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sabato 17 marzo 2012

Fabiola e san Basilio,

Fabiola e san Basilio, gli ospedali sono un’invenzione cristiana

“La carità non avrà mai fine”: così l’Apostolo Paolo nella prima Lettera ai Corinzi ricorda a quei cristiani l’essenzialità della loro fede che deve riassumersi nella carità che “tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. Da lì a poco, questa prassi caritativa, espressione evidente della nuova mentalità portata da Cristo e dalla Chiesa cattolica, finì col diversificarsi e moltiplicarsi grazie ad una lunga serie di uomini e donne che dedicarono la loro vita all’amore di Dio e del prossimo, arrivando a fondare veri e propri ospedali.
In un mondo pagano dove la figura della donna non era tenuta in alcun conto, l’apparizione di molte donne cristiane, magari vedove, che si dedicavano alla carità dovette apparire come un incredibile segno di provocazione. Come dire: coloro che più di tutti necessitavano di protezione, finivano con il porsi al servizio di altri bisognosi! Così i primi secoli del cristianesimo, spiega Francesco Agnoli in un capitolo del suo ultimo libro “Case di Dio, ospedali degli uomini(Fede & Cultura 2012), sono ricchi di queste figure che presso le chiese si dedicavano all’assistenza dei malati in maniera più o meno professionale. Il passo in avanti attraverso la strutturazione di una assistenza organizzata avvenne però soltanto verso la fine del quarto secolo, quando Marcella, una vedova romana, adottò la sua dimora a convento per le monache-infermiere. Qualcosa di simile ad un ospedale arrivò nel 390 a Roma, dalla felice intuizione di Fabiola: reduce da due matrimoni infelici alle spalle, dopo la sua conversione al cristianesimo dedicò il resto della sua vita alle opere di carità. Nonostante la ricchezza materiale si recava tra i poveri e gli ammalati, portandone alcuni a casa con sé e non arretrando neanche dinanzi agli aspetti più sgradevoli e ripugnanti dei mali che colpivano i suoi bisognosi di carità. Dopo aver fondato un ospedale, vi raccolse tutte le persone sofferenti trovate per le strade, prestando loro le attenzioni di una vera infermiera…
La Chiesa nella seconda metà del IV secolo agì pubblicamente nella società romana sostenendo la “fede operosa mediante la carità”, tanto da destare non solo ammirazione, ma anche comprensibili risentimenti in un contesto dominato da una religiosità vuota e formalista che non conosce alcuna tensione verso la solidarietà. A riprova di ciò si inserisce l’opera dell’imperatore Giuliano l’Apostata († 363): volendo restaurare il paganesimo, egli si ispirò ampiamente al cristianesimo prendendo come modello le sue istituzioni caritative. In una delle sue lettere (Cfr Ep. 83: J. Bidez, L’Empereur Julien) scrisse appunto che l’unico aspetto del cristianesimo che lo colpiva era l’attività caritativa della Chiesa. I «Galilei » — così egli diceva — avevano conquistato in questo modo la loro popolarità. Li si doveva emulare ed anche superare. In questo modo Giuliano per un verso aveva ben compreso la centralità della carità nella vita di questa nuova fede che lui tanto detestava ma, per converso, non ne comprendeva – e non poteva farlo in alcun modo – la gratuità. Perché la fede operosa mediante la carità affonda le sue radici nella Verità che la precede, mentre una assistenza caritativa “interessata” alla ricerca del consenso è destinata ad avvizzire come un albero privo di acqua e cure.
La storia delle istituzioni caritative della Chiesa invece ha continuato progressivamente a produrre nuove opere: basterà accennare a san Basilio che in Oriente creò un’intera cittadella della carità che fungeva da ospedale, locanda, lebbrosario, scuola di avviamento professionale, orfanotrofio. Tra gli antenati del moderno ospedale, una speciale menzione è quella che riguarda i due Hotel-Dieu in Francia: il primo venne costruito a partire dal 542 circa a Lione e  divenne il maggior ospedale della Francia, la sua posizione ad Occidente della cattedrale di Notre-Dame indica che fu una fondazione vescovile. Il secondo fu fondato un secolo dopo a Parigi dal vescovo della città.  I primi ospedali, centri di accoglienza per malati, poveri, pellegrini e stranieri, nacquero dall’iniziativa privata di matrone come Fabiola e Marcella, che mettevano a disposizione i loro palazzi, le loro ricchezze e la loro stessa vita; e da quella di vescovi, sacerdoti o religiosi che diedero vita a “case ospitali urbane”, designate di solito con nomi simili (“Domus Dei”, “Ca’ di Dio”, “God’s house” in Inghilterra, “Godshuis” nei Paesi Bassi; “Hotel-Dieu” in Francia, etc…). Pontefici come san Gregorio Magno (590-604), di fronte ad una Roma in disfacimento, in preda alle lotte tra Bizantini e Longobardi, alle carestie e alle pestilenze, fondò e aiutò ospedali, liberò i prigionieri, assegnò pensioni a indigenti e provvide a rifornire Roma e molte località di generi di prima necessità, inventando una vasta farmacopea. Una storia che ancora oggi non conosce fine, perché nuovi bisogni travagliano gli uomini e nuove istituzioni sorgono nel mondo cristiano per trovare delle soluzioni concrete. “La carità non avrà mai fine”…

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