Barack Obama
e i "valori irrinunciabili" della Chiesa
Una riflessione sull'esito delle elezioni presidenziali negli USA
di padre Piero Gheddo, del Pime
ROMA, giovedì, 8 novembre 2012 (ZENIT.org).– Si accusano come "di destra" i valori del matrimonio, della nascita, della morte naturale. Per la Chiesa questi sono “valori irrinunciabili” per lo sviluppo dei popoli. Aborto, sterilizzazione, controllo delle nascite, eutanasia, matrimoni gay hanno conseguenze nefaste per la soluzione dei problemi sociali.
Nelle elezioni americane del 6 novembre 2012, com'è noto, ha vinto
Barack Obama e tutti auguriamo al Presidente USA di poter adempire il
suo secondo mandato facendo scelte ispirate alla pace e allo sviluppo
solidale del suo paese e dell'intera umanità.
AsiaNews riporta la notizia con il titolo: "La vittoria di Obama
preoccupa i mercati, ma potenzia il matrimonio gay". E spiega che Obama è
il primo Presidente a sostenere il matrimonio fra le coppie gay
(cambiando la posizione che aveva nel 2008): "Nel Maine e nel Maryland
si è andati alle elezioni per approvare (nel referendum) il matrimonio
fra persone dello stesso sesso. Finora i matrimoni gay erano
riconosciuti in Massachusetts, Iowa, New York, Connecticut, New
Hampshire, Vermont e District of Columbia, ma come decisione della Corte
suprema. La vittoria alle urne mostra un profondo cambiamento nella
mentalità della popolazione Usa. Secondo alcuni exit poll, i tre quarti
di coloro che volevano il voto sul matrimonio gay sono sostenitori di
Barack Obama".
Mi chiedo: perché, in genere, nei paesi dell'Occidente cristiano, i
partiti e le coalizioni di sinistra sono favorevoli a molte soluzioni in
campo sessuale e familiare, che la Chiesa cattolica condanna? Di per
sé, quando la Chiesa, il Papa e i vescovi, parlano dei problemi che
riguardano la visione cristiana della vita e del matrimonio, sono
totalmente al di fuori delle dispute politiche fra destra e sinistra. Ma
perché i partiti e le coalizioni di sinistra approvano quello che la
Chiesa condanna in questo campo?
L'enciclica Caritas in Veritate (CV) di Benedetto XVI (2009)
congiunge il diritto alla vita allo sviluppo di ogni popolo e
dell'umanità (n. 28). La "questione antropologica", su cui tanto
insistono la Santa Sede e la Conferenza episcopale italiana, diventa a
pieno titolo "questione sociale" (nn. 28, 44, 75). Nella CV i temi di
bioetica sono letti in relazione allo sviluppo dei popoli. Il controllo
delle nascite, l'aborto, le sterilizzazioni, l'eutanasia, le
manipolazioni dell'identità umana e la selezione eugenetica sono
severamente condannati (sono "valori irrinunciabili" n.d.r.) non solo
per la loro intrinseca immoralità, ma soprattutto per la loro capacità
di lacerare e degradare il tessuto sociale, corrodere la famiglia e
rendere difficile l'accoglienza dei più deboli e innocenti: "Nei paesi
economicamente sviluppati - scrive Benedetto XVI (CV 28) - le
legislazioni contrarie alla vita sono molto diffuse e hanno ormai
condizionato il costume e la prassi... L'apertura alla vita è al centro
del vero sviluppo...". L'enciclica spiega che per lo sviluppo
dell'economia e della società occorre impostare programmi di sviluppo
non di tipo utilitaristico, ma che tengano "sistematicamente conto della
dignità della donna, della procreazione, della famiglia e dei diritti
del concepito".
Spesso l'insistenza del Papa e dei vescovi, dalla Humanae Vitae
di Paolo VI (1968) ad oggi, non è compresa nemmeno dai cattolici, una
parte dei quali pensano che la difesa della vita e della famiglia passa
in secondo piano di fronte alle drammatiche urgenze della fame, della
miseria disumana, delle ingiustizie a livello mondiale e nazionale. Non
capiscono il valore profetico di quanto dicono il Papa e i vescovi, che
vedono nella cultura che rifiuta la vita la rottura sostanziale fra
l'uomo e la Legge di Dio, con conseguenze nefaste anche per la soluzione
dei problemi sociali.
Quando nelle legislazioni nazionali, come anche negli organismi
dell'Onu e della Comunità Europea, prevale l'egoismo dell'uomo, com'è
possibile pensare che poi, nell'accoglienza del più povero e del
diverso, quest'uomo diventi altruista e animato dalla carità cristiana?
Tra opere sociali e difesa della vita non esiste alcuna contraddizione,
ma anzi c'è un'integrazione vicendevole, si richiamano a vicenda, l'una
non sta senza l'altra. La protesta per la fame nel mondo e per l'aborto
hanno eguale significato e valore. Ma in Italia i No Global (la
maggioranza dei quali cattolici) hanno fatto molte proteste contro la
fame, nessuna contro gli aborti, nessuna contro le coppie di fatto, i
divorzi, le separazioni, i matrimoni tra gay! Accettiamo tranquillamente
che in queste situazioni vinca l'egoismo umano e poi chiediamo che
nella lotta contro la fame nel mondo prevalga l'altruismo. Dov'è la
logica?
Se nei nostri Paesi occidentali e cristiani si sfascia la famiglia,
si dissolve anche la società, come purtroppo stiamo sperimentando. Non
si capisce come mai una verità così evidente è snobbata da chi appoggia
altri tipi di famiglia (tra i gay ad esempio) e toglie ai coniugi lo
stimolo di un patto d'amore da consacrare di fronte alla società col
matrimonio, favorendo le coppie che si uniscono e si separano
liberamente, il divorzio, le separazioni, come il "divorzio rapido"
approvato dalla Spagna di Zapatero, che si realizza in 15 giorni.
Gli indici dell'Istat di qualche anno fa (2007) dicevano che le
coppie sposate (religiosamente o civilmente) producono in media più
figli di quelle conviventi, perché è provato che il matrimonio dà
stabilità alla coppia e maggior sicurezza alla donna per fare un figlio.
Ora, sappiamo che il popolo italiano è sotto lo zero demografico, cioè
diminuisce di numero. Però come cittadini italiani aumentiamo perché i
"terzomondiali" fanno molti figli. Come facciamo ad aiutare i popoli
poveri, se non aiutiamo nemmeno noi stessi?
Nessun commento:
Posta un commento