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domenica 30 dicembre 2012

Te Deum, Aldo Trento:

 Per la Tua Misericordia che supera le calunnie dei nemici
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Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità./ Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro./ Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi./ (…) Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza./ Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve.
Cari amici, in questo fine anno desidero esclusivamente parlare della Misericordia di Dio, del suo più bel dono. Per questo metto come premessa alle mie parole il salmo 50. È il cantico alla carità, alla gratuità di Dio verso ognuno di noi. L’autore di questo grido lo conosciamo tutti, come conosciamo il peccato col quale macchiò la sua vita. Il re David un giorno perse la testa a causa di una bella donna e arrivò fino a favorire la morte del marito per impadronirsi di lei. Tuttavia, una volta realizzato il suo progetto dovette fare i conti con Natan, il profeta, che gli rinfacciò la sua grave responsabilità e la punizione di Dio. David riconobbe il suo peccato e il salmo 50 è il frutto di questa coscienza. Guardando la mia vita, presto avrò 66 anni, rimango sempre più commosso e colmo di pace per l’infinita pazienza con la quale il Signore mi porta per mano in ogni momento. Non mi ha mai abbandonato, neanche quando ho fatto di tutto per allontanarmi dalla Sua Presenza, seguendo ideologie o falsi infiniti. Quante volte ho tentato di fuggire da Lui ma me lo sono sempre trovato davanti! L’uomo nasce peccatore perché figlio di Adamo ed Eva. Gesù non è venuto al mondo per fare una passeggiata, ma per salvarci dal peccato, per restituirci la grazia persa. Cristo è la risposta di Dio al peccato dell’uomo.
Senza la “grazia” del peccato non avremmo potuto nemmeno pronunciare il dolce nome di Gesù. A volte dico a me stesso: sì, il paradiso terrestre sarà stato qualcosa di infinitamente meraviglioso, ma quanto più bello, benché riempia di dolore e di fatica, è poter dire: “Tu, o Cristo mio”! Cosa c’è di più grande, di più commovente del fatto del Figlio di Dio fatto carne? Lo abbiamo visto il giorno di Natale nel presepe, lo vediamo tutti i giorni nei sacramenti e in particolare nell’Eucaristia e nella Confessione. Lo vedo nella mia vita, lo vedo nei miei figli che soffrono. San Paolo afferma: «Dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia». La grazia per la quale l’uomo afferrato da Cristo è cosciente e sperimenta la bellezza di quello che afferma il cantico di Isaia: «Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome». Che gioia riconoscere che io sto da sempre nel pensiero di Dio e che, pur conoscendomi bene, conoscendo tutto quello che io avrei combinato, mi ha scelto per essere ciò che sono. Mentre oggi tutti ricorrono allo specialista per decidere se sono o non sono adatti per il regno dei cieli, Dio mi ha voluto, mi ha scelto per essere quello che gli specialisti non avrebbero ritenuto idoneo per me. Spesso dico che se dovessi entrare oggi in seminario non mi accetterebbero perché sarei un caso patologico. Invece la modalità di Dio nella sua relazione con l’uomo non ha niente a che vedere con i criteri del mondo moderno.
O Gesù! Come vorrei che fosse la Tua misericordia a guidarci tutti. Durante questo anno ho sofferto sulla mia carne e sulla carne di un amico sacerdote un po’ di quello che Tu hai sofferto davanti a Pilato e a coloro che ti accusavano. Non c’è stato giorno senza sentire il peso delle calunnie, della diffamazione. E la tentazione della ribellione è stata grande. Tuttavia, guardandoti, sostenuti da alcuni amici, abbiamo scelto il silenzio, obbedendo alle circostanze così come si presentavano. Tutte le volte che vado alla Clinica Ti vedo, Gesù, in ogni viso, e questa certezza mi dà l’energia per andare avanti, specialmente in questo momento in cui il mio amico non sta più fisicamente condividendo il cammino. Quando mi inginocchio e do un bacio a un malato di Aids, la cui vita è stata disordinata, non mi fermo davanti al fatto che sia un travestito o che l’omosessuale abbia al suo fianco il proprio compagno, bensì vedo in ognuno il Tuo viso, o Gesù! Molti si scandalizzano quando dico queste cose, tuttavia, come Tu ci hai detto nel capitolo 25 di Matteo, questa è la verità. Come è verità che anche chi ha violato uno dei miei figli ed è in carcere è il Tuo viso, o Gesù! Questa è l’unica certezza che mi permette di vivere con letizia la mia vita quotidiana, una vita completamente dedita a chi è niente o è materiale inutile per il mondo.
O Gesù, alla fine di quest’anno ti chiedo perdono per i miei peccati. Chiederti perdono significa abbracciare tutte le persone che hanno sofferto ingiustizie, hanno conosciuto il dramma della prigione. Che bella la consolazione che deriva dalla certezza che tutti possono condannarmi e giustamente (esistono il Paradiso, l’Inferno e il Purgatorio), ma tuttavia Dio non si dimentica mai dei suoi figli. Ai miei pazienti terminali che non parlano o parlano solo guaraní, chiedo se sono pentiti dei loro peccati e loro alzano il pollice a conferma e allora do loro l’assoluzione…
In fondo basta così poco per essere abbracciati dalla infinita Misericordia di Dio. Auguro a ognuno di voi di sperimentare la bellezza di questa Misericordia, confessandosi ogni settimana, perché il sacramento della penitenza è l’unico che può essere ricevuto in ogni momento. Se Dio nella mia vita ha fatto quello che ha fatto, è stato grazie al mio sì al sacramento della penitenza. La compagnia stessa, quella compagnia che ci rimanda al Destino, è impossibile senza vivere intensamente questo sacramento. «In te, Domine, speravi; non confundar in aeternum».

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