CRISTIANI PERSEGUITATI/
La straordinaria confessione del diacono Tochtuev
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lunedì 13 agosto 2012
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Sono
millecinquecento, più o meno, i martiri e confessori della fede uccisi
dai bolscevichi e canonizzati finora dalla Chiesa ortodossa russa. Ma
questa cifra, che non ha uguali in tutta la storia della cristianità per
mole e per concentrazione temporale, è solo una minima parte della
schiera di ignoti credenti che hanno dato la vita per Cristo nel XX
secolo in Urss.
La Commissione martiri del Patriarcato
di Mosca lavora a pieno regime perché si possa dare la dovuta
venerazione alla schiera incalcolabile dei “nuovi martiri” ortodossi,
anche se la progressiva chiusura degli archivi rende sempre più
difficile, ormai quasi impossibile, studiare a fondo i materiali di ogni
singolo caso.
Del resto, il lavoro negli archivi è
assolutamente indispensabile per stabilire se ci sia stato o no
martirio, poiché, contrariamente al tradizionale stile di canonizzazione
ortodosso, che teneva conto innanzitutto della presenza di spoglie
mortali incorrotte e della venerazione popolare, le nuove regole
stabilite dall’autorità ecclesiastica sono molto rigorose e prevedono,
oltre alla stesura di una “vita” del candidato martire, anche
l’acquisizione di tutti i materiali dell’inchiesta: il mandato di
arresto, tutti i verbali degli interrogatori e dei confronti, l’atto di
accusa, la sentenza, l’atto di esecuzione. Inoltre, affinché la
canonizzazione possa avere luogo è necessario verificare che, durante
l’inchiesta, il cristiano non abbia, con le proprie deposizioni,
coinvolto nessun altro innocente. Una condizione, questa, che molti
ritengono fin troppo esigente data la tremenda pressione psicologica, la
violenza fisica e il ricatto subito dalle povere vittime.
La presenza di queste precondizioni
consente comunque di sgombrare il terreno da una venerazione dei martiri
generica e sentimentale, dalle agiografie stilizzate. Dopo un vaglio
così rigoroso resta soltanto il valore autentico, e infatti troviamo
delle storie di martiri spoglie, antieroiche ma proprio per questo
impressionanti.
Come quella di Nikolaj Tochtuev,
consacrato diacono nel 1922 proprio nel pieno della prima persecuzione
antireligiosa del giovane Stato sovietico. Viene arrestato quasi subito e
mandato al confino; quando torna riesce a svolgere il suo ministero in
un paese della periferia moscovita, Bolševo.
Il venerdì santo del 1940 viene
convocato nell’ufficio dell’Nkvd a Mytiši, dove un giudice inquirente
gli prospetta 8 anni di prigione se non accetta di fare l’informatore
della polizia. Il diacono accetta, forse si spaventa, e firma l’impegno;
torna a casa ma deve ripresentarsi il lunedì successivo. Possiamo
immaginare lo stato d’animo di padre Nikolaj durante le celebrazioni
pasquali, conscio di essersi impegnato per iscritto… Tuttavia esce dalla
liturgia pasquale con una decisione.
Il lunedì dell’angelo raccoglie quel che
gli può servire in prigione e si presenta all’ufficio dell’Nkvd con una
dichiarazione scritta: «Compagno comandante, sconfesso la mia
precedente firma, che ho fatto solo per poter celebrare la Pasqua e dire
addio alla famiglia. Le mie convinzioni religiose e il mio abito non mi
permettono di tradire neppure il mio peggior nemico…».
L’ufficiale
dell’Nkvd, pensando che sia ancora tentennante, lo lascia tornare a
casa e gli dà del tempo per riflettere; ma padre Nikolaj ha ormai deciso
e cerca di spiegare la propria posizione in una nuova dichiarazione che
è una vera confessione di fede: «Compagno comandante, mi permetta una
spiegazione scritta. Non so parlare bene perché ho poca istruzione. Non
posso fare quello che Lei mi chiede. È la mia decisione ultima e
definitiva. Molti acconsentono per salvare se stessi a spese del
prossimo, ma a me una vita del genere non serve. Voglio essere puro
davanti a Dio e agli uomini, perché quando la coscienza è pulita si è
tranquilli, mentre quando la coscienza è sporca non si trova pace. Una
coscienza ce l’abbiamo tutti, e soltanto le azioni indegne la soffocano;
per questo non posso essere come Lei vorrebbe… Ho famiglia, ma per
essere onesto davanti a Dio, per amor Suo lascio anche la famiglia… Cosa
crede, che non mi pesi lasciare otto persone di cui nessuna in grado di
lavorare? Ma Colui per il quale accetto di soffrire mi dà la forza e
sostiene il mio spirito, e sono certo che non mi abbandonerà fino
all’ultimo respiro, se Gli sarò fedele. Tutti dovremo rendere conto di
come abbiamo vissuto su questa terra…
Accetto la purificazione attraverso le
sofferenze che Lei mi infliggerà. Le accetterò con amore perché so di
averle meritate. Voi ci considerate nemici perché crediamo in Dio, e noi
vi consideriamo nemici perché non credete in Dio. Ma se guardiamo più a
fondo e cristianamente, voi non siete i nostri nemici ma i nostri
salvatori: ci spingete a viva forza nel Regno dei cieli e noi non lo
vogliamo capire: come buoi testardi cerchiamo di scansare le sofferenze;
è stato Dio, infatti, a darci un governo che ci purifica, mentre
eravamo così schizzinosi… Non così dovevamo vivere, secondo il volere di
Cristo. Mille volte no, per questo bisogna frustarci, ancora e ancora,
perché ci convertiamo. Dato che non siamo capaci di farlo da soli… il
Signore ha fatto in modo che voi ci spingeste a forza nel Regno della
gloria. Per questo non posso che ringraziarvi».
Il 5 luglio 1940 lo arrestano; il 2
settembre la Seduta Speciale dell’Nkvd lo condanna a 8 anni di prigione,
dove morirà il 17 maggio 1943, pochi giorni prima del suo quarantesimo
compleanno.