Temete Dio e null’altro
Sono intelligibili l’uomo e il suo
destino? Rispondere col sì o col no sarebbe un modo per mancare di
pertinenza, ma riflettere insieme qui sulla natura umana alla luce di
quanto oggi sappiamo potrebbe costituire un metodo conforme alle leggi
dello spirito. Perché è lo spirito che dà la vita, non c’è materia
vivente, la materia non può vivere, non può riprodursi. Se non mi
credete, provate un po’ ad andare alla mostra del marmo di Carrara.
Guardando gli artisti che stanno scolpendo, chiedetevi un attimo: la
statua era già presente nel blocco di marmo? In un certo senso sì, dato
che per ottenerla basta togliere il marmo superfluo. In realtà, se
considerate che l’artista sta riproducendo nel marmo ciò che è stato
plasmato e poi riprodotto col gesso, sarà evidente che questi non sta
riproducendo la materia, ma l’impronta che il genio dello scultore aveva
impresso nella terra, nel gesso.
Ecco, quest’informazione è quello che noi
in biologia chiamiamo la forma. Quest’informazione è veramente quanto
anima la materia e l’oggetto della genetica, è appunto il cogliere dal
vivo ciò che anima la materia grezza e descrivere l’informazione che
produce e controlla miriadi di molecole capaci di incanalare questo
formicolio dell’energia per conformarla alle nostre necessità.
Nella vita c’è un messaggio e, se questo messaggio è umano, questa è
una vita di un uomo. La materia animata dalla natura umana si organizza,
costruisce allora un corpo nel quale uno spirito s’incarna. I doni
dello Spirito, come sapete bene, sono sette e la loro elencazione ci
consente di fare una cernita nell’insieme delle conoscenze per arrivare
poi a definire la vita. Il primo dono dello spirito è la saggezza.
Sembrerebbe l’ultimo dono, quello che riassume tutto e gli altri. Gli
antichi sono stati molto saggi ad elencarlo per primo, perché è la
saggezza che consente tutto. La saggezza consiste nel precisare perché
uso e a quale uso sono destinati i mezzi di cui oggi disponiamo. Un
esempio storico vi aiuterà a capire meglio quanto voglio dire. In
Francia si è parlato moltissimo del bicentenario della Dichiarazione dei
Diritti dell’Uomo. Ventun anni dopo la proclamazione solenne di questi
diritti, un filosofo fece una proposta di legge per chiedere che “fosse
finalmente proibito di asfissiare o comunque far morire dissanguati i
malati di rabbia”. Questa proposta di legge non fu nemmeno discussa. Fu
rimandata allo studio di una commissione e poi tutto fini in un cassetto
e non se ne parlò più. Dodici anni dopo nacque un bambino di nome Louis
Pasteur. La sua vita fu proprio la dimostrazione che a liberare
l’umanità dalla rabbia e dalla peste non furono quelli che asfissiavano i
malati di rabbia tra due materassi o che bruciavano gli appestati nelle
proprie case, bensì quelli che hanno attaccato la malattia e rispettato
il paziente. Accanto ai mezzi di diagnosi e di trattamento, si può
definire la medicina in modo alquanto semplice: odio per la malattia e
amore per il paziente. Se si volesse eliminare il paziente per sradicare
il male, sarebbe veramente l’aborto della medicina; ma difendere ogni
paziente, prendersi cura d’ogni uomo senza chiedergli nome, razza,
religione, implica che ciascuno di noi debba essere considerato “unico” e
quindi insostituibile.
E per questo è necessaria un’intelligenza dell’essere che appunto la
genetica d’oggi ci fornisce. L’intelligenza è il secondo dono dello
spirito. C’insegna che il numero delle possibili combinazioni tra i vari
alleli (geni) che padre e madre ci trasmettono metà ciascuno, supera
talmente il numero degli uomini viventi o che sono vissuti sulla terra,
che ognuno di noi è dotato e dispone di una composizione assolutamente
originale che non si era mai prodotta prima e che non si riprodurrà mai
più. Abbiamo questa certezza statistica da cinquant’anni, però oggi
possiamo addirittura vederla con il metodo di Jeffreys. Il codice a
barre genetiche, tipico di ognuno di noi ed assolutamente personale, è
fatto di strisce; guardando con cura queste strisce si vede che la loro
sequenza è assolutamente caratteristica d’ogni essere umano, anzi si può
vedere anche che la metà di esse erano presenti nella madre mentre
l’altra metà era presente nel padre. Guardando questa carta d’identità
genetica, si vede non soltanto che ogni essere umano è unico, ma che è
nato da un padre e da una madre che a loro volta erano unici. Vediamo
sotto i nostri occhi l’originalità d’ogni uomo e allo stesso tempo la
sua filiazione biologica. Tra qualche anno questi codici a barre
potranno essere letti da macchine come quelle del supermercato, con
l’unica differenza che la macchina non potrà mai dare il prezzo della
vita umana.
Il terzo dono dello spirito è la prudenza. La prudenza è d’obbligo
non appena un’azione biologica viene applicata ad un essere umano,
direttamente o indirettamente. Quattrocento anni prima della nascita del
Signore, il saggio di Coo fece giurare ai propri discepoli:
“trascorrerò la mia vita, eserciterò la mia arte nell’innocenza e nella
purezza, non darò veleno qualsiasi sia la persona che me lo chieda e non
darò prodotti abortivi a una donna”. Quattrocento anni prima dell’era
cristiana, la saggezza e l’intelligenza avevano già dettato prudenza
all’uomo che ha inventato la medicina. E tutti i medici del mondo hanno
rispettato il giuramento d’Ippocrate, seguiti in questo da tutte le
autorità morali, politiche del mondo civilizzato fino a tempi molto
recenti; d’altra parte il Vaticano non ha fatto altro che riprendere un
insegnamento assolutamente generico nel ricordare che aborto e
infanticidio sono crimini abominevoli. Però nazioni che sono state una
volta civilizzate, come la Francia e l’Italia, hanno rinunciato con un
voto alla protezione dei propri bambini. Va osservato che oggi si
percepiscono nel bambino ancora nel grembo materno, condizioni più o
meno favorevoli, di conseguenza alcuni hanno proposto di poter eliminare
il feto a qualsiasi stadio della gravidanza (e questo purtroppo è
autorizzato da certe leggi tra cui quella francese). Dato che i mezzi di
diagnosi del bambino ancora in utero diventano ogni giorno più
sofisticati, non solo possiamo vedere anomalie già evidenti, già in
essere, malformazioni o problemi chimici, ma possiamo persino vedere le
predisposizioni, cioè tendenze a malattie che si manifesteranno molto
tardi nella vita. Per esempio si può già intravedere nel feto il gene
della corea di Huntington, una malattia che apporterà la demenza verso i
quarant’anni, oppure il morbo d’Alzheimer, che porterà la
demenza senile tra i 50 o i 60 anni. Dovremmo forse eliminare i soggetti
riconosciuti portatori di queste malattie? La risposta è sicuramente
negativa. Certo, queste malattie costano care in termini di sofferenza
per i pazienti e le loro famiglie, in termini di carico sociale per la
comunità che a volte deve sostituire la famiglia perché il fardello può
diventare insostenibile. Ma questo costo in termini di denaro e di
sacrificio è esattamente il prezzo che deve pagare una società se vuole
rimanere pienamente umana.
Non voglio evocare qui le deportazioni dei selezionatori nazisti o il cosiddetto “Gnadentodt“,
cioè la grazia della morte per coloro che non sono degni di vivere.
Citerò invece un esempio più vecchio. Gli spartani non avevano ancora
certo inventato la diagnosi prenatale, però avevano deciso di esporre
sul monte Taigete i neonati che apparivano loro incapaci di diventare
nel futuro dei bravi soldati o di generare altri futuri soldati per il
bene di Sparta. E questo è l’unico popolo della Grecia antica che
sistematicamente abbia praticato questo spietato eugenismo. Di tutte le
città della Grecia, Sparta è anche l’unica a non aver lasciato
all’umanità né uno scienziato, né un artista e nemmeno una rovina.
Perché quest’eccezione tra i greci, così dotati all’epoca? Forse gli
spartani, senza saperlo, esponendo i loro neonati mal nati o troppo
fragili, hanno ucciso i loro musici, i loro poeti, i loro filosofi?
Forse con una specie di selezione alla rovescia sono progressivamente
diventati stupidi? Un tale meccanismo è pensabile, anche se non con
certezza. o forse, all’opposto, la loro saggezza e la loro intelligenza
erano già talmente insufficienti, inferiori, che commisero l’imprudenza
di uccidere i propri figli? La genetica non è in grado di scegliere tra
queste due ipotesi, tanto più che forse queste potrebbero essere vere
simultaneamente.
Il quarto dono è la forza e cioè la resistenza al crollo dei tre doni
precedenti. Un recente esempio ce lo farà capire meglio. Qualche anno
fa dei manipolatori, soprattutto inglesi, pretendevano studiare su
embrioni umani di meno di 14 giorni la debilita mentale, l’emofilia, la
miopatia o la mucoviscidosi. Ho avuto l’onore di testimoniare davanti al
Parlamento britannico e ho fatto notare molto semplicemente che su un
embrione di 14 giorni non si può studiare la malformazione di un
cervello che non si è ancora formato, non si può studiare un’anomalia di
muscoli che non sono nemmeno differenziati e nemmeno un’anomalia dei
sangue che ancora non circola; per non parlare del pancreas che apparirà
più tardi. Il mio intervento non fu molto ben accolto. Il settimanale
scientifico Nature titolò: “Influenza francese in Gran Bretagna, una cosa veramente shocking“. E Nature addirittura
propose un abbonamento gratuito di un anno a qualsiasi persona che
avesse spedito un protocollo di sperimentazione che dimostrasse la
stupidità del mio ragionamento. Bene, sono passati tre anni e non è
stato pubblicato nessun protocollo e, per quanto ne sappia io, nessuno
riceve gratis quest’ottimo e interessante settimanale inglese. D’altra
parte non era proprio necessario mettere in pericolo esseri umani,
perché in questi ultimi tre anni, invece, è stato scoperto il gene della
mucoviscidosi e si è clonato il gene della miopatia. Per quanto
riguarda l’emofilia, siamo riusciti a ottenere un prodotto che evita la
trasmissione dell’AIDS e qualche passo avanti è stato fatto anche nella
comprensione delle malattie mentali. Queste conquiste della medicina
sono state fatte senza mettere in pericolo o mettere in gioco un solo
embrione umano.
Però le proposte di legge per utilizzare gli embrioni a scopo di
ricerca aumentano; perché quest’appetito di carne fresca? Per un motivo
che io oso appena dire, tanto il suo realismo è inconfessabile: un
embrione di scimpanzé è molto caro mentre la vita umana non ha prezzo,
ha perso qualsiasi valore da quando nazioni, un tempo civili, hanno
rinunciato a ciò che per duemila anni e più tutti i medici del mondo
avevano giurato. Questa stessa forza dello spirito è venuta a mancare
completamente al Parlamento britannico che il 23 aprile 1990 ha
approvato una legge secondo la quale i giovanissimi inglesi di meno di
14 giorni possono essere considerati materiale sperimentale,
autorizzandone perfino la vivisezione ed è la prima volta che si
autorizza a manipolare giovani esseri umani di meno di 14 giorni. Non
era mai successo nella storia dell’umanità, e i vostri mass-media come
quelli francesi d’altra parte, non hanno nemmeno dato
quest’informazione: ciò che vogliono è che i latini non siano scioccati
da questa cosa orribile. Quando ne sentiremo parlare fra due o tre anni,
diremo: ma è legge in Inghilterra da due o tre anni ormai! e così le
reazioni saranno anestetizzate.
E venuta l’ora che tutti i paesi ancora un po’ civili dichiarino che
l’embrione umano è indisponibile, che non è lecito sfruttarlo, che non è
uno schiavo o uno stock di pezzi di ricambio.
La scienza è il quinto dono dello spirito. A questo proposito
consentitemi di evocare un aneddoto personale. Circa un anno fa, sono
stato chiamato a testimoniare in un processo relativo ad un divorzio in
una piccolissima cittadina del Tennessee. Una donna aveva generato, con
l’accordo del marito, sette embrioni tramite la fecondazione in vitro ed
i sette embrioni erano congelati. Mentre il marito voleva che
rimanessero in frigorifero e morissero di freddo, la madre proponeva di
salvare i bambini o, se la giustizia le avesse rifiutato il diritto di
allevarli, avrebbe preferito che venissero dati a un’altra donna
piuttosto che saperli congelati per sempre. Allora ho detto: “d’accordo,
vengo; perché il processo è già andato in giudicato tremila anni fa,
secondo quel giudizio di Salomone che è sempre stato considerato come il
metro della giustizia”. C’è una riflessione molto moderna che si può
fare a questo proposito. Quando si va a congelare un embrione, non è la
vita che viene congelata, è il tempo che viene fermato. Infatti se
avessimo fermato la vita questa non potrebbe riprendere, ricominciare,
ma se abbiamo semplicemente fermato il tempo, abbassando la temperatura,
allora sì che la vita può riprendere, non appena il calore è tornato e
il tempo ritrovato. Quando sono chiusi a migliaia in una bottiglia
refrigerata con azoto liquido, senza nessuna libertà, i giovani esseri
umani sono, per cosi dire, internati in un “concentration can”
come io l’ho chiamato davanti al giudice americano, cioè un recinto
concentrazionario. In Francia le mie parole furono tradotte “campo di
concentramento”, ma è un doppio errore. “Can” vuol dire bottiglia,
scatola; inoltre il campo di concentramento è un sistema per accelerare
terribilmente la morte, mentre il “concentration can” è invece un modo per rallentare terribilmente la vita.
Il sesto dono dello Spirito viene chiamato pietà filiale. Sappiamo
che il messaggio genetico viene sottolineato oppure sbarrato nelle
cellule riproduttrici esattamente come uno studente intelligente
sottolinea i passi che deve sapere subito, mentre sbarra quelli che
utilizzerà dopo o più avanti, se mai gli serviranno. Ma la sorpresa, che
risale a due anni fa, è questa: nelle cellule riproduttrici l’uomo
sottolinea certi passi, la donna sottolinea altri passi; alla fine dei
conti l’uomo segna in anticipo ciò che servirà a fabbricare le
cosiddette membrane e la placenta, la donna invece sottolinea ciò che
servirà a fabbricare i vari pezzi per costruire il bambino. Se un uovo
fecondato contiene un numero normale di cromosomi, tutti segnati dal
maschio, non abbiamo a che fare con un essere umano, ma con delle specie
di vesciche, pseudosacche amniotiche che chiamiamo mola idatiforme e che possono anche degenerare in un cancro, il cosiddetto corio-epitelioma.
Nello stesso modo, un uovo fecondato che contiene soltanto
l’informazione sottolineata al modo femminile, non è un essere umano.
Fabbrica peli, denti, ossa, pelle, il tutto in un completo disordine. Queste
cose, sconosciute fino a due anni fa, c’insegnano che nell’uovo
fecondato l’uomo ha trasmesso come costruire il focolare, come ricercare
il cibo, mentre la donna ha, trasmesso il modo di costruire l’essere
umano. E per lo scienziato costituisce un ammirazione infinita il
ritrovare in quella minuscola sfera di un millimetro e mezzo di
diametro, che è l’uovo fecondato, la stessa separazione dei compiti che
ritroviamo poi nell’adulto. Ciò ha conseguenze veramente sconvolgenti e
rassicuranti allo stesso tempo. Ci vogliono un uomo e una donna per
generare uno spirito; la riproduzione monoparentale o unisex è
impossibile nella nostra specie. E con questo sono finite le
pretese di procreare tra “donne”, chiuso l’incubo gay di concepimento
prettamente mascolino, svalutata la speculazione del miliardario che
desiderava un clone realizzato a sua immagine e somiglianza per
trasmettere nel contempo il suo patrimonio genetico e i suoi interessi
finanziari. La prima cellula che non avesse un padre e una madre non
potrebbe vivere a lungo, l’essere non sarebbe nemmeno concepito. Allora
per il genetista il comandamento divino “onora tuo padre e tua madre per
vivere a lungo” è veramente divino, perché anche la natura gli
obbedisce.
E qui comincia il timore, il settimo dono dello spirito. Non il
timore di abbandonare ogni speranza, come davanti all’inferno dantesco,
ma quello della nostra potenza che aumenta ogni giorno, ma non
altrettanto la nostra saggezza. Cominciamo a leggere, a decifrare e a
capire l’enorme messaggio genetico dell’uomo; ciò che sta in un uovo
fecondato, stampato lettera dopo lettera, rappresenterebbe sei volte
l’enciclopedia universale. Nessun uomo potrà leggerlo per intero, però
potremmo inventare delle macchine che potrebbero leggerne i passi che
c’interessano. Sappiamo già come si potrebbe produrre questo robot,
questa macchina. Si potrà così riparare un gene difettoso o sostituirlo
con uno sano, oppure raffazzonare un passaggio malscritto.
L’utilizzazione medicale di questa scienza e di questa tecnologia non
solleva nessun problema morale nuovo finché si opera con cautela e
nell’interesse personale del soggetto. Ma la nostra generazione non è
proprietaria del patrimonio dell’umanità, ne siamo soltanto i
depositari. Ci vorranno delle leggi che dicano chiaramente che non si ha
il diritto di approfittare, prendere, sfruttare, fare del bricolage col
patrimonio ereditario dell’umanità. Saranno nominati comitati etici che
in realtà sono fatti apposta per cambiare la morale. E ai cattolici
verrà chiesto di non imporre la propria morale agli altri. Ebbene, ogni
volta che verrà detto o rinfacciato questo, ricordatevi che è falso, che
è una propaganda antidemocratica. In una democrazia moderna, che non fa
nessun riferimento a una morale superiore, ma nella quale la morale
pubblica viene definita dalle leggi, per ogni cittadino cercare di far
passare nelle leggi del proprio paese ciò che egli considera come “la
morale”, non è soltanto un diritto, ma è un dovere democratico. Il
settimo dono dello spirito si riassume in un’unica formula, in una frase
latina, e cercate di ricordarvene sempre, cercate di metterla in
pratica, perché è la vera libertà: “Timete Dominum et nihil aliud“; temete Dio e null’altro.
da un intervento di Jérôme Lejeune, Docente di genetica dell’Università di Parigi del 28 agosto 1990GRAZIE A
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