Martin Lutero:
un monaco “sempre inquieto e turbato”
…Il protagonista di questo evento epocale è il monaco Martin Lutero.
Quando si analizza la sua vita si scorge che egli fu un uomo tormentato,
scrupoloso sino all’eccesso, aggressivo, violento, sensuale,
intemperante. Tutto fuorché virtuoso.
All’origine delle sue scelte religiose non stanno convincimenti
dottrinali, ma anzitutto, oltre forse ad una vocazione inesistente, non
completamente sincera , l’esperienza propria di ogni cristiano, della
propria inadeguatezza e miseria: ma di fronte ad esse, Lutero non
reagisce con umiltà, affidandosi alla misericordia di Dio, ma, dopo lo
scoraggiamento iniziale, con grande superbia ed orgoglio.
Lutero, scrive J. Maritain nel suo “Tre riformatori”, “si
appoggiava, per giungere alla virtù, alle sue sole forze, fidandosi dei
propri sforzi, delle sue penitenze, delle opere della sua volontà,
molto più che della grazia. Praticava così quel pelagianesimo di cui
accuserà i cattolici, e da cui in realtà lui stesso non riuscirà ad
affrancarsi. Praticamente egli era, nella vita spirituale un fariseo che
conta nelle sue opere, come fa fede il suo raggrinzimento di
scrupoloso. Si rimproverava come peccato ogni involontaria impressione
della sensibilità, e si studiava di acquistare una santità da cui fosse
esclusa la minima traccia della debolezza umana” .
Ma ovviamente, non riuscendo a raggiungere la perfezione cui tende
con troppo orgoglio, finisce per scorarsi, per abbattersi, e per cedere
alla tentazione: “rinuncia a lottare, dichiara che la lotta è impossibile”, arriva a concludere che “la concupiscenza è invincibile”.
Poiché ha troppo fidato in se stesso, poiché ha creduto di potersi
auto-redimere, di poter divenire, con le sue forze, una creatura
angelica, disincarnata, ora non può che capitolare, e gettarsi dalla
parte opposta, finendo in quello che è, per la Chiesa cattolica, uno dei
peccati contro lo Spirito Santo: la sfiducia totale, la disperazione
della salvezza.
Lutero si convince così che la virtù, la santità, siano impossibili all’uomo
e che la salvezza stia solo nella fede e nei meriti di Cristo. Dietro
questa posizione, di apparente umiltà, c’è la superbia che la ha
provocata: e l’apparente umiltà diventa disprezzo per l’uomo, pessimismo
antropologico radicale, assolutizzazione del peccato originale,
cancellazione della libertà umana, disprezzo della ragione e
anticipazione della predestinazione calvinista!
E’ questa la fine tipica di coloro che scambiano il cristianesimo per una dottrina di puro auto-perfezionamento morale:
come cioè se essa fosse anzitutto una morale e solo dopo la fiducia
nella grazia di Colui che può tutto, anche attraverso la nostra
debolezza. Così Lutero “erige a dottrina ciò che è anzitutto la catastrofe della sua perfezione personale”,
e contemporaneamente, proclamando l’inutilità delle opere, la salvezza
mediante la sola fede, rinnega le veglie, i digiuni, gli eccessi di
penitenza del passato: niente più rimorsi, niente più tensione verso il
bene, ma “cede alle potenze dell’istinto, subisce la legge della
carne, secondo una progressione che è possibile rilevare dalla serie dei
suoi ritratti. Collera, calunnia, amore della birra e del vino,
ossessione della sozzura e dell’oscenità”, crescono in lui via via, sempre di più: il tutto scambiato per libertà cristiana, fede, umiltà .
Gli scrupoli eccessivi, che hanno sempre assediato
la sua anima, vengono esorcizzati tramite la pratica dei peccati,
vengono affogati nella dissoluzione più violenta (pecca fortiter sed crede firmius). Peccare diventa un modo per mostrare la propria fede, per allenarsi a sconfiggere lo scrupolo stesso, e con esso il diavolo.
Scrive: “Cerca subito la compagnia dei tuoi simili, mettiti a
bere, giocare, racconta sconcezze, cerca di divertirti. Bisogna…pure
talvolta fare un peccato in odio e disprezzo al diavolo, per non
lasciargli l’occasione di creare in noi degli scrupoli per dei nonnulla:
se si ha troppa paura di peccare, si è perduti..ah! se potessi alfine
trovare qualche buon peccato per schernire il diavolo” .
Così colui che in passato si è esaurito nelle veglie e nei digiuni,
si dà alle gozzoviglie, abbandona l’abito sacerdotale, sposa una ex
monaca, Caterina von Bora, da cui avrà sei figli e dispensa, chi lo
circonda – lui che dalla legge si era sentito schiacciato, perché non ne
aveva compreso lo spirito-, dalla legge stessa: invita sacerdoti e
suore ad abbandonare il celibato e autorizza il suo protettore, il
principe Filippo d’Assia, a prendersi un seconda moglie, oltre a quella
legittima e vivente, per togliergli ogni scrupolo di coscienza.
Dal punto di vista religioso, lui che, ossessionato dal peccato, non ha creduto nel perdono, cancella il sacramento della confessione, per eliminare, oltre al perdono, il peccato stesso (“Si
sforza si sentirsi senza peccato, pur peccando in tutte le sue azioni e
di vincere così la coscienza, questa signora della disperazione”, scrive Maritain).
Nel fare questo, nel proclamare le nuove verità di fede, la sola
fides, la sola scriptura, il servo arbitrio, il libero esame delle
scritture, il papa come Anticristo, pone se stesso, il proprio
egocentrismo metafisico, al di sopra di tutto: “Io non ammetto,
scrive nel giugno del 1522, che la mia dottrina possa essere giudicata
da alcuno, neanche dagli angeli. Chi non riceve la mia dottrina non può
giungere alla salvezza” .
Dice questo, dopo aver proclamato che ognuno può leggere ed
interpretare liberamente le Scritture, convinto, però, che l’unico a
farlo correttamente è lui. Gli altri, come ad esempio i teologi di
Lovanio, sono “asini grossolani, delle scrofe maledette, dei sacchi
di bestemmie, dei porci epicurei, eretici e idolatri, delle pozze
marcie, la brodaglia maledetta dell’inferno”.
Nella sua generica condanna dell’uomo e della sua natura cadono anche la ragione e la filosofia.
La ragione è definita più volte “la prostituta del diavolo” ed è dichiarata contraria, opposta alla fede; le streghe “bisogna ammazzarle tutte” ; Copernico è “un astrologo da quattro soldi” e “un insensato”; i contadini che hanno fatto la rivolta del 1525 vanno sterminati: “verso
i contadini testardi, caparbi, ed accecati, che non vogliono sentir
ragione, nessuno abbia un po’ di compassione, ma percuota, ferisca,
sgozzi, uccida come fossero cani arrabbiati…” ; quanto agli ebrei, sulla scia degli eretici flagellanti tedeschi del Medioevo, dichiara: “In
primo luogo bisogna dare fuoco alle loro sinagoghe o scuole; e ciò che
non vuole bruciare deve essere ricoperto di terra e sepolto, in modo che
nessuno possa mai più vederne un sasso o un resto”; inoltre occorre
“allo stesso modo distruggere e smantellare anche le loro case, perché
essi vi praticano le stesse cose che fanno nelle loro sinagoghe. Perciò
li si metta sotto una tettoia o una stalla, come gli zingari” ; i cattolici, infine, sono servi del papa, che è l’Anticristo (“maledetto, dannato, vituperato sia il nome dei papisti”), mentre Roma è Sodoma e Gomorra e la bestia dell’Apocalisse.
In tutto ciò anche la carità, cioè le buone opere, vanno nel
dimenticatoio: non è un caso che mentre l’ Europa cattolica vede il
sorgere delle scuole e degli ospedali moderni, i paesi sono a
lungo esclusi da questo fiorire di opere buone.
Sia perché svalutare la capacità dell’uomo di compiere del bene non
può che frenare il suo desiderio di farlo, sia perché le terre e i
luoghi della Chiesa che offrivano riparo ai poveri, sono stati
confiscati dai sovrani protestanti e spesso regalati agli amici o ai
nobili che hanno aiutato il processo di usurpazione del potere
religioso.
Nei suoi “Discorsi a tavola”, Lutero racconta che un giorno
gli era stato mostrato un bambino minorato mentale. Egli propose subito
di sopprimerlo: gli appariva un essere inutile, “che non faceva nient’altro che mangiare, e mangiava come quattro contadini o braccianti”. Era, a suo modo di vedere, “solo
una massa di carne, nella quale non albergava alcuna anima, se non
forse, il diavolo. Ai principi presenti al suo discorso, Lutero disse:
“Se io fossi il principe o il signore qui, annegherei di persona il
bambino nel fiume” .
Questo disprezzo del bambino malato, e delle opere buone, si collega
anche alla tradizionale ostilità di Lutero verso la carne: Lutero nega
sia l’Eucarestia, sia la resurrezione dei corpi, a dimostrazione ancora
una volta di quanto il suo rapporto con il corpo sia tormentato, e prima
e dopo la riforma. ..Da Francesco Agnoli, Indagine sul crstianesimo, Piemme, 2011 (http://www.edizpiemme.it/libri/indagine-sul-cristianesimo)
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