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sabato 1 settembre 2012

L'atto di fede: premessa

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(Estratto da: Giacomo Biffi, L'Atto di fede, ElleDiCi) •  Indice • 

Capita spesso di ascoltare nei discorsi abituali - sia dei credenti sia (e forse più spesso) dei non credenti - che si parli di «fede». A questo proposito, alcuni luoghi comuni più frequenti meritano di essere richiamati, come premessa alla nostra riflessione.

Una condizione fortuita?
L’opinione mondana più diffusa pur quando non è ostile pro­grammaticamente alla concezione cristiana pensa all’ atto di fede come a qualcosa di facoltativo, anzi di fortuito e di occasionale. Si dice: «lo non h o lafede» press’a poco come si dice: «lo non ho gli occhi azzurri» o «lo sono basso di statura».
Anche quando sembra di avvertire una specie di nostalgia o di rim­pianto, perché il credere è ritenuto un valore e una fortuna, l’atteggiamento mentale non cambia di molto: «Purtroppo io non ho la fede», è detto con lo stesso spirito con cui si può dire: «Purtroppo sono stonato», o: «Purtroppo non riesco in matematica»; quasi supponendo cioè che 1’assenza della fede sia qualcosa che non dipenda da noi.
Ma la fede citata in questi termini non è certo quella di cui ci ha parlato Gesù e di cui tratta la dottrina cattolica. Basterebbe ricordare la finale del vangelo di Marco: «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Me 16,16). Dove è chiaro che per Cristo l’atto di fede è tutt’ altro che qualcosa di facoltativo: determina la nostra «salvezza definitiva»; ed è tutt’altro che fortuito e occasionale: dipende dalla decisione responsabile dell’uomo, il quale per il mancato raggiungimento della fede può essere accusato e condannato.

Un’alternativa alla ragione?
Anche più spesso si sente esprimere il convincimento che la fede sia un’alternativa alla ragione: chi ragiona (si ritiene) non ha bisogno di credere, e chi crede esce dall’ambito della razionalità. Anche in questo caso il vocabolo «fede» non ha niente in comune con la fede quale è pensata entro la concezione cristiana. Nella prospettiva dei discepoli del Signore Gesù degni di questo nome la fede è addirittura l’esercizio estremo e più alto della ragione. Sicché per noi l’alternati­va al credere non è il ragionare: è piuttosto il rassegnarsi all’irraziona­lità e all’assurdo.
Si può ravvisare di ciò una piccola controprova storico-sociologica nel fatto che in un’umanità dove la fede si è illanguidita, non è che non si creda più a niente; si finisce piuttosto col credere un po’ a tutto, anche alle proposte razionalmente meno fondate: si crede agli oroscopi, alla cartomanzia, alle previsioni degli indovini, agli imbonitori di nuovi culti senza saggezza, agli extraterrestri, alla pubblicità più improbabile; e purtroppo si arriva anche ad affidarsi alle ideologie più disu­mane e aberranti (come hanno dimostrato le multiformi tragedie ideo­logiche del secolo ventesimo).

Un «mistero»da non approfondire?
Ma anche i credenti non hanno di solito le idee molto chiare circa la loro fede. Si accontentano di accoglierla rispettosamente, ma senza indagare troppo sulla sua natura, la sua origine entro la vita dello spirito, le sue prerogative, i problemi che essa suscita. Ma in tal modo ci si espone al rischio di approdare, a proposito del credere, su posizioni errate o almeno ambigue e imprecise.
Senza dire che l’omaggio più adeguato e più pertinente - oltre che più conforme alla nostra indole di incontentabili indagatori della realtà - che possiamo prestare alle verità che il Signore ci ha rivelato (tra le quali c’è la necessità del credere) sta proprio nel cercare di comprenderle per quel che ci riesce (ben sapendo che l’intelligibilità piena della Rivelazione divina potrà essere raggiunta soltanto nel Regno dei cieli).
Questo è il senso e la finalità dell’indagine che qui vogliamo proporre, su un tema che è tra i più rilevanti e i più ardui della dottrina cattolica.
Rifletteremo successivamente:
- sull’atto di fede come atto intrinsecamente «integrale»;
- sulla funzione della ragione nell’atto di fede;
- sull’atto di fede in se stesso e nell’itinerario alla fede entro la vita interiore dell’uomo.

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