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martedì 21 dicembre 2021

UOMO

 UOMO

Le bottegucce e i venditori della festa di ieri non sono ancora partiti. Hanno passato la notte in mezzo al cortile accendendo fuochi, chiacchierando, cantando e suonando.

È una notte di luna nuova. Quando mi sono messo al posto dove faccio la mia preghiera quotidiana, mancava ancora molto tempo all'aurora: tutto attorno era buio profondo. Le stelle del cielo trasparente, senza pulviscolo, senza nebbia, brillavano come la veglia, senza preoccupazioni, degli occhi instancabili di Dio. In mezzo al cortile qualche fuoco mandava la sua luce. La gente della festa ormai passata alimentava il fuoco con foglie secche.

Gli altri giorni, in questi momenti prima dell'aurora, c'erano tanta pace e tanto silenzio. Quando tutti gli uccelli del bosco si risvegliano, il loro canto non disturba questa quiete, né il fruscio delle foglie dalla foresta mosse dal vento turbano questa pace.

Invece, perché il mormorio di alcuni uomini rompe la serenità dell'aurora? Il contemplativo, per meditare, non cerca un posto senza uccelli e senza animali, ma cerca un posto senza uomini. Perché?

Questa è la ragione: non c'è unione perfetta tra l'uomo e la natura dell'universo. L'uomo non cammina a tempo, in ritmo con il flusso dell'universo. Perciò l'uomo turba in ogni parte le acque del cosmo. Egli non può stare in silenzio, senza dire parole, come le stelle; non può star fermo, senza muoversi, come la quercia. Il suo essere avanza sconvolgendo.

Dio ha voluto con l'uomo rompere un po' l'armonia dell'universo. Gli è piaciuto così! In mezzo ai nostri cinque elementi primordiali ha infuso un po' d'intelligenza, ha messo un po' d'orgoglio: così noi fummo separati dall'universo; per questo le nostre linee si sono spezzate. Non possiamo più camminare in accordo con gli astri. Dove noi siamo, siamo noi: non possiamo dimenticarlo.

Perché Dio, spezzata l'armonia, ci ha messi in una sola casa con la natura e dobbiamo, dalla mattina alla sera, camminare nella confusione del nostro lavoro?

Perché è stata spezzata l'armonia, non c'è pace nell'universo, nella nostra stessa natura. Dentro di noi si alzano voci: «Voglio, voglio, voglio»! Il corpo dice: «Voglio»! La mente dice: «Voglio»! Il cuore dice: «Voglio»! Non c'è un momento di riposo per queste voci. Se ci fosse una unione indissolubile con il tutto, non ci sarebbero in noi mille voci di desideri. Questa mattina nell'oscurità dell'aurora ho sentito in ogni parte questo bisbiglio di voleri svariati, tante grida di necessità: «Oh, dov'è la mucca? Dammi un po' di fuoco! - Dammi del tabacco! - Chiama il carro! - La pentola è rovesciata »!

Gli uccelli al mattino cantano in un solo modo e nello stesso tono. Ma le voci degli uomini non si accordano con quelle degli altri, né nel tono, né nelle parole: perché Dio ci ha fatti nascere separati dal nostro mondo, avvolti nel nostro « io », ognuno a sé.

I nostri appetiti e desideri, gli sforzi, tutto si risolve in diversi centri e ciascuno prende forme diverse e strane. In pratica veniamo a cozzare l'un contro l'altro. Non c'è fine alle discordie e alle risse, senza termine sono le rinascite delle collere e dei disaccordi. Il nostro disordine, disgustato dalle strinature, bruciato dall'ira, domanda armonia e ordine. Perciò noi non viviamo solo dopo aver mangiato: noi abbiamo bisogno di canto, di unione; e questo bisogno non è da meno del nostro cibo e del nostro vestito. Desideriamo ardentemente l'armonia.

In questo non ci sono discussioni: noi ci diamo alla poesia. Quanto abbiamo scritto, quanto abbiamo dipinto, quanto abbiamo costruito! Abbiamo costruito case, fondato società, stabilito eredi. Quante funzioni, quante istituzioni, quante leggi! Sotto la pressione del desiderio dell'armonia, l'uomo ha creato regni di forme diverse, in diversi paesi. Quanti costumi, quanti governi, quante diverse educazioni! Tutti gli uomini di tutto il mondo in questa contemplazione: come sarà possibile da diversi uomini, da diversi « io », formare una unità varia e bella?

Sotto il fervore dello sforzo l'uomo ha preparato una creazione. Esiliato in mezzo all'orgoglio della creazione dell'universo, gli è stata necessaria per lui una creazione. La storia dell'uomo è la storia di questa creazione, la storia di questa combinazione. Tutta la sua religione, il suo lavoro, le sue aspirazioni, i suoi progetti sono per mettere insieme le cose in disordine: «Voglio creare, voglio unirmi! »; fuori di questa preghiera non ha altre parole.

Quando in mezzo al cortile tanta gente, secondo il proprio bisogno, chiamava e gridava, in mezzo alla confusione ho sentito cantare: «O Dio, fammi passare di là, senza pagare »! Mi sembrò che quella fosse la voce di tutto il tumulto. In mezzo a tanti desideri, noi desideriamo passare oltre. Chi è separato dice: «Ahimè, fammi passare oltre la separazione »! Passata la separazione, si trova l'amore perfetto. Senza l'amore perfetto, nulla ci soddisfa. Altrimenti passiamo da una morte all'altra, giriamo solo attorno ad essa. Se noi possiamo unirci, finisce ogni grave pericolo. Unione vuol dire passare attraverso la separazione per avere l'immortalità.

Dio, per mezzo dell'« io », ci ha preparato questo gioco d'amore. Se non ci fosse l'« io » non ci sarebbe separazione, e se non ci fosse separazione non ci sarebbe unione: senza unione non ci sarebbe amore. Così l'uomo, seduto sulle sponde dell'oceano della separazione, desiderando l'amore, in tante maniere si è costruito tante barche: tutte barche per passare. Chiama pure tutto questo politica, società o religione, tutto quello che vuoi.

Se è così, dove possiamo passare? Abolito l'« io », andati nel paese della perfetta indissolubilità, è guadagnare l'eternità? Anche in questo paese ci saranno polvere, terra e pietre. Dove tutti insieme camminiamo uniti in un solo ritmo non si conosce la separazione. Deve l'uomo piangere per questo annichilimento di se stesso?

Non sia mai! Se fosse così, si consolerebbe e godrebbe di tutte le morti. Non c'è bisogno di dar prova della paura intima che l'uomo ha dell'estinzione. Il ricordo che qualche cosa se ne è andata non è certo un ricordo di gioia. Insieme alla paura e ai ricordi è legata una tristezza profonda della vita. L'uomo vuole trattenere, eppure non riesce a trattenere nulla. Se c'è una cosa che l'uomo non desidera con tutto il cuore è il suo annichilimento.

Se è così, forse egli vuole l'indipendenza basata sulla separazione, sul disordine? No, non è possibile, egli si sente sempre morire per questa separazione e disordine. Il peccato, le passioni sono il rifugio di questi mali. Perciò l'uomo ha elevato il canto: «O Dio, fammi passare senza pagare »! Ma se viene eliminato il passare di là, non cadiamo in pericolo. Allora la vita presente sarebbe dolore e la vita futura un imbroglio. Noi non vogliamo né dolore, né imbroglio. Allora che cosa vogliamo e come possiamo averlo?

Noi domandiamo l'amore! E quando riceviamo questo amore? Quando c'è armonia nella separazione e nell'unione; quando la separazione inghiottisce l'unione e l'unione inghiottisce la separazione; quando tutte e due stanno insieme, senza eliminarsi l'una e l'altra e diventano compagne.

Tutti i nostri desideri sono diretti verso la separazione e l'unione. Tutti i nostri sforzi, le nostre creazioni sono per vedere la separazione non opposta all'unione, ma immagine dell'unione. Il Dio dell'amore, quando ci passerà all'altra sponda, nasconderà nella gioia eterna la separazione del nostro dolore eterno. Allora Egli riempirà il calice della nostra separazione e ci farà bere l'ambrosia dell'unione; allora ci farà capire quale preziosa perla sia la separazione.

23 dicembre 1908.

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