Lezioni di catechismo, un Napoleone inusuale
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Napoleone? Chi sono io per giudicarlo? E’ uscito, per le Edizioni Studio Domenicano, un interessante libro
che raccoglie passi significativi delle “Conversazioni sul
cristianesimo” che il Bonaparte ebbe nel suo esilio di Sant’Elena.
Quello che vien fuori è un Napoleone apologeta cristiano, anzi
cattolico. A condire il tutto la prefazione del Card. Giacomo Biffi che,
dicono i ben informati, dopo questa “scoperta” desidera essere chiamato
“Sua Altezza Imperiale”.
Il cardinale emerito di Bologna, a cui di certo non manca il gusto dell’ironia,
scrive che si è trovato “singolarmente consonante” con alcune
affermazioni di quello che molti considerano il capo degli anticlericali
di ieri e di oggi; in particolare si è ritrovato quando l’Imperatore
confida ai suoi compagni di esilio che “tra il cristianesimo e
qualsivoglia altra religione c’è la distanza dell’infinito”. In questo
modo – scrive Biffi – ha colto “la sostanziale alterità tra l’evento
cristiano e le dottrine religiose.”
Certo, siamo a Sant’Elena, e Napoleone ormai aveva dietro le spalle i trionfi e davanti la sua fine,
da Imperatore forse la sua adesione al cristianesimo era più formale
che non sostanziale, probabilmente niente più che un utile consuetudine
in cui era cresciuto. Disposto anche a sacrificarla pur di raggiungere i
suoi obiettivi. Ma queste conversazioni dall’esilio ci mostrano una
consapevolezza che stupisce, una capacità di riflettere sulla fede che
farebbe comodo a molti catechisti di oggi, forse anche a qualche pastore
che sul pulpito appare un po’ insipido.
“Qui [a Sant'Elena NdA] voglio un prete, voglio seguire la Messa e professare la mia fede!”,
dice Napoleone al generale de Montholon. Una conversione? Paura della
morte? A leggere queste conversazioni sembra piuttosto di assistere ad
una forma di pentimento, visto che l’Imperatore “materialista e
saccheggiatore di chiese” dimostra di avere profonda consapevolezza del
suo credo. Così profonda che c’è da andare a lezione di catechismo da
Napoleone. Chi l’avrebbe mai detto?
Oggi che alle prove razionali dell’esistenza di Dio non crede quasi più nessuno,
a volte nemmeno nei seminari, il Bonaparte oppone una netta
convinzione: “Si vede l’effetto e da questo si risale alla causa e si
crede che questa causa esista”. Anche sulle legge morale naturale, oggi
profondamente attaccata, Napoleone mostra di avere un’idea precisa: “c’è
una verità originaria che risale alla preistoria dell’uomo, e questa è
la legge naturale che troviamo presso tutti gli uomini, legge che è
stata scritta da Dio stesso nei nostri cuori. Dalla legge naturale
derivano: il dovere, la giustizia, l’esistenza di Dio, la nozione che
l’uomo è costituito di anima e di corpo.”
Insospettabile la sua difesa della Chiesa perchè
– dice – “chi sostiene di non riconoscere alcun dogma, né alcuna
dottrina può smentire o rifiutare domani ciò in cui dice di credere
oggi. (…) L’individuo lasciato a sé stesso, si abbandona allo
scetticismo.” L’Imperatore a Sant’Elena riconosce l’importanza
dell’autorità per confermare nella fede, senza la Chiesa cattolica,
apostolica e romana non c’è che confusione. “I popoli passano, i troni
crollano, ma la Chiesa resta. Allora – si chiede Bonaparte – qual’è la
forza che tiene in piedi questa Chiesa assalita dall’oceano furioso
della collera e del disprezzo del mondo? Come potrebbe una fede
resistere sullo stelo fragile dell’errore?”
La risposta a queste domande è contenuta in un lungo discorso che verte sulla divinità di Gesù Cristo,
quella divinità che lo porta ad affermare: “Sono cattolico romano e
credo ciò che crede la Chiesa”. Parola di Napoleone Bonaparte, il quale
dà una definizione del credo cattolico che sarà meglio appuntarsi perchè
non si sente troppo spesso, specialmente oggi che, proprio dopo la
rivoluzione francese e tutte le sue variazioni sul tema, viviamo
un’epoca dove la fede è diluita nel fai da te.
“Il cattolicesimo non è la
religione del tale o del tal altro, ma la verità del dogma che risale ai
concili, ai papi, fino a Gesù Cristo stesso; ha le
caratteristiche di un fatto storico e di uno divino; si pone al di sopra
delle passioni e dei vizi; è un sole che illumina misteriosamente e
maestosamente la nostra anima; è infinitamente superiore al nostro
spirito, e al contempo appropriato alle persone semplici; la sua virtù
agisce nell’intimo dei cuori, come la linfa all’interno degli alberi.” (La Voce di Romagna, 3/11/2013)
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