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giovedì 5 luglio 2012

Chi è per la vita?

Chi è per la vita?

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di autori vari
Ci fa piacere pubblicare il testo di questo volantino ( La Chiesa e i cristiani per la vita) che abbiamo ricevuto, noi come molti (mai troppi) da Francesco Agnoli, strenuo e valoroso combattente sul fronte della vita da difendere sempre.  Ci sembra importante non abbassare la guardia, anche quando la battaglia sembra perduta, e dare la massima diffusione: vinceremo noi, perché stiamo dalla parte giusta.
    C.
 
  

La Chiesa e i cristiani per la vita

I bambini neonati, a Roma antica come in Grecia, non erano considerati persone e dunque, molto spesso, venivano uccisi, oppure venduti. Il pater familias poteva rifiutarsi di allevarli, cioè di sollevarli da terra e di riconoscerli, perché indesiderati, oppure poteva farli esporre. In questo caso i bambini potevano morire di fame e di freddo, quando non vi era qualcuno a salvarli, solitamente per farne schiavi, per avviarli alla prostituzione, talora persino per utilizzarli per arti magiche. Sappiamo di ritrovamenti, nelle fognature romane, di ammassi di ossa appartenute a neonati, abbandonati e poi buttati, appunto come residui e immondizie.
Nell’immagine sotto a sx la rupe Tarpea, a Roma: da questa rupe venivano talora gettati i bambini indesiderati per i più svariati motivi. Un esempio di questa cultura è la leggenda di Romolo e Remo: per la tradizione due bambini esposti e nutriti, prodigiosamente, invece che uccisi, da una lupa (foto a dx).
 
Il grande filosofo romano pagano Seneca riteneva l’annegamento dei bambini alla nascita un evento ordinario e ragionevole se costoro erano malformati. Tacito accusava i giudei ai quali “è proibito sopprimere uno dei figli dopo il primogenito”, ritenendola un’altra delle loro usanze “sinistre e laide”. Nell’antica Sparta, per fare un altro esempio, i neonati venivano portati davanti al padre o al consiglio degli anziani. Se perfettamente sani, di solito, venivano riconosciuti, altrimenti venivano portati sul monte Taigeto e lì lasciati morire. Platone e Aristotele erano entrambi favorevoli, in determinati casi, all’infanticidio e all’aborto.
Ma l’infanticidio non fu praticato soltanto a Roma, o in Grecia, ma in tutto il mondo antico. La leggenda del Minotauro ci ricorda i fanciulli sacrificati in ambito medio orientale (cartaginesi e fenici) al dio Moloch e Baal, mentre l’abbandono o il sacrificio agli dei di infanti è attestato tra i Celti, i Galli, gli Scandinavi, gli Egizi…
Il celebre bioeticista animalista e laico Peter Singer, consigliere dell’ex premier socialista spagnolo Zapatero in questioni etiche, docente a Princeton, sostiene con forza l’idea che l’ antica consuetudine dell’infanticidio sia da riscoprire anche oggi, insieme all’aborto legale: infatti, se è vero che solo i cristiani la respinsero con forza, argomenta Singer, vogliamo credere che essi siano stati gli unici ad aver ragione, mentre tutti gli altri popoli e religioni del passato, avrebbero avuto torto?
L’uccisione dei neonati indesiderati- scrive Singer nel suo “Ripensare la vita” -, o l’uso di lasciarli morire, è stata prassi normale in moltissime società, in tutto il corso della preistoria e della storia. La troviamo per esempio nell’antica Grecia, dove i bambini handicappati venivano esposti sui pendii delle montagne. La troviamo in tribù nomadi, come quella dei Kung del deserto del  Kalahari, dove le donne uccidono tutti i bambini nati, quando ci sia un figlio più grande non ancora in grado di camminare. L’infanticidio era prassi corrente anche su isole polinesiane come Tikopia, dove l’equilibrio tra risorse alimentari e popolazione veniva mantenuto soffocando i bambini indesiderati dopo la nascita. In Giappone, prima dell’occidentalizzazione, il ‘mabiki’, parola nata dalla prassi di sfoltire le piantine di riso per consentire a tutte quelle restanti di fiorire, ma che finì per indicare anche l’infanticidio, era ampiamente praticato non solo dai contadini, che potevano contare su modesti appezzamenti di terreno, ma anche dai benestanti”.
Con la diffusione del cristianesimo, dunque, in buona parte del mondo, aborto e infanticidio divennero culturalmente inaccettabili, e quindi fenomeni molto più rari e circoscritti; si svilupparono opere di carità e di assistenza per i bambini abbandonati e per le famiglie in difficoltà (nacquero orfanotrofi, brefotrofi, ruote degli esposti…); inoltre le legislazioni, a partire da Costantino, vietarono l’infanticidio e intervennero affinché le famiglie bisognose, aiutate dallo Stato, non ricorressero all’infanticidio o alla vendita dei loro figli per motivi economici. Nel 374 d. C. il padre di un bambino esposto poteva essere condannato alla pena capitale: incredibile ribaltamento della cultura pagana, in cui il padre era intoccabile e il figlio un oggetto!.
Ecco alcune frasi scritte dai primi cristiani:
  • Un documento molto importante del cristianesimo del II secolo, proveniente dall’Asia Minore, la Lettera a Diogneto, afferma: «I cristiani… si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati».
  • San Giustino, nella sua Apologia prima, al capitolo XXVII afferma: «A noi [cristiani], per non commettere alcuna ingiustizia o empietà, è stato insegnato che è proprio dei malvagi esporre i neonati: prima di tutto, perché vediamo che sono tutti avviati alla prostituzione, e non solo le fanciulle, ma anche i giovinetti; e, come si dice che gli antichi allevassero greggi di buoi o di capre o di pecore o di cavalli, così ora allevano anche fanciulli solo per farne un uso vergognoso».
  • Nella Didachè, un documento della Chiesa del I secolo, si legge: «Tu non ucciderai con l’aborto il frutto del tuo grembo, né farai perire il bambino già nato».
E’ importante ricordare, per comprendere questo immenso cambiamento culturale, che il cristianesimo si presenta come la religione del Dio che si è fatto Bambino.
L’attenzione verso i fanciulli ha portato la civiltà cristiana a costruire le ruote degli esposti (foto a sinistra), dove i genitori senza mezzi potevano lasciare i loro bambini, certi che sarebbero stati accolti, amati ed educati da altri, e gli orfanotrofi. La ruota vera e propria, che diverrà il metodo più diffuso per raccogliere gli esposti, risale, a quanto sembra, a Papa Innocenzo III, il protettore dell’Ospedale di Santo Spirito (1214), che la sponsorizzò come mezzo per salvare bambini gettati nel Tevere o in mezzo al letame da genitori disperati: essa veniva annessa a molti conventi e talora alle chiese e agli ospedali. Quanto agli orfanotrofi, già nel V secolo Galla Placidia, figlia dell’imperatore cattolico Teodosio, accoglieva nel suo palazzo di Ravenna bambini abbandonati nelle strade e sui sagrati delle chiese. Nello stesso periodo, a Lione, tale Giberto apriva un asilo per bambini abbandonati. Nel 787, a Milano, l’arciprete Dateo accoglieva i bambini abbandonati in una sorta di conchiglia sulla porta della chiesa, e si dedicava ad allevare, con l’aiuto di balie, bambini raccolti “per cloacas et sterquilinia fluminaque”. All’incirca negli stessi anni, nelle chiese di Tours e di Angers, “c’erano vasche di marmo destinate a ricevere bambini che venivano deposti lì dai loro genitori”. Più avanti nel tempo, a Firenze, sarebbe nato il celeberrimo Spedale degli Innocenti (nella foto a destra un particolare), che nei secoli ha salvato la vita di decine di migliaia di fanciulli e fanciulle. Tra i più importanti orfanatrofi medievali italiani si possono ricordare l’Ospedale Rodolfo Tanzi, di Parma (1202); l’Ospizio dei Trovatelli, istituito a Pisa dal monaco camaldolese Domenico Vernagalli, prima del 1218; l’Ospizio dei Bastardelli, fondato a Vicenza, nel 1233, dalla famiglia Porto; il famoso “Pio Ospedale della Pietà”, o “Santa Maria della Pietà”, ideato dal frate francescano Petruccio d’Assisi, che accorgendosi dell’aumento dei fanciulli abbandonati prima prese in affitto, con i soldi delle elemosine che raccoglieva gridando “pietà, pietà”, diciassette casette per i suoi assistiti, poi ottenne l’aiuto di donatori privati e persino del senato della Serenissima Repubblica (1346).
Dove però il cristianesimo non ha modellato profondamente la cultura, l’infanticidio è purtroppo praticato ampiamente, e, soprattutto, ritenuto accettabile dalla società: in alcuni paesi africani, in Cina, in India… In particolare, tra Cina ed India mancano oggi all’appello circa 100 milioni di bambine, uccise con l’aborto selettivo, o anche dopo la nascita.
«Prima degli anni Ottanta, alle bambine indiane veniva riempita la bocca di troppo riso, per soffocarle, oppure finivano ammazzate con grandi dosi di oppio. O anche, semplicemente, gettate via, o lasciate morire di fame. Poi è arrivata l’ecografia. Oggi è possibile fare diagnosi ecografiche persino nei villaggi ancora privi di acqua potabile o di aspirine. “Nel Punjab, Monica Das Gupta della Banca mondiale ha scoperto che le seconde e terze figlie femmine di madri ricche e istruite morivano in misura maggiore entro il quinto giorno dei loro fratelli”, racconta l’Economist. Lo scenario è apocalittico. “Così come nel corso della storia gli eufemismi sono stati usati per mascherare l’assassinio di massa, termini come ‘feticidio femminile’, ‘preferenza maschile’ e ‘selezione sessuale’ sono oggi coperture per omicidi su larga scala”, dice il dottor Puneet Bedi, consulente del governo indiano. Le chiamano “kudi-maar”, omicidii di bambine. Quando nel Punjab venne introdotta la prima macchina per l’ecografia, nel 1979, c’erano 925 femmine ogni 1.000 maschi. Nel 1991 erano scese a 875 e nel 2001 addirittura a 793. E’ in India che il fenomeno ha acquisito una dimensione in grado di oscurare il futuro stesso del continente e responsabile della scomparsa di un sesto della popolazione mondiale…» (Il Foglio, 5 marzo, 2010).
In tutto il mondo, però, l’idea del rispetto dei bambini è stata portata, soprattutto dai missionari, che hanno costruito dovunque orfanatrofi e scuole, come fece Madre Teresa.
Se la civiltà occidentale, oggi, non conosce più l’infanticidio, o quantomeno lo vitupera, rendendolo marginale, ha però visto l’introduzione in molte legislazioni, dell’aborto (anche sino al nono mese, come in alcuni stati degli Usa). I primi a legalizzare l’aborto sono stati i regimi atei e materialisti del Novecento: il comunismo sovietico di Lenin e il nazionalsocialismo di Hitler. Fino alla legalizzazione, avvenuta nel secondo dopo guerra, in moltissimi paesi dell’Occidente e del mondo (Inghilterra 1968, Usa 1973, Italia 1978…). Eppure oggi, grazie alla scienza e alla tecnica, sappiamo molto bene chi sia un feto nell’utero materno: qualcuno, non qualcosa. Non un “grumo di cellule”, da estirpare con i ferri del chirurgo, ma un figlio.

Oggi disposizione delle mamme e dei padri in difficoltà, in Italia, vi sono i Centri di Aiuto alla Vita, il Progetto Gemma, il telefono Verde SOS Vita (8008-13000) e varie altre associazioni, come Il dono (www.il-dono.org), La quercia millenaria, le Case Famiglia della Comunità Giovanni XIII ecc..
Libertà e persona (www.libertaepersona.org) è una delle oltre 100 associazioni che aderiscono alla Marcia nazionale per la Vita, che si svolgerà a Roma il 12 maggio (preceduta da un grande convegno sulla vita): www.marciaperlavita.it; tel. info@marciaperlavita.it; tel. 06-3220291/06-3233370.
 

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