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giovedì 5 luglio 2012

Intervista ad Allan Sandage


Può essere dimostrata l'esistenza di Dio?
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Altre Ricerche
Sandage: Dovrei dire di no con lo stesso tipo di certezza che attribuiamo ad affermazioni come: “La Terra orbita attorno al Sole ad una distanza media di 93 milioni di miglia, facendo un giro completo in 365,25 giorni” o “L’informazione genetica è codificata in lunghe catene di proteine di DNA, che, nelle cellule di un particolare individuo, si replicano durante la mitosi, e nella riproduzione si uniscono col DNA di un altro individuo per produrre la somiglianza ereditaria della progenie con i loro genitori, ecc....”. [...]
Uno scienziato di fronte alla fede religiosa
Intervista ad Allan Sandage

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E’ innegabile il successo enorme della scienza nel mostrare tali fatti, che hanno un forte accento di certezza, e questo successo semplicemente non può essere ignorato. Le prove dell’esistenza di Dio sono sempre state di tipo differente – e questo è un punto cruciale che deve essere capito da quegli scienziati che accettano solamente risultati che possano essere ottenuti tramite il metodo scientifico. Per loro Dio non potrà mai essere dimostrato per questa ragione (quelli che negano Dio al principio non troveranno mai Dio con qualche forma di ragionamento circolare). La scienza illumina intensamente, ma solo una parte della realtà. Le prove classiche di Dio da parte di Anselmo e di Tommaso d’Aquino attraverso la “Teologia naturale” non danno lo stesso tipo di appagamento come le prove di affermazioni che giungono attraverso il metodo scientifico. Alla mente moderna sembrano inventate. Tuttavia furono sufficienti a Pascal per giungere finalmente alla sua certezza nell’esistenza di Dio, preparando la sua mente alla necessità di Dio, se il mondo deve avere un senso senso ultimo. Dopo questa preparazione, semplicemente ha potuto abbandonare il Dio della teologia naturale e dei filosofi e alla fine ha voluto se stesso nella fede saltando al di là dell’abisso, dal limite della ragione su questo lato del baratro. Per quelli che hanno fatto esperienza di questa strada per giungere a Dio, direi che, per loro, l’esistenza di Dio è stata dimostrata oltre ogni dubbio.

Deve per forza esserci un conflitto fra scienza e religione?
Sandage: Per me no, se è chiaro che ciascuna tratta un aspetto differente della realtà. La Bibbia non è certo un libro di scienza: uno non la studia per trovarci le intensità e le lunghezze d’onda delle linee di Balmer per l’idrogeno, nè la scienza ha a che fare con le proprietà ultime spirituali del mondo, che sono anch’esse reali. La scienza rende esplicito l’incredibile ordine naturale, le interconnessioni a molti livelli tra le leggi della fisica, le reazioni chimiche nei processi biologici della vita, ecc...... Ma la scienza può rispondere solo ad un tipo fissato di domande, che concernono il cosa, il dove e il come. Con il suo metodo, potente quanto esso sia, non risponde (e in verità non può) al perchè. Perchè c’è qualcosa invece che niente? Perchè gli elettroni hanno tutti la stessa carica e massa? Perchè il disegno che noi vediamo dappertutto è così veramente miracoloso? Perchè così tanti processi sono così profondamente interconnessi? Ma dobbiamo ammettere che quegli scienziati che vogliono vedervi un disegno, ci vedranno un disegno, mentre quelli che sono contenti in ogni parte del loro essere di vivere come riduzionisti materialisti (siccome dobbiamo tutti fare come gli scienziati nel laboratorio, che è il uogo della pratica della nostra arte) non ammetteranno mai un mistero nelle cose che vedono, sempre rinviando di volta in volta, aspettando una spiegazione riduzionista per ciò che è ancora ignoto. Ma portare questo credo riduzionista al livello più profondo e a un tempo indefinito nel futuro (e indefinito sempre rimarrà), quando “la scienza conoscerà ogni cosa”, è esso stesso un atto di fede, che nega che ci possa essere qualcosa di sconosciuto alla scienza, almeno per principio. Ma le cose dello spirito non sono cose della scienza. Non c’è bisogno di conflitti fra scienza e religione se ciascuno apprezza i propri confini e se ciascuna prende seriamente in considerazione le domande dell’altra. Il successo provato della scienza semplicemente non può essere ignorato dalla chiesa. Nè la pretesa della chiesa di spiegare il mondo al suo livello più profondo può essere ignorata. Se Dio non esistesse, la scienza dovrebbe (in reltà deve) inventare il concetto che spieghi ciò che sta scoprendo al suo nocciolo. Suona ancora vero il detto di Abelardo del 12° secolo: “La verità non può essere contraria alla verità. Le scoperte della ragione devono accordarsi con le verità della scrittura, altrimenti il Dio che ci ha date entrambe ci ha ingannati, con l’una o con l’altra”. Se non c’è Dio, niente ha senso. Il caso degli atei è basato su un inganno, che segue già dalle loro premesse iniziali, che essi vogliono fare su se stessi. E se c’è un Dio, deve essere vero sia per la scienza che per la religione. Se così non appare, allora l’ermeneutica di una (di un pastore o di uno scienziato) deve essere sbagliata. Io credo che ci sia una chiara, pesante e immediata responsabilità per la chiesa di capire e di credere nei risultati straordinari e nelle pretese della scienza: il suo successo è semplicemente troppo evidente e visibile per essere ignorato. E’ altresì incombente per gli scienziati di capire che la scienza è incapace, a causa delle limitazioni del suo metodo basato sulla sola ragione, di spiegare e capire ogni cosa della realtà. Se il mondo deve essere compreso semplicemente in un nichilismo materialista-riduzionista, non avrebbe senso. Per questo, appaiono profondi i versetti Rm 1, 19-21: “Poichè quello che di Dio si può conoscere è manifesto in loro; Iddio infatti lo ha loro manifestato. Le sue invisibili perfezioni, sin dalla creazione del mondo, appaiono chiare, se ben considerate, dalle opere sue, sia la sua eterna potenza, sia la sua divinità, cosicchè essi sono inescusabili; perchè, dopo avere conosciuto Iddio come Dio, non gli hanno dato gloria come Dio, nè gli hanno rese grazie; ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente insensata si è ottenebrata.” E più ogni scienziato spinge nel profondo il suo lavoro, più esso diventa ancora più profondo.
Le recenti scoperte astrononomiche hanno un significato teologico?
Sandage: Non direi, sebbene la scoperta dell’espansione dell’Universo con le sue conseguenze riguardanti la possibilitò che astronomi abbiano identificato l’evento della creazione mette veramente la cosmologia astronomica vicino al tipo di teologia naturale medievale che ha cercato di trovare Dio dentificando la causa prima. Gli astronomi possono aver trovato il primo effetto, ma non, quindi, necessariamente la causa prima cercata da Anselmo e Tommaso. Tuttavia ci sono giornali scientifici seri che discutono eventi molto poco dopo la creazione (dal niente?) con il Big Bang, con il quale tutti i tipi di materia che conosciamo sono stati fatti e in quali quantità. Ora si dice che la creazione della materia è capita. Le osservazioni astronomiche hanno anche suggerito che l’evento della creazione, segnalato dalla espansione dell’Universo, è accaduto solo una volta. L’espansione continuerà per sempre, l’Universo non collasserà su se stesso e perciò questo tipo di creazione non accadrà più. Ma la conoscenza della creazione non è l conoscenza del Creatore, nè qualsiasi scoperta astronomica ci dice perchè l’evento è successo. E’ veramente soprannaturale (cioè fuori dalla comprensione del naturale ordine delle cose) e, da questa definizione, un miracolo. Ma la natura di Dio non deve essere trovata dentro ciascuna parte di queste scoperte della scienza. Per questo si deve tornare alle scritture, se davvero una risposta deve essere colta dal nostro limitato intelletto umano.
Può una persona essere uno scienziato e un cristiano?
Sandage: Sì. Come ho già detto, il mondo è troppo complicato in tutte le sue parti e interconnessioni per essere dovuto solamente al caso. Sono personalmente convinto che l’esistenza della vita con tutto il suo ordine in ognuno dei suoi organismi è semplicemente messa insieme troppo bene. Ogni parte di un corpo vivente dipende da tutte le alte parti (del corpo) per potere funzionare. Come fa ogni parte a saperlo? Come ogni parte si differenzia al concepimento? Più si studia la biochimica, più diventa incredibile senza che ci sia una qualche sorta di principio organizzatore – un architetto per chi crede – un mistero che deve essere risolto (proprio come il perchè) in un qualche tempo futuro indefinito per i riduzionisti materialisti. Il caso della complicatezza e dell’ordine che permette il funzionamento di un organismo, dove il totale è più grande della somma delle parti (cioè è di un ordine superiore), diventa più stupefacente ogni anno, via via che i risultati scientifici divengono più dettagliati. A causa di ciò, molti scienziati ora sono portati alla fede dal loro lavoro. In ultima analisi, è una fede fatta più salda attraverso l’argomento del disegno. Io semplicemente ora non credo che la filosofia riduzionista, pur così necessaria per portare avanti il metodo scientifico, e, per ripetermi, il metodo che ogni scienziato deve padroneggiare e praticare con tutta la sua forza e le proprie capacità, possa spiegare ogni cosa. Essendo quindi stato forzato attraverso il percorso di Pascal e Kierkegaard nella sua necessità di avere il desiderio di arrivare al limite dell’abisso della ragione, lo scienziato può, con Anselmo, “credere per capire” quello che vede, piuttosto che “capire per credere”. Avendo voluto per se stesso la fede saltando all’altro lato, uno può lanciare, inizialmente, un piccolo filo attraverso l’abisso, tirando indietro una corda più robusta, fino a quando uno costruirà un ponte che attraversa in senso opposto il baratro che collega i lati della vita che sono la fede e la ragione. E’ quindi attraverso la fede che uno scienziato può diventare un cristiano, e rimanere uno scienziato credente secondo la forma del detto di Abelardo. Senza questa fede non c’è desiderio, e senza desiderio tutti gli argomenti per il suo bisogno guidano ancora una volta a costruire il ponte di Pascal.
Nota A

Allan Sandage si é formato presso ll'Università dell'Illinois e il California Institute of Technology, dove ha ottenuto il dottorato sotto Walter Baade.
Dal 1952 ha fatto parte dello staff degli Osservatori di Mt. Wilson e Mt. Palomar, dove iniziò, appena laureato, come assistente di Edwin P. Hubble.
Si é occupato soprattutto di cosmologia osservazionale: determinò età ed evoluzione di ammassi globulari al fine di ottenere l'età degli oggetti noti più vecchi. Ha lavorato alla calibrazione delle "candele standard" al fine di determinare le distanze delle galassie remote e ha molte volte (spesso con Gustav Tammann) corretto la valutazione della stima della costante di Hubble. Ha identificato la prima quasar, e ne ha scoperto molti altri, incluso il primo radio-quieto.          

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