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martedì 4 febbraio 2014

Lezioni di catechismo, un Napoleone inusuale

Lezioni di catechismo, un Napoleone inusuale

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Napoleone? Chi sono io per giudicarlo? E’ uscito, per le Edizioni Studio Domenicano, un interessante libro che raccoglie passi significativi delle “Conversazioni sul cristianesimo” che il Bonaparte ebbe nel suo esilio di Sant’Elena. Quello che vien fuori è un Napoleone apologeta cristiano, anzi cattolico. A condire il tutto la prefazione del Card. Giacomo Biffi che, dicono i ben informati, dopo questa “scoperta” desidera essere chiamato “Sua Altezza Imperiale”.
Il cardinale emerito di Bologna, a cui di certo non manca il gusto dell’ironia, scrive che si è trovato “singolarmente consonante” con alcune affermazioni di quello che molti considerano il capo degli anticlericali di ieri e di oggi; in particolare si è ritrovato quando l’Imperatore confida ai suoi compagni di esilio che “tra il cristianesimo e qualsivoglia altra religione c’è la distanza dell’infinito”. In questo modo – scrive Biffi – ha colto “la sostanziale alterità tra l’evento cristiano e le dottrine religiose.”
Certo, siamo a Sant’Elena, e Napoleone ormai aveva dietro le spalle i trionfi e davanti la sua fine, da Imperatore forse la sua adesione al cristianesimo era più formale che non sostanziale, probabilmente niente più che un utile consuetudine in cui era cresciuto. Disposto anche a sacrificarla pur di raggiungere i suoi obiettivi. Ma queste conversazioni dall’esilio ci mostrano una consapevolezza che stupisce, una capacità di riflettere sulla fede che farebbe comodo a molti catechisti di oggi, forse anche a qualche pastore che sul pulpito appare un po’ insipido.
“Qui [a Sant'Elena NdA] voglio un prete, voglio seguire la Messa e professare la mia fede!”, dice Napoleone al generale de Montholon. Una conversione? Paura della morte? A leggere queste conversazioni sembra piuttosto di assistere ad una forma di pentimento, visto che l’Imperatore “materialista e saccheggiatore di chiese” dimostra di avere profonda consapevolezza del suo credo. Così profonda che c’è da andare a lezione di catechismo da Napoleone. Chi l’avrebbe mai detto?
Oggi che alle prove razionali dell’esistenza di Dio non crede quasi più nessuno, a volte nemmeno nei seminari, il Bonaparte oppone una netta convinzione: “Si vede l’effetto e da questo si risale alla causa e si crede che questa causa esista”. Anche sulle legge morale naturale, oggi profondamente attaccata, Napoleone mostra di avere un’idea precisa: c’è una verità originaria che risale alla preistoria dell’uomo, e questa è la legge naturale che troviamo presso tutti gli uomini, legge che è stata scritta da Dio stesso nei nostri cuori. Dalla legge naturale derivano: il dovere, la giustizia, l’esistenza di Dio, la nozione che l’uomo è costituito di anima e di corpo.”
Insospettabile la sua difesa della Chiesa perchè – dice – “chi sostiene di non riconoscere alcun dogma, né alcuna dottrina può smentire o rifiutare domani ciò in cui dice di credere oggi. (…) L’individuo lasciato a sé stesso, si abbandona allo scetticismo.” L’Imperatore a Sant’Elena riconosce l’importanza dell’autorità per confermare nella fede, senza la Chiesa cattolica, apostolica e romana non c’è che confusione. “I popoli passano, i troni crollano, ma la Chiesa resta. Allora – si chiede Bonaparte – qual’è la forza che tiene in piedi questa Chiesa assalita dall’oceano furioso della collera e del disprezzo del mondo? Come potrebbe una fede resistere sullo stelo fragile dell’errore?”
La risposta a queste domande è contenuta in un lungo discorso che verte sulla divinità di Gesù Cristo, quella divinità che lo porta ad affermare: “Sono cattolico romano e credo ciò che crede la Chiesa”. Parola di Napoleone Bonaparte, il quale dà una definizione del credo cattolico che sarà meglio appuntarsi perchè non si sente troppo spesso, specialmente oggi che, proprio dopo la rivoluzione francese e tutte le sue variazioni sul tema, viviamo un’epoca dove la fede è diluita nel fai da te.
Il cattolicesimo non è la religione del tale o del tal altro, ma la verità del dogma che risale ai concili, ai papi, fino a Gesù Cristo stesso; ha le caratteristiche di un fatto storico e di uno divino; si pone al di sopra delle passioni e dei vizi; è un sole che illumina misteriosamente e maestosamente la nostra anima; è infinitamente superiore al nostro spirito, e al contempo appropriato alle persone semplici; la sua virtù agisce nell’intimo dei cuori, come la linfa all’interno degli alberi.” (La Voce di Romagna, 3/11/2013)

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