«Padre,
ci saluti la irmãsiña», mi ripetono Marcos e Cleuza ogni volta che vado
via da San Paolo e torno ad Asunción. L’affetto che li unisce è
iniziato alcuni anni fa quando si sono conosciuti nella clinica San
Pampuri. Cleuza è rimasta folgorata dalla bellezza umana della
“irmãsiña”, come ama chiamarla. In verità la “irmãsiña” si chiama Sonia.
La sua storia è un miracolo che il Signore compie per tenere viva nel
mondo la bellezza della Sua misericordia, per noi e in particolare per
gli ammalati. Vive 24 ore nella clinica, la chiamiamo “angelo bianco”
(per il suo vestito). La sua storia con noi è cominciata tre anni fa.
Affinché potesse guarire da una malattia, le superiori del Carmelo, in
cui viveva come monaca di clausura, le consigliarono di tornare a vivere
con la sua famiglia. È stato in quel periodo che, per un disegno
misterioso e provvidenziale, ha conosciuto la clinica. L’impatto è stato
molto forte, fino a farle chiedere: «Signore, il mio posto è il Carmelo
o questa clinica?». Con questa domanda, una volta recuperata la salute è
ritornata in monastero, dove è stata accompagnata nella decisione. Dopo
un anno le hanno consigliato di seguire la nuova strada, verificando il
nuovo tipo di vita. Terminato l’anno, il Santo Padre la dispensò dai
voti solenni dandole il permesso definitivo di vivere nella clinica.
Alcuni mesi dopo, davanti all’arcivescovo di Asunción, durante una Santa
Messa, sorella Sonia si consacrava a Dio mettendosi al servizio dei
malati terminali. La sua giornata inizia alle 5 del mattino di fronte al
Santissimo Sacramento e termina alle 22. Tutto il suo tempo lo
condivide con i pazienti, accompagnandoli a morire con i Sacramenti.
Cura la clinica, la liturgia e l’obitorio in cui vegliamo i defunti,
insegna le verità fondamentali della fede al personale della lavanderia e
della pulizia. È disponibile e sorridente e ha una sensibilità che
affascina chiunque. Per questo Cleuza ha detto: «Se l’avessi conosciuta
prima l’avrei seguita». Tra loro è nata una grande amicizia. Alcune
settimane fa sorella Sonia è andata a trovarli a San Paolo. Per entrambi
è stato un avvenimento, come la stessa sorella ha voluto raccontare
nella lettera che riporto. Chi ha avuto la grazia di conoscerla non può
non esserne rimasto affascinato. Ci si trova di fronte a una ragazza
totalmente innamorata di Cristo.
paldo.trento@gmail.com
paldo.trento@gmail.com
Dopo aver vissuto sette giorni a casa di Marcos e Cleuza Zerbini,
sorprendo in me un cuore commosso e avvolto in una gioia indescrivibile,
tanto profonda, che mi sembra di gustare un anticipo della felicità
eterna che il Paradiso mi promette. La bellezza di quest’amicizia ha
fatto rivivere nella mia carne la stessa esperienza di Giovanni e
Andrea, grazie alla quale il cristianesimo si mette in evidenza
donandomi una passione più grande per la mia vita e per quella degli
altri. Sono stati giorni passati stando davanti al mio “io”, paragonando
senza sosta la mia debole umanità con quella di questi amici, che
vivono la loro relazione con il Mistero giocandosi nella realtà fino in
fondo.
Ciò che imparo giorno per giorno guardando e ascoltando padre Aldo,
mi si è reso più chiaro grazie all’amicizia con Marcos e Cleuza.
Guardandoli commuoversi e muoversi di fronte ai fatti ho potuto
percepire la stessa vibrazione che rende padre Aldo tanto umano, la
stessa vibrazione che li spinge a cercarsi tra loro, con padre Paolino,
per godere della compagnia che rimanda a Cristo. Ci sono compagnie che
risvegliano in te una gioia di Infinito e compiono le parole del
Vangelo: «Quando videro il Signore si riempirono di gioia». L’amicizia
di Cleuza e Marcos è così, un abbraccio pieno di umanità che tiene conto
dei dettagli più piccoli e semplici, definendosi attraverso la
coscienza che li ha afferrati: «Tutti i capelli del mio capo sono
contati».
Appena sono arrivata a San Paolo, mi stavano aspettando in aeroporto.
Siamo andati a visitare l’Associazione e abbiamo avuto un incontro con
tutti i coordinatori delle aree, gente molto semplice e con grandi
domande nel cuore. È stato un incontro molto bello perché eravamo
insieme per un unico motivo: imparare a conoscere e amare di più Cristo.
Mi hanno presentato a tutti i loro amici, a quelli dell’Associazione, a
quelli del movimento di Comunione e Liberazione. Mentre mi sentivo
profondamente abbracciata da questa compagnia, mi guardavo e desideravo
che questa preferenza, che nasce dal fatto di essere figlia di padre
Aldo, fosse per me un’opportunità per guardarmi con la tenerezza con cui
Dio e loro mi guardano, lasciandomi fare dalla Sua presenza sempre
nuova.
È davvero impressionante lo sguardo umano di Cleuza. La sua passione
per le persone, il suo desiderio profondo di rapporti con loro mi
affascina. Mi è rimasto impresso nella memoria quando, in una delle loro
visite in Paraguay, siamo stati con Marcos a guardare i pappagalli che
si trovano in uno dei cortili della parrocchia san Raffaele. In
quell’occasione qualcuno ha detto: «Che bei pappagalli!», e Cleuza ha
risposto: «A me non piacciono i pappagalli, piacciono le persone».
Questo fascino per le persone, per gli esseri umani, con tutti i loro
drammi e le loro storie, con le esigenze ed evidenze di un cuore che
batte per qualcosa di più grande, è ciò che vivendo con lei 24 ore al
giorno ho potuto capire di più. Il giorno della Colletta alimentare,
siamo andati con Marcos e Cleuza, insieme a trenta e più volontari, in
un supermercato. A un certo punto si sono avvicinate due ragazze per
registrarsi come volontarie, tutte e due con lo stesso disegno tatuato
sul braccio. Quando si sono allontanate, Cleuza mi ha detto che erano
lesbiche. Io sono rimasta meravigliata, perché era qualcosa totalmente
nuovo ai miei occhi. Più tardi, quando erano da sole, Cleuza ha chiesto a
una di loro se quella che l’accompagnava era una sua amica e lei ha
risposto: «No, è la mia innamorata». «Che bello!», ha risposto Cleuza e
poi le ha chiesto: «Tua mamma sa di questa relazione?» e lei: «No, non
gliel’ho detto perché non capirebbe». «Perché no? Chi è stata la prima
persona a cui hai raccontato che hai cominciato l’università?», ha
insistito Cleuza. «Mia mamma» ha risposto la ragazza. «E allora perché
se quello che ti sta succedendo è così certo, bello e vero non glielo
racconti e non vuoi che lo sappiano tutti? Quando ho deciso di stare con
Marcos io l’ho raccontato a tutti!». La ragazza si è commossa e le
lacrime hanno cominciato a scendere dai suoi occhi. Cleuza ha
continuato: «Quando vuoi, tutti i venerdì sono libera per ascoltare le
persone che vogliono condividere i loro problemi e le loro necessità, ti
aspetto, così continuiamo a parlare».
Cleuza ha imparato che ciò che salva è un’amicizia e non un moralismo
diabolico che elude qualsiasi possibilità di cambiamento. Cleuza mi
diceva: «L’ho invitata a continuare a parlare perché sono io la prima
che ha bisogno di imparare da ogni circostanza dell’uomo». La ragazza
non ha necessità di un richiamo, ma di una compagnia che l’aiuti, con
pazienza e nel tempo, a concentrarsi sulle ragioni ultime della vita. È
una delle tante lezioni magistrali di umanità che mi hanno sorpresa
osservandola in azione. Che bello avere questa passione per l’uomo! Una
passione che è possibile solo quando Cristo è il primo al quale
guardiamo. Una passione che nasce dalla stessa passione per Cristo.
Mentre facevamo colazione Cleuza mi diceva: «Cristo è venuto a curare il
cuore delle persone, ma queste non capiscono l’amore che Lui ha per
loro. Questo amore è chiaro, ma lo cercano da altre parti, in altre
cose. L’unico amore gratuito è quello di Cristo, che è presente dove la
gratuità e la libertà sono un’evidenza». Mi ha sorpreso anche il
silenzio che regnava al Banco alimentare dell’Associazione. La
confusione è terminata quando è cominciata la Messa a mezzanotte e
mezza. Il silenzio di Dio ha lasciato spazio a una Presenza che si
imponeva: Cristo Eucarestia.
Quindi mi chiedo: dove sta il problema? In quello che padre Aldo
ripete sempre: il termometro per verificare se siamo partiti da Cristo è
vedere come stiamo di fronte alla realtà. Per affrontare la realtà è
fondamentale una compagnia, ho bisogno di amici che mi aiutino a
giudicare ciò che mi accade. Per questo serve essere umili.
In questi giorni con Marcos e Cleuza ho capito più profondamente la
bellezza di un’amicizia definita da Cristo. Un giorno abbiamo ricevuto
una telefonata in cui raccontavano a Marcos il dolore che un nostro
amico stava vivendo. Vedere Marcos piangere per questo amico e Cleuza e
io piangere con lui, è stato sperimentare che siamo uno, piangendo lo
stesso dolore, gridando insieme la stessa domanda, siamo stati e siamo
uno. Condividere la sofferenza di un amico ci riempie di certezza nella
presenza di qualcuno di più grande che ha fatto nascere e che sostiene
questa amicizia. I miei giorni con loro sono stati un regalo bellissimo
che mi fa scoppiare di gioia e allegria. Quando sono arrivata a casa,
nella mia clinica, abbracciavo tutti con un’intensità con cui forse non
li avevo mai abbracciati. È l’incontro con Cristo che trasforma il
nostro modo di stare di fronte alla realtà, con una certezza più potente
e più intensa del fatto che il mio nome è scritto nel cielo, che sono
stata abbracciata, che sono abbracciata, perché sono frutto di un Amore
eterno che ha pietà del mio niente. Forse questo è solo l’inizio, il
meglio deve ancora venire. Ringrazio infinitamente Dio per avermi
regalato padre Aldo come padre, guida, compagnia al destino, tutti i
suoi amici e tra loro Marcos e Cleuza. Questo santo matrimonio mi aiuta a
innamorarmi di più del carisma che mi ha affascinato, un carisma che è
sorto dall’abbraccio di don Giussani a padre Aldo, un carisma che è
compagnia, amicizia, e che rende presente oggi l’abbraccio di Cristo
verso chi soffre e ha bisogno. Con padre Aldo e i suoi amici vorrei
crescere nella coscienza che «Io sono Tu che mi fai» e che, come dice il
motto della mia vita, «Sono crocifissa con Cristo, vivo io, ma non sono
io, è Cristo che vive in me».
Sorella Sonia
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