l'al di là ( G. Biffi )
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pubblicata da Nicoletta Germinario il giorno mercoledì 1 agosto 2012 alle ore 21.33 ·
Con la morte finisce tutto?
Il
problema è molto interessante, drammatico e inevitabile, perché i casi
sono due: con la morte o si va a finire nel niente o si va a finire
nella vita eterna. Le altre soluzioni sono forzatamente provvisorie. Io
so già che tra qualche anno o andrò a finire nel niente o andrò a finire
nella vita eterna. Ma se andrò a finire nel niente, io vivo già adesso
per niente; cioè, se l'approdo dell'esistenza è il niente, anche la
sostanza dell'esistenza è il niente, e questa è un'assurdità. Che
qualcosa debba venire dal niente solo per tornare nel niente, è una
contraddizione.
Perché?
Perché
la strada piú breve sarebbe restare nel niente. Non si vede sennò quale
sarebbe lo scopo. Questo era un po' il pensiero di Leopardi quando dice
(cito a memoria) che l'"obietto" proprio del
vivere pare sia il morire: poiché non possono morire le cose che non
sono, per questo sono venute all'esistenza le cose che sono. Leopardi
è un ragionatore lucidissimo, che arriva proprio a ratificare il
niente. Ma il niente è l'assurdo, e l'assurdo non può essere. Io chiedo
di essere salvato dall'assurdo. Ogni uomo sente questo problema; anche
quando non lo sa, tutte le fibre del suo essere anelano ad essere
salvate dall'assurdo e a ricevere una risposta.
Allora diciamo che siamo destinati all'eternità... Che cosa succede di noi un istante dopo la nostra morte?
Io
so quello che mi è stato detto da chi è venuto dall'altra parte. Vede,
il dramma del problema escatologico è che esso è inevitabile; tutti lo
sentono, ma nessuno viene da là a qui. Nessuno, tranne uno, che è Gesú
Cristo. Io so quello che mi ha detto lui. Mi stupisce molto quando trovo
della gente che su queste cose parla a titolo personale, secondo le
proprie idee. Io credo che il principio di Wittgenstein - "di ciò di cui
non si può parlare si deve tacere" - valga soprattutto per questo tipo
di problemi. Io so quello che mi ha detto Gesú Cristo: Gesú mi ha detto
che al di là c'è subito lui, cioè lui è l'approdo dell'esistenza umana.
Vediamo
di andare con ordine: il corpo è lí; se ne può fare qualsiasi cosa o
c'è un trattamento particolare consigliato in vista del giudizio
universale? Voglio dire, può essere inumato, incenerito...?
No,
non è cosí. Il rapporto con Cristo non può essere determinato dalle
condizioni delle membra fisiche: è determinato dal valore interiore.
Certo, il rapporto con Cristo sarà totalizzante, cioè il destino che ci è
stato riservato è quello di una totale assimilazione a Lui, nella sua
condizione di figlio di Dio; e quindi anche nella sua condizione di
risorto. Perciò anche il corpo partecipa a questo destino eterno.
Noi immaginiamo molto spesso che le anime, una volta che sono staccate dal corpo, vaghino oppure siano in sonno...
Se
dopo la morte c'è Cristo, ci si incontra con Cristo immediatamente. Il
valore di un uomo dipende dalla sua vicinanza o lontananza
dall'archetipo, dal modello dato all'umanità, che è Cristo. Al momento
della morte, quando gli occhi si chiudono, gli occhi si aprono e si vede
se si è vicini o lontani da Cristo: questo è il giudizio.
Il giudizio quindi viene dato da Cristo in quel momento?
Certo, perché Lui è la misura.
Quindi il giudizio è immediato?
Il giudizio è immediato.
E il giudizio universale cos'è?
Il
giudizio universale potrebbe essere un falso problema: nel senso che,
se è vero che al di là del tempo non c'è il tempo, non è molto
importante distinguere il giudizio particolare e il giudizio universale
come se fossero temporalmente separati. Cioè, ambedue sono costituiti
nell'unico istante che è quello dell'eternità.
Ci
torniamo dopo su questo, perché mi interessa ora farle una domanda. Il
giudizio di Dio, il giudizio del Cristo - perché il giudice è Cristo -
di che tipo può essere? Quanti sono i giudizi che può dare?
No,
no, non si devono moltiplicare i giudizi. Gesú separa i buoni dai
cattivi, ma la sostanza è che noi veniamo valutati dalla nostra
conformità o difformità da Cristo. Il giudizio personale è conoscere la
mia conformità; la dimensione universale del giudizio è conoscere quella
degli altri. Ma non è che questi momenti siano realmente delle cose
diverse.
Quindi, insomma... il vagare delle anime...
Ma chi le ha dette queste cose?
Lo immaginiamo sempre tutti!
Ecco, di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.
Alcuni, le evocano anche...
Io
non riesco a capire perché uno parli di queste cose senza che le abbia
viste, senza averle sperimentate o senza averle conosciute dall'Unico
che può conoscerle come stanno.
Sí, certo.
A chi tocca e in che cosa consiste il Paradiso? Che cos'è?
Il
Paradiso è Cristo, cioè è l'inserimento pieno, totale, definitivo in
Cristo. Un inserimento c'è già con la vita cristiana, col battesimo con
la vita di grazia... eccetera. Però con due differenze: di non essere
percepibile esperienzialmente e di poter essere perduto. Da una parte,
ci si può staccare da Cristo in questa vita...; dall'altra parte, si
esperimenta questo inserimento in Cristo, ed è definitivo: è inserirsi
nella vita trinitaria, quindi con la conoscenza che è propria di Dio,
con l'amore che è proprio di Dio, con la felicità che è propria di Dio.
Questo Paradiso è davvero in cielo, come si dice?
No,
non lo si può localizzare. Localizzare il Paradiso è come localizzare
Dio. Si può dire che Dio sia in Argentina o in Danimarca? No. Il
Paradiso è una dimensione dell'essere. Noi partecipiamo a questa
dimensione dell'essere divino.
Dunque il Paradiso è questa visione di Dio, è questo stare direttamente con lui.
E l'Inferno cos'è? A chi tocca l'Inferno? In che cosa consiste?
L'Inferno è lo scacco di chi, pur essendo stato creato per essere assimilato a Cristo, ha deciso di non lasciarsi assimilare.
L'Inferno
è un pensiero insopportabile, che noi riusciamo ad accettare soltanto
perché è la condizione per prendere sul serio la libertà dell'uomo. La
libertà dell'uomo non è la prerogativa di poter decidere il colore della
camicetta o il luogo della villeggiatura. Nella sostanza, la libertà
dell'uomo è la facoltà di costruirsi il proprio destino; e questo
fatalmente dà all'uomo una duplice possibilità, per cui l'esistenza
umana non ha un lieto fine immancabile, come i vecchi films americani.
L'esistenza umana ha due possibili soluzioni, due possibili esiti. Noi
ci auguriamo che questa sia - direi - semplicemente la situazione di
diritto, ma che di fatto tutti scelgano per il bene. Però non possiamo
affermarlo. Ci sono le due possibilità perché altrimenti l'uomo non
sarebbe piú preso sul serio. Non deciderebbe piú liberamente.
Le
Sacre Scritture dicono che l'Inferno fosse nei pressi di Gerusalemme,
alla Geènna? E che ci fossero le fiamme come tormento del dannato...
La
Geènna era una valle vicino a Gerusalemme dove si bruciavano le
immondizie; quindi, scenograficamente, si prestava un po' a questo. Ed
era anche il luogo - come dire? - piú contaminato, piú deplorevole; e
quindi la Geènna è...
...un luogo simbolico?
È l'immagine che usa Gesú Cristo stesso: e ha, appunto, una valenza simbolica.
E invece la vera condanna in che cosa consiste?
La
vera condanna consiste, per l'uomo, nell'avere quello che ha voluto
avere; cioè l'uomo che ha voluto rifiutare Dio, beh... si trova ad
essere estromesso dalla felicità di Dio. Questa è la vera punizione,
perché tutto in noi anela a Dio. Noi siamo creati per Dio.
Lei
dice che la pena dell'Inferno è la privazione della visione di Cristo.
Ma cosa vuole che gliene importi a un ateo, il quale per tutta la vita
Cristo non lo ha mai voluto vedere, di avere questo tipo di pena?
Mah,
un ateo... non è vero che non ha mai creduto in Dio... Crede di non
avere creduto in Dio, ma in realtà tutte le fibre del suo essere anelano
a un rapporto con qualcuno che dia senso al suo esistere. Se si
dichiara ateo, però ritiene che ci sia una verità assoluta, una
giustizia assoluta che ha dominato la sua vita, e se per questa verità,
per questa giustizia ha sofferto, si è impegnato, beh... questo è un
ateo apparente: crede di essere ateo, in realtà crede in Dio. Poi c'è
l'ateo esistenziale: chi, in realtà, fa senza Dio, vuol fare senza Dio. E
alla fine Dio lo lascia nella sua condizione.
Quindi l'uomo che non crede ma che ha avuto degli ideali, non è destinato all'Inferno?
La
cosa piú difficile da capire a questo mondo è sapere chi siano quelli
che credono e quelli che non credono. Io credo che ci siano tante
persone che credono di non credere, e invece credono. Non vorrei che ci
fosse anche qualcuno che crede di credere, e invece non crede.
Un
uomo pessimo muore, merita senz'altro l'Inferno; però sulla terra c'è
qualcuno che gli vuol bene, una moglie, una madre, e prega per lui. Può
cambiare il suo destino? Può evitargli l'Inferno? Ossia, i suffragi, le
preghiere, servono a cambiare il destino di un uomo, di un dannato?
Per
chi è dannato non possono servire. Però è bene pregare sempre per i
defunti, proprio perché noi non abbiamo di nessuno la sicurezza che sia
dannato: di nessun uomo, in assoluto. La condizione cristiana non è mai
priva di speranza nei riguardi di nessuno, quindi si può sempre pregare.
La condanna all'Inferno non è in contrasto con l'infinità bontà che viene attribuita a Dio e al Cristo?
Se
non ci fosse l'Inferno, l'uomo non deciderebbe seriamente del suo
destino. Che Dio possa creare delle persone libere al suo cospetto,
questa è la croce che la filosofia non riesce a portare, ma alla quale è
stata confitta. Cioè, noi abbiamo bisogno, per salvare la libertà
dell'uomo, che ci siano due esiti, altrimenti la libertà viene
vanificata. Tutto questo come si comporrà? Con questo, con quest'altro?
Io sono molto curioso di saperlo: dall'altra parte.
Un
pentito di mafia, con dieci omicidi sulle spalle, che viene però
perdonato e stipendiato dalla giustizia umana può lo stesso andare
all'Inferno?
Cosa c'entra la giustizia umana? Se c'è una
cosa chiara è che la giustizia umana non c'entra con quella che sarà la
valutazione che l'uomo riceverà dall'Unico che è la misura di tutte le
cose.
Nel caso andasse all'Inferno, la giustizia umana che figura farebbe al cospetto di Dio?
Quale
figura ci faccia la giustizia umana al cospetto di Dio, tutto sommato, è
un problema secondario. Il problema reale è la figura che fa la
giustizia umana di fronte agli uomini, qualche volta.
Cosa intende piú esattamente?
Beh...
il problema è che la giustizia umana sia credibile nel contesto
terrestre; non si deve preoccupare delle valutazioni ultime perché non è
quello il suo criterio. Il giudice non può giudicare del valore
intrinseco di un uomo; può giudicare di ciò che ha compiuto. Ma come fa a
valutare esattamente che cosa ha sentito, quali sono stati i suoi
impulsi interiori, le strutture di cui è stato vittima? È impossibile.
Direi che una delle frasi piú profonde di Gesú Cristo è "non giudicate".
Il giudice deve giudicare, ma il suo giudizio è sempre sul
comportamento, non può mai riguardare i valori in assoluto della
persona.
Cos'è il
Purgatorio? Immagino che sia il posto al quale è destinata la maggior
parte di noi, che non siamo né troppo buoni né pessimi. Parliamone
diffusamente.
Guardi, il Purgatorio è una cosa, da un
certo punto di vista, molto semplice: nel disegno di Dio bisogna
purificarsi; non basta dire "io ho sbagliato", bisogna in qualche modo
ricostruire la psicologia, che è stata lacerata da una prevaricazione.
Quindi bisogna purificarsi...; e questo avviene sempre con la
sofferenza, no? Questo prima di tutto avviene sulla terra; cioè la prima
purificazione e la prima penitenza è quella terrena, è quella che
propone la Chiesa, per esempio quando comincia la Quaresima, quando
propone gli atti di pentimento, quando invita al sacramento della
confessione.
Quindi noi dobbiamo già in questa vita cercare di
purificarci delle cose sbagliate di cui siamo pentiti. Solo che noi
viviamo sulle strade polverose del mondo, per cui anche quando ci
purifichiamo ci impolveriamo. Insomma, noi siamo sempre sottoposti a
questa polvere mondana. Abbiamo bisogno che ci sia almeno un istante
dove l'impolveramento non possa piú avvenire, e la purificazione possa
continuare: questo è il Purgatorio.
E in che cosa consiste? Che differenza c'è con il Paradiso?
Credo
che le tendenze, direi, della pietà popolare, ma forse qualche volta
anche la teologia, hanno interpretato il Purgatorio come se fosse un
piccolo Inferno.
...è verissimo...
Questo
è assolutamente sbagliato. Gli italiani non dovrebbero dimenticare che
hanno all'origine della loro identità nazionale una cattedrale di
pensiero come la Divina Commedia, nella quale si vede chiaramente che il
clima del Purgatorio è la serenità.
«Alla sera della vita saremo giudicati sull'amore» (S. Giovanni della Croce)
È già un'anticipazione del Paradiso?
Sí, le anime sono in grazia di Dio.
Il
cardinale Schuster diceva che il Purgatorio è come un corso di esercizi
spirituali: uno riflette, pensa, vede le cose sbagliate che ha fatto,
gli dispiace, si purifica... proprio anche con quel po' di rossore che
gli viene dalle cose che ha fatto.
Mi piace pensare che il nostro
Purgatorio, il Purgatorio di ciascuno, sia quello di vedere tutte le
stupidaggini che abbiamo fatto nella vita. Ce ne verrà un tale rossore -
questo è un po' il fuoco del Purgatorio - un tale rossore che ci
purifica e ci manda in Paradiso.
Ma quanto dura questa anticamera?
Mah,
non c'è problema. Qualche teologo che aveva il problema della durata
dice che quello che non può esserci nell'estensione può esserci
nell'intensità. Se si applica questo principio, il Purgatorio potrebbe
essere anche istantaneo.
Istantaneo? E chi dice quando è finita, quando si è pronti?
Quando
l'uomo deve entrare al cospetto di Dio, è come quando uno deve andare
davanti a un personaggio illustre: è già a posto, si è già lavato la
faccia, si è già vestito bene, però cerca ancora di mettersi in
ordine...
...gli ultimi ritocchi.
A
un certo momento diventa normale, è pronto. Le anime che vanno a farsi
belle, dice Dante. Ecco, questo credo che sia proprio il clima del
Purgatorio.
Non c'è una buona dose di follia nelle cose che sta dicendo?
Certo.
Questo è anche il pensiero di san Paolo. Direi che tutta la prospettiva
sullo spirito è una follia per "l'uomo psichico", per l'uomo che non è
illuminato dallo Spirito. Ed è la sola follia che ci salva
dall'assurdità; l'assurdità di un'esistenza senza scopo, senza esito,
senza ragione.
L'alternativa è tra l'assurdo e il mistero, perché
di queste cose noi non sappiamo molto. Allora dobbiamo fare il salto e
abbracciare il mistero: questo è l'atto di fede. Perché questa è la sola
condizione che ci è data: salvare la ragione per salvarci dall'assurdo.
Qualche volta a me capita di fare questo esempio: io sono al secondo
piano di un edificio e a un certo punto al primo piano si sviluppa un
incendio; la scala è crollata, le fiamme salgono e... rendendomi conto
di questo, mi affaccio alla finestra e sento una voce che mi dice:
"Gettati, che c'è il telone dei pompieri". Tutto il mio essere non ha
voglia di gettarsi, vorrebbe scendere la scala gradino per gradino,
ragionamento per ragionamento...; ma la scala non c'è piú. Allora quello
che sarebbe per sé un atto irragionevole - gettarsi dalla finestra -
diventa l'unico atto ragionevole. Cosí è l'atto di fede. In sostanza,
l'annuncio del Vangelo è la voce che mi dice: "C'è il telone dei
pompieri, buttati!".
Lei
diceva prima che sappiamo poco di queste cose: è forse per questo che
la Chiesa parla poco dell'aldilà? Dà precetti, ma in fondo non si
azzarda di prevedere...
Io direi che questo è un po' un
luogo comune che non corrisponde a verità. Se teniamo presente che la
Chiesa ogni primo novembre celebra la festa di tutti i Santi e propone
il Paradiso alla contemplazione (certo, alla contemplazione di chi va a
Messa, perché chi non va a Messa poi non si può lamentare che la Chiesa
non parla: non parla, perché lui non l'ascolta); il giorno dopo, il 2
novembre, propone l'attenzione ai morti e quindi al Purgatorio; con la
Pasqua propone il destino di Cristo, che è anche il destino dell'uomo;
tutte le volte che c'è un funerale si leggono le letture e si fanno le
omelie su queste cose...; io dico che non è mica vero che la Chiesa non
ne parli.
Vorrei darle
due esempi: prima di farle l'intervista ho cercato il suo libro "Linee
di escatologia cristiana" nelle librerie di Roma specializzate in cose
religiose; non l'ho trovato, ma soprattutto ho trovato forse due o tre
libri sull'escatologia in genere, cioè sull'aldilà, in mezzo a scaffali
pieni di altre cose: questo è il primo esempio. Un altro è questo: c'è
nei giovani un grande interesse per le religioni esoteriche, religioni
che mettono al centro proprio il discorso sull'oltretomba, su ciò che
accadrà dopo. Non indica questo una lacuna della Chiesa?
Ma
niente affatto. Il primo indica una lacuna nelle librerie, perché le
pubblicazioni ci sono. D'altra parte, la pubblicazione non è la forma
normale con cui parla la Chiesa. La forma normale della Chiesa è la vita
cristiana. Se non si partecipa alla vita cristiana, non si può far
colpa alla Chiesa perché non si sentono queste cose. Non si può dire "la
Chiesa non parla". La Chiesa parla con la sua forma normale che è la
predicazione, che è la liturgia, che è l'anno liturgico. Le bibliografie
sull'escatologia sono infinite, ma molte volte le librerie non ne
tengono molto conto e compiono quel peccato che è un po' il peccato dei
mezzi di comunicazione, cioè quello di inseguire la richiesta. La
richiesta è pruriginosa...; spesso è la richiesta non della verità, ma
di notizie che solleticano un po'.
Lei
sostiene che i fedeli non si interessano abbastanza ai problemi
dell'aldilà e di conseguenza le librerie sono sfornite di questi libri.
In realtà vedo che molte persone abbandonano la Chiesa cattolica per
abbracciare delle sètte che mettono al centro per l'appunto il problema
ultraterreno. Perché?
Intanto direi di non confondere i
fedeli con i clienti delle librerie: sono una tipologia un po' diversa. I
fedeli, il popolo normale, si interessa moltissimo dell'aldilà, e in
genere se ne interessa anche nelle forme tradizionali. Tutte le volte,
per esempio, che la morte entra in una casa, il problema si pone per
tutti; non c'è nessuno che sfugge a questo problema.
La questione
delle sètte è secondo me molto piú vasta. L'interesse verso le sètte non
è perché esse presentano il problema dell'aldilà; le sètte presentano
prima di tutto il problema dell'aldiquà. Molte volte sono aggregazioni
che prendono specialmente gli sbandati... almeno alcune, no? ...gli
immigrati senza difesa..., e li aiutano, e in qualche modo li
condizionano.
Credo che il problema delle sètte sia il problema di
una religiosità piú vivace, piú autentica, piú immediata. Questo pone
un problema anche al cattolicesimo; ma non credo che il problema sia
direttamente l'aldilà. È un fenomeno delle epoche, come dire, di
incertezza, di confusione. È capitato fin dal tempo dei Romani. Ci si
rivolgeva ai culti misterici. In genere queste proposte venivano
dall'Oriente.
Io sento una grandissima compassione verso chi cede a
queste seduzioni, nel senso che, avendo a disposizione la verità
saziante, si vada a finire in questi rivoli: come se una persona
affamata a cui si presenti un bel piatto di minestrone, vada a cercarsi
lo zucchero filato.
Ma forse il problema dell'aldilà è presentato con avarizia, è questo che voglio dire...
Beh,
certo, credo che il problema della presentazione ci sia sempre... Noi
dobbiamo sempre domandarci se la nostra presentazione è adatta, se
abbiamo il linguaggio della gente, e cosí via. Non dimentichiamo però
che c'è anche la libertà dell'uomo. Nella parabola di Gesú degli
invitati alle nozze, gli invitati del re non vogliono venire perché non
hanno voglia di venire. A un certo momento c'è anche questo: il gioco
della libertà umana. Del resto la verità è proposta, non è mai imposta.
La Chiesa non ha nessun interesse... La Chiesa è già la sposa di Cristo,
è in qualche modo già beata. Siamo noi che abbiamo bisogno di lei.
Quindi, se la gente viene alla Chiesa, bene; ma se non viene, è peggio
per la gente. Non è che andando a Messa la domenica si faccia un favore
alla Chiesa; no, si fa qualcosa che è un'esigenza profonda nostra.
Non è una frase da pastore.
Io non conosco frasi "da pastore"; io conosco le frasi vere e le frasi false.
La televisione, un'intervista come questa, può aiutare in qualche modo a informare le persone su queste cose?
Ma
si capisce! Però, leggendo il Vangelo tale e quale; non facendo, direi,
l'antologia delle parole di Gesú. Gesú dice: "Voi andate in un posto,
annunciate il Vangelo, perché l'uomo ha un estremo bisogno del regno di
Dio. Annunciate". "E se loro rifiutano?". "Scuotete la polvere dai
calzari e andate in un altro posto". Questo c'è nel Vangelo; mica l'ho
inventato io, anche se questa è una frase che non si sente piú citare.
Cioè lei ha paura di tagli; in sostanza, che le sue parole vengano travisate?
Questo
può anche capitare; i tagli ci sono anche nella carta stampata, c'è
anche la titolazione, che talvolta.; però non è la mia paura principale.
Io voglio semplicemente che la verità arrivi alla gente, perché nel
disegno di Dio non è la nostra cortesia che salverà la gente, o l'audience, ma è la verità che salverà la gente. La verità ci farà liberi: questo è quello che ha detto Gesú.
Nel complesso lei ha un'idea serena della morte?
Intanto
credo di poter dire, come Leon Bloy, che ho una grande curiosità,
perché siccome sono piú le cose che non si sanno, desidero andare a
vedere direttamente la realtà. Se poi veramente la morte è l'incontro
con Cristo, come io credo, ... finalmente! Io ho puntato la vita su di
lui e non so neanche di che colore abbia gli occhi! Insomma, è una
soddisfazione poterlo incontrare.
Noi parliamo, io muoio di colpo. Lei si compiace perché entro nell'eternità, oppure grida e mi compiange?
No,
no, io credo che la cosa tipica del cristianesimo è che non è mai
disumano, e quindi a me non piace neanche molto che, quando muore uno,
ci si metta a cantare i grandi alleluia e si faccia festa. Insomma, di
fronte alla morte il Figlio di Dio ha sudato sangue dalla paura, dalla
tensione... Quindi tutto quello che è umano credo sia giusto
sperimentarlo. Però si può e si deve trascenderlo nella speranza
cristiana. Speranza che è, come dice Dante, un "attender certo". Io
aspetto con certezza quello che mi capiterà.
La
domanda è buffa, mi viene in mente adesso: ma Cristo chi aspettava il
giorno che è morto lui, dal momento che Cristo aspetta noi?
Il
Padre, perché tutta la sua vita è una tensione al Padre e la sua morte è
un anelito al Padre: "Padre nelle tue mani consegno il mio spirito".
Quindi credo che la risposta sia facile.
L'anima vede il proprio corpo immobile, i parenti che piangono? Segue il suo funerale?
Delle cose di cui non si può parlare, si deve tacere. Io
l'esperienza dell'anima disincarnata non l'ho ancora fatta; non so come
posso rispondere. Però per me è semplicissimo: dopo la morte c'è
l'incontro con Cristo. Io arrivo a Cristo, e siccome Cristo è
nell'eternità ed è compresente a tutti gli strati del tempo, io arrivo
già anche col mio corpo che ha fatto la strada lunga del tempo, ma è
arrivato in contemporanea al momento dell'incontro con Cristo.
Questa
è un po' un'opinione mia, non è che sia la dottrina cattolica... Quindi
non mi pongo mai il problema dell'anima che vede il corpo, perché
probabilmente la situazione nell'aldilà, che a noi oggi è largamente
sconosciuta, ci farà superare tutte queste problematiche che sono senza
fondamento.
Ma l'insegnamento della Chiesa è proprio questa contemporaneità dei due giudizi? Di quello particolare e...
No,
l'insegnamento della Chiesa è che immediatamente dopo la morte ci sarà
un giudizio che sarà la valutazione complessiva: questo è l'insegnamento
della Chiesa. Il rapporto fra i due giudizi è lasciato un po'
all'opinione teologica. Io credo che tutto si possa semplificare con
l'idea che di là non c'è una successione temporale; pressappoco i due
giudizi saranno la stessa cosa.
Quindi il faraonico giudizio finale non...
No,
il giudizio finale è una dimensione del giudizio. Cioè, il giudizio ha
una dimensione personale per cui mi tocca per quello che ho fatto, ma ha
anche una dimensione universale per cui io finalmente vedo il valore di
tutta la storia, di tutto quello che è avvenuto e anche delle persone.
Sono piú gli eletti o i dannati? E in che percentuale a suo parere?
Ma
come faccio io a sapere la situazione anagrafica dell'aldilà? La
situazione anagrafica dell'aldilà si potrebbe conoscere con due strade: o
perché uno ci va e torna indietro, e non è il mio caso; o perché
qualcuno dell'aldilà mi ha detto com'è la situazione, e non me l'ha
detto.
Ma sarà un po' lo specchio del mondo, cioè direi dei comportamenti di questa terra...
No, sarà lo specchio del mondo come appare agli occhi di Dio. Cosa ne sappiamo?
Lei pensa che il giudizio sia piú benevolo o piú severo?
Cosa
ne sappiamo? Sarà piú vero, piú vero... Nel capitolo 25 di san Matteo,
quando Gesú fa la descrizione analitica del giorno del giudizio, lo
stato d'animo che mette in luce in tutti, buoni e cattivi, è la
meraviglia. I buoni non si erano mica accorti di essere buoni: "Avevo
fame e mi avete dato da mangiare"; "Ma quando ti abbiamo dato da
mangiare" ? I cattivi non si erano mica accorti di essere cattivi: "Non
mi avete..."; "Ma quando abbiamo rifiutato di darti da mangiare"? Io
credo che sia importante tener presente questo aspetto, per cui
effettivamente ci sarà una discrepanza tra quello che noi possiamo
vedere, cosí, con un occhio umano, sulla terra, e quello che sarà il
giudizio di Dio.
Lei immagina che Gesú sia un giudice benevolo o un giudice severo?
Mah,
io so ciò che appare da tutta la Rivelazione: che Dio ha piú voglia di
salvarmi di quanto non abbia voglia io di essere salvato; e questo vale
per tutti gli uomini. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi, come è
detto nel Nuovo Testamento. Questa affermazione mi mette in una
posizione molto tranquilla. Sono sicuro che per questa volontà salvifica
universale si salveranno tutti, tranne quelli che esplicitamente si
chiuderanno alla volontà salvifica di Dio.
Poiché
Gesú è morto per la salvezza di tutti, il fatto che alcuni non si
salvino non è un fallimento parziale della sua missione?
Non
credo. Intanto bisogna vedere se ci sia qualcuno che si salva e
qualcuno che non si salva: non do giudizi sulla situazione anagrafica
dell'aldilà. Io credo che Cristo ha posto tutti sulla strada della
salvezza, secondo la natura propria di ciascuno. Se doveva salvare
semplicemente un fiore, lo coglieva e lo metteva in un vaso.... Salvare
un uomo libero, vuol dire dargli la possibilità di decidere lui,
liberamente, il suo destino. E questo è quello che il Signore ha fatto.
Ci ha messo in condizione di poter decidere noi, liberamente, il nostro
destino. Questa condizione fa parte della natura umana.
In fondo il mistero piú grande non è Dio e non è Gesú Cristo; il mistero piú grande è l'uomo e la sua libertà.
Il
ricongiungimento nell'eternità con i nostri cari va inteso in senso
letterale? Potremmo farci delle coccole, carezzarci, oppure.?
Io
credo di sí, perché non è che là saremo tutti come le acciughe nel
barile... Io credo che effettivamente i rapporti umani ci saranno; e del
resto la grandezza di Maria, che certamente ha una posizione di
privilegio nell'aldilà, è fondata su un rapporto umano, sul rapporto di
maternità con Gesú Cristo. Quindi io credo che tutto questo ci sarà.
Anche l'amicizia ci sarà. Tutto ciò che è autenticamente umano, sia pure
trasfigurato, avrà un'eco nel Regno di Dio.
E i nostri cani e gatti che fine faranno?
Questo
io non lo so. Quando insegnavo teologia, tanti anni fa, dicevo che non è
contro la dottrina cattolica pensare che, almeno per qualcuno, ci
potrebbe essere... Che il mio affetto abbia bisogno in qualche modo, per
la completezza della mia gioia, anche di qualche animale... Devo dire
che non lo so. Siamo sempre lí, insomma.
Lei esclude la metempsicosi, cioè la reincarnazione delle nostre anime in corpi diversi?
A
me sembra una grande sciocchezza, le dico subito il perché: le anime
trasmigrano, ma io non ho nozione di essere stato qualcuno prima, non ne
ho la memoria. Si dice: "Fa niente, hai perso la memoria, ma la tua
anima ha trasmigrato". Beh, ma se io non ne ho la coscienza, la memoria,
non mi interessa niente cosa fa la mia anima. Cioè l'uomo è
essenzialmente consapevolezza: se non c'è la consapevolezza, è inutile
ipotizzare questa trasmigrazione.
Eminenza,
dica la verità, lei è sicuro delle cose che mi ha detto finora, oppure è
andato a tentoni? Lei ce la metterebbe la mano sul fuoco sulla
sopravvivenza dopo la morte, sul Paradiso, su tutte le cose che ci siamo
dette?
Oh, altroché! Perché l'alternativa sarebbe
credere nell'assurdo, ma l'assurdo è ciò che non esiste, ciò che non può
essere. Questo l'ho imparato dalla geometria euclidea. Le dimostrazioni
"per assurdo" vogliono dire che è vero il contrario, no? Allora non può
essere che l'uomo sia tutto questo cumulo di sofferenze, di gioie, di
affanni, di impegni, eccetera, per poi essere vanificato nel niente.
Questo non può essere.
Mano sul fuoco dunque?
Ah certamente, io non ho dubbi.
Per gentile concessione del WebMaster del sito ufficiale della Diocesi di Bologna.
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