Don Didimo: salvarne dieci per salvarli tutti
C'è un evento all'inizio del sacerdozio di don Didimo che lo conferma nel suo compito e nella sua missione. Il prete si è gravemente ammalato e un'anziana signora offre la sua vita per la guarigione del prete. La donna glielo rivelerà in punto di morte dicendogli anche: «Il Signore mi ha detto di dirLe che l'ha destinata a compiere il suo apostolato tra la gioventù. Attenda ai giovani» e ancora: «Se disporrà di altro tempo assista ammalati e poveri vecchi come me. Questo è quanto il Signore vuole da lei». Come è facile capire, l'episodio della nonnina diventa un incontro determinante per il prete di Bassano che «col passare degli anni si rende conto sempre di più che da solo non riuscirà mai a realizzare il suo grande sogno di salvare tutti i giovani della parrocchia» (Ludmila Grygiel).
Un giorno mentre prega di fronte a Gesù, proprio come don Camillo di Guareschi, ripete «a uno a uno i nomi tanto cari al suo cuore, esponendo di ognuno i desideri, chiedendo per sé e per loro grazie divine» (dal Diario). Il prete parla con Dio e tratta con Lui, proprio come Abramo nella Bibbia, quando, preoccupato per le sorti della città di Sodoma dove abita Lot con la sua famiglia, vuole salvarla dalla distruzione e cerca dieci giusti. Da qui nasce La dieci. Don Didimo chiede a Dio: «Perché, o Signore, se io Ti presenterò dieci giovani “giusti” per la loro santità, Tu non perdonerai ai miei figli meno buoni, Tu non benedirai tutti?» (dal Diario). Così il prete comincia a cercarli insistendo «sul fatto che non era lui, ma Dio stesso a invitare i giovani per essere accompagnato».
In pochi anni nasce La Dieci, il cui primo statuto è del 1944: preghiera e sacrificio offerti per quei giovani che erano lontani da Dio. Un'offerta che arriva fino all'offerta di tutto, al dono totale della vita per la salvezza altrui. Pochi sanno che alcuni dei primi membri della Dieci muoiono proprio nei primi anni dalla loro adesione: don Mauro Ghibaudi (19 settembre 1943), Aldo dall'Alba (19 aprile 1944), Lino Vitella (25 maggio 1944), Stelvio Vitella (12 agosto 1944), Corrado Giovanni (18 luglio 1944), Guido Revoloni (27 maggio 1945). Negli anni successivi altri offrono totalmente la loro vita. «Don Didimo, pur fra tutti i dubbi e nonostante la tristezza, si rallegra del frutto della loro morte. Così sperimenta un altro paradosso della storia della salvezza […]. Paragona la morte dei suoi ragazzi alla morte dei primi martiri. Ripete e sperimenta in prima persona il detto di Tertulliano, che il sangue dei martiri è seme di cristiani» (Ludmila Grygiel).
Negli anni successivi si vedranno i grandi frutti della preghiera e dell'offerta. Nel 1962 si concretizza il progetto pastorale del Comune dei Giovani, «un'associazione di giovani di età dai 15 ai 30 anni che propone l'educazione integrale della persona: cristiana e umana, sociale e civile. Il metodo educativo del Comune dei Giovani favorisce la responsabilità e la partecipazione attiva mediante l'animazione e l'organizzazione di attività formative, ricreative e di gestione del tempo libero. Il fine primario dell'associazione è l'incontro personale e comunitario, graduale e gioioso con Gesù Cristo nella Chiesa». Così recita il primo articolo dello statuto del Comune dei Giovani.
Nella comunione, nella condivisione, nell'amicizia autentica possono avvenire la crescita e la formazione di ciascuno nella valorizzazione delle differenze e dei talenti individuali, messe a disposizione di tutti e dell'Ideale. La proposta educativa di don Didimo è incentrata sui cardini della formazione, della preghiera e della responsabilità. Ogni particolare dell'esistenza, dalla vita quotidiana alla cultura, dalla politica allo sport, dalla scuola e dal lavoro al tempo libero, viene così vissuto alla luce dell'incontro fatto con Cristo e dell'esperienza vissuta.
In seguito, nell'ottobre del 1981, dagli ex cittadini del Comune dei Giovani nascerà la Scuola di Cultura Cattolica di Bassano del Grappa per «promuovere la crescita integrale della persona umana e […] presentare una visione organica dell'uomo, illuminata e vivificata dai valori del vangelo, con l'impegno a educare alla vera vita che è Dio in noi, rivelato da Gesù Cristo, che è la verità liberatrice». La scuola discute i temi fondamentale della vita e della cultura contemporanea alla luce del magistero della chiesa.
Dal 1983 la Scuola di Cultura Cattolica conferisce il Premio internazionale della Scuola di Cultura cattolica che ha come obiettivo quello di «indicare al pubblico delle personalità che, nel loro specifico ambito di competenza, abbiano saputo "fare della fede cultura", esponenti di tutti i campi del sapere: dalla filosofia alla teologia, dal giornalismo al cinema, dalla musica alla letteratura, dalla scultura alla scienza» (Andrea Mariotto, Presidente della Scuola di Cultura cattolica). Quest'anno è stato insignito il fisico Ugo Amaldi, «scienziato di fama internazionale, […] uomo di profonda fede» il cui amore «per la scienza, per la verità e per l'uomo appaiono sempre saldamente ancorati alla fiducia nello Spirito Santo» (dalle motivazioni dell'assegnazione al Premio ad Amaldi).
Tra gli illustri personaggi che hanno conseguito il Premio annoveriamo i filosofi Augusto del Noce e Cornelio Fabbro, il pontefice Joseph Ratzinger (allora Cardinale), i cardinali Giacomo Biffi, Carlo Caffarra, Camillo Ruini, Angelo Scola, il fondatore di Comunione e Liberazione don Luigi Giussani, i giornalisti e scrittori Vittorio Messori e Cesare Cavalleri, il teologo René Laurentin, il romanziere Eugenio Corti, l'Ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede Mary Ann Glendon.
Il 2012 è un anno particolare per la città di Bassano del Grappa. Ricorrono il trentesimo compleanno del Premio di Cultura cattolica, i cinquant'anni dalla fondazione del Comune dei Giovani, i cent'anni dalla nascita di don Didimo Mantiero. È una realtà da conoscere e incontrare quella del Comune dei Giovani e della Scuola di Cultura cattolica di Bassano del Grappa. Quest'anno l'opportunità c'è stata offerta in più circostanze.
Ad agosto il Meeting di Rimini ha ospitato la mostra intitolata «Io voglio fare di me un uno», che ha ripercorso la storia di don Didimo Mantiero, il prete fondatore, «una figura umile e appunto grande proprio nell'umiltà […], che non ha mai cercato onore e cariche, ma voleva solo servire semplicemente Dio negli uomini e gli uomini per Dio» (Cardinale Joseph Ratzinger), un uomo in cui traspariva «una umanità che dalla familiarità col Signore traeva l'esempio di una partecipazione appassionata e fedele alla vita dei giovani che incontrava» (Don Luigi Giussani). Marina Corradi vede in lui una figura che ha un po' del santo Curato d'Ars, di don Camillo e di don Giussani.
Nessun commento:
Posta un commento