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domenica 12 agosto 2012

Il dono del silenzio

Il dono del silenzio
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Il dono del silenzio
Massimo Camisasca
sabato 11 agosto 2012
Viviamo in un’epoca di inquinamento. Oltre a quello atmosferico e quello luminoso c’è, non meno pericoloso per l’uomo, l’inquinamento acustico. Il silenzio sta diventando un bene raro, come l’acqua. Ma, mentre dell’acqua non si può fare a meno, si pensa di poter vivere senza silenzio. Anzi, i più non si rendono conto della sua assenza.
Per me, invece, esso è stato il compagno più desiderato degli ultimi quarant’anni. La mia giornata inizia con il silenzio, con più di un’ora di raccoglimento e lettura. Non potrei più vivere se non potessi iniziare il nuovo giorno preparandomi attraverso un dialogo personale con Dio. Egli non è un essere lontano, assente: è soltanto invisibile, per poter accompagnare ogni uomo, ma parla e si rivela attraverso un’infinità di segni. «La Parola zittì chiacchiere mie», ha scritto Clemente Rebora (C. Rebora, Curriculum vitae).
Il silenzio non è l’assenza delle parole. Esso è, piuttosto, il tempo vissuto con la consapevolezza che non sarà la nostra attività a salvarci. L’ancora della nostra vita non può essere l’azione. Quando è ricercata per se stessa, l’azione ci svuota, ci stanca, ci distrugge. Occorre sempre riscoprire la radice e la forza che possano sostenere il nostro fare. Per questo è necessario il silenzio. Molte volte la nostra ricerca spasmodica di agire non è altro che l’espressione della nostra paura di trovarci soli con noi stessi o soli di fronte agli altri. Pensiamo a questa possibilità identificandola con il vuoto, con il nulla. Paura che dal fondo di noi o dallo sguardo dell’altro emergano le domande a cui non sappiamo o non vogliamo dare risposta: dove sto andando? Che cosa cerco? Che cosa vale di più per la mia vita?
Per profittare del tempo occorre avere il coraggio di porsi queste domande e la gioia di cercare le risposte. Io non voglio il silenzio per non sentire o non vedere. Lo desidero per poter vedere più in profondità, per poter ascoltare le parole più importanti, per potermi soffermare su di esse. Se esso esige una certa lontananza dai rumori è per farmi entrare più profondamente nella realtà, per scoprire il volto vero delle cose che spesso è nascosto come dietro a un velo.
Mi ha impressionato sentire Maria Callas in una delle rare interviste filmate, trasmessa qualche anno fa dalla televisione. Rispondendo a una domanda su quale fosse, secondo lei, la cosa più importante che aveva vissuto nel canto, disse più o meno così: «Il silenzio. Tutta la grandezza del canto sta nei silenzi fra le parole»

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