5 marzo, 2012
Esiste oggi una forma di animalismo
sfrenato che è davvero deleteria. Non si parla certo di chi difende e
protegge gli animali dalla inutile violenza, cosa di grande valore e
sensibilità, ma l’accusa è verso quella forma di fanatismo che
diventa un vero accanimento verso l’uomo, ritenuto “cancro del pianeta”, un
ritorno al panteismo o alla devozione di una Terra Madre
(Gea). Ovviamente la componente laicista della società
ne approfitta per diffondere il riduzionismo dell’uomo all’animale, si veda
ad esempio il pensiero di Singer, Dawkins, Zapatero, Hack, Veronesi. Proprio
quest’ultimo ha parlato qualche giorno fa di scimmie come «nostri
fratelli e sorelle». Il loro scopo è sempre lo stesso: denigrare
la Creatura per negare il Creatore. Contro questo isterico
eco-animalismo si è scagliato di recente il filosofo laico Fernando
Savater.
E’ evidente che oggi,
purtroppo, difendere l’eccezionalità dell’uomo viene oggi
visto come una discriminazione diretta degli animali, un
preludio per una loro discriminazione. Ma questa è una deduzione
folle e completamente ingiustificata: esistono tantissimi
cattolici vegani, vegetariani e ambientalisti e con maggiore
sensibilità di altri circa le sorti del Creato. Cattolici che si battono per interrompere le crudeltà verso i
suini e cattolici che propongono l’ambientalismo blu, altri invece che
preferiscono usare il loro tempo per assistere gli uomini, i bambini, gli
anziani e gli ammalati. Ognuno fa il suo, senza nessuno fondamentalismo,
senza voler paragonare l’uomo all’animale (anzi, solo certi
animali, quelli più teneri) o estendere loro i diritti
umani. Questa è pura antropomorfizzazione.
In proposito, il filosofo Tommaso
Scandroglio ha ottimamente commentato una recente vicenda
giudiziaria tra alcune orche e i proprietari di tre grandi
parchi acquatici americani. Gli avvocati di Peta (People for Etichal
Treatment of Animals) hanno trascinato in giudizio questi ultimi
perché le orche sono ridotte in schiavitù dato che sono
state tolte dal loro ambiente naturale, sono costrette a nuotare in piccole
vasche e obbligate – come se fossero lavori forzati – ad esibirsi
per il divertimento di noi uomini. Questo cozzerebbe con il 13° emendamento
della Costituzione americana che vieta la schiavitù e i lavori forzati. Le
orche, dicono, non devono essere lese nella loro libertà “personale”,
ma devono far ritorno nell’Oceano. I giudici hanno tuttavia respinto
la richiesta stabilendo che l’emendamento si applica solo agli
esseri umani: «Nella storica frase “We the people…” (“Noi, il popolo…”)
nessuno alludeva alle orche». Attenzione: certamente ci sono
situazioni in cui in questi parchi acquatici gli animali vengono
maltrattati, e quindi è opportuno vigilare come fanno questi
attivisti, ma è la strategia usata ad essere assurda,
proprio in quanto si è tentato di difendere gli animali paragonandoli
agli uomini.
Il filosofo ha fatto
alcune considerazioni molto interessanti da cui abbiamo preso spunto
per smontare questa ideologia fanta-ecologista disumana, nel
vero senso della parola.
1) PERCHE’ SOLO ALCUNI
ANIMALI? PERCHE’ NON LE PIANTE? “Le orche hanno dei
diritti”, dicono. E’ possibile essere d’accordo, ma a patto che per
non discriminare nessuno dovremmo riconoscere dei diritti non solo
ai tenerissimi panda, ma anche a
pulci, zecche, pidocchi, ragni, piccioni, topi, scarafaggi, formiche, mosche,
zanzare ecc. Ma anche i batteri appartengono al regno
animali, dunque se l’animale vale quanto l’uomo dovremmo smettere di curarci
l’influenza o l’HIV? Bisognerebbe che questi militanti smettessero anche di
girare a piedi o in auto per le loro battaglie, dato che ogni loro
movimento comporta il massacro di milioni di animali (sotto
le scarpe, sul parabrezza ecc.). E perché poi discriminare le piante?
Questi fanatici, aggressivi verso chi non è vegetariano, fanno scorpacciata
di vegetali, anche se è dimostrato che vi sia in essi attività neurologica e,
addirittura, gli ortaggi comunicherebbero tra loro lanciandosi richieste
di aiuto. Magari quando scorgono in lontananza Michela
Brambilla o Margherita Hack? Il diritto delle
piante dove va a finire?
2) ESTENDERE
LORO ANCHE DIRITTI MINORI? Se le orche hanno diritto
alla libertà ciò comporta necessariamente riconoscere riconoscere
loro anche diritti minori o di pari importanza: diritto di
compravendita, di voto, alla pensione, di coniugio, etc. Tutte modalità
attraverso cui la libertà di un individuo si esprime e che quindi non
possono essere negate.
3) RICADUTE
TRAGICOMICHE? Se la sentenza americana avesse avuto esito positivo le ricadute
sarebbero state tragicomiche: obbligo di tutti i possessori
di bocce in vetro contenenti pesci rossi di sversare il
contenuto in mare o nel lago. Anche cardellini, fringuelli, pappagalli e
canarini avrebbero visto aprirsi le porte delle loro gabbiette
a motivo di questo animalesco indulto (per entrambe le specie ovviamente il
risultato sarebbe stato la morte improvvisa dato che sono animali domestici).
Da qui ovviamente il divieto perpetuo di trasmettere il cartone animato
Gatto Silvestro perché il canarino Titty dietro le sbarre avrebbe
sicuramente configurato apologia di reato. Infine il dubbio:
forse che anche l’amato cane Fido implicitamente ci chiede
di lasciarlo in mezzo ad una strada per ritornare libero allo stato
brado condizione originaria dei suoi lontani progenitori, piuttosto
che restare legato ad un guinzaglio impacchettato in un maglioncino rosso.
Però se lo facessimo saremmo di certo travolti dall’ira di
una pletore di animalisti convinti. Insomma ci troveremmo tra due
fuochi: Fido libero o ridotto in schiavitù ma non abbandonato?
Un’altra domanda: ama di più i pesci o i pappagalli chi li
tiene nell’acquario/gabbietta o chi li lascia liberi nel
loro ambiente?
4) AVERE DEI DIRITTI
COMPORTA DEI DOVERI Se vogliamo estendere agli animali i diritti destinati agli
uomini, questa stessa libertà per forza di cose comporterà delle
responsabilità. Da che mondo è mondo se io uomo uso male
della mia libertà dovrò pagarne le conseguenze: libero di andare in
giro in auto, ma se investo una persona me ne assumerò le conseguenze anche
legali. La dolce Tilly, una di queste cinque orche, in passato ha
sbranato ben due dei suoi addestratori. Nulla di scandaloso: ci sarà
pur un motivo se questi cetacei in inglese sono conosciuti con l’appellativo
di killer whales. Essendo in America però la nostra Tilly si
meriterebbe un’immensa sedia elettrica. In Italia, a
Livorno, un branco di cani ha sbranato in questi giorni un camionista, padre di
famiglia. Un cane non randagio, addomesticato e “amico
dell’uomo” ha massacrato un bimbo di 9 anni nel 2008,
nel 2009 la stessa sorte è toccata a un bimbo di un anno, pochi mesi fa un neonato è morto dopo l’aggressione
del cane dei genitori. Di fronte a tutto questo, chi invocasse la scriminante
“l’animale è innocente perché è l’istinto ad averlo
costretto ad agire così”, entrerebbe in palese contraddizione: se
è l’istinto a presiedere alle azioni degli animali, allora dobbiamo
concludere che i loro atti sono determinati da madre natura
e quindi non sono liberi, come quelli umani. Ma allora
significa che cagnolini e orche sono schiavi dell’istinto. E
dunque, che senso ha berciare tanto nel difendere i loro diritti
“umani” di libertà? Oppure vale anche il contrario: dato che si
vuole ridurre l’uomo ad un animale sociale, come la formica
o la scimmia, perché non esigiamo che il trattamento di impunità
riservato agli animali sia esteso anche agli assassini della nostra specie?
In questo periodo storico in
cui ci si batte così tanto per valorizzare le differenze
quando si parla di omosessualità, esiste una violenta oppressione verso chi
valorizza la differenza tra uomini e animali o, nel campo
umano, tra maschi e femmine. Un altro incredibile paradosso?
da: UCCR
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