma il Signore gli aveva perdonato tutti i peccati perché era umile e chiedeva perdono». Invece «la vanità e le sue passioni portarono» Salomone «alla corruzione». È infatti «proprio nel cuore dove si perde la fede».
Il re percorre dunque «il cammino contrario a quella donna siro-fenicia: lei dall’idolatria del paganesimo è arrivata al Dio vivente», lui invece «dal Dio vivente è arrivato all’idolatria: povero uomo! Lei era una peccatrice, sicuro, perché tutti lo siamo. Ma lui era corrotto».
Citando quindi un passo della Lettera agli Ebrei, il Papa ha auspicato che «nessun seme maligno cresca» nel cuore dell’uomo. È «il seme maligno delle passioni, cresciuto nel cuore di Salomone», ad averlo «portato all’idolatria». Per non far sviluppare questo seme il vescovo di Roma ha indicato «il bel consiglio» suggerito dalla liturgia nell’acclamazione al Vangelo: «Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza». Con questa consapevolezza, ha concluso, «facciamo la strada di quella donna cananea, di quella donna pagana, accogliendo la parola di Dio che è stata piantata in noi e che ci porterà alla salvezza». Proprio la parola di Dio, che è «potente, ci custodisca in questa strada e non permetta che noi finiamo nella corruzione e questa ci porti all’idolatria».

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