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sabato 20 novembre 2021

Corbezzolo – (Arbutus unedo)



Corbezzolo – (Arbutus unedo)


Il suo nome scientifico indica la pianta, con il nome di “arbustus”, mentre Plinio il Vecchio la cita con il termine “unedo” “unum tantum edo “ = “ne mangio uno solo”, con allusione al sapore poco gustoso dei frutti. Plinio, quindi, indicò un nome col quale, più tardi , il naturalista svedese Linneo classificò la specie: "Arbutus unedo L.". “Corbezzolo” è il nome italiano della specie. L’etimologia è incerta. Secondo qualche autore germanico “corbezzolo” deriverebbe dal vocabolo germanico “kirsch bùschel “= grappolo di ciliegie, in Germania la pianta è solo coltivata ed è chiamata volgarmente “ ciliegio marino”. Ha un portamento variabile, da cespuglio ad albero ,sempreverde, con chioma densa verde carico. Il tronco è corto e densamente ramificato. I rametti sono di un colore rossastro, la corteccia è sottile, rugosa. L’altezza può variare da 1 a 8 metri. Ha una capacità particolare: a mezzogiorno, per difendersi dalla luce, sposta le sue foglie dalla posizione orizzontale a quella verticale.


Il Corbezzolo è ricordato da molti autori letterari: Pascoli, nell’ode “Al corbezzolo” riprende la vicenda di Pallante, figlio di Evandro, alleato di Enea nella guerra contro Turno, re dei Rutuli Nella visione di Pascoli, il giovinetto Pallante, ucciso in combattimento da Turno, è il primo eroe caduto per l’Italia. Nell’“Eneide” si legge che il feretro di Pallante fu intrecciato con ramoscelli di corbezzolo e rami di quercia. Il Pascoli vede nel feretro di Pallante il primo Tricolore, perché nel corbezzolo, tra le foglie, verdi, spuntano ancora i fiori bianchi quando già le bacche sono rosse. Sempre per questa caratteristica compresenza di colori sulla pianta, dopo la prima guerra mondiale (1915÷1918), in diversi “Parchi delle Rimembranze” , costruiti in quel tempo per ricordare e in questo modo commemorare i caduti in guerra, questa pianta venne annoverata tra le specie “patriottiche” e fu chiamato chiamata "Albero d'Italia".


Nel linguaggio dei fiori è simbolo dell'ospitalità. 'esclamazione "corbezzoli" , deriva dall'aver cercato una forma meno volgare dell'esclamazione "non mi rompere i corbelli".


Il miele di Corbezzolo è noto sin dall’antichità: Virgilio lo cita nelle Egloghe”; Orazio nell’ “Ars poetica “.Alcune caratteristiche lo distinguono e lo rendono pregiato: cristallizza rapidamente, allo stato liquido ha un tenace color ambra, allo stato solido il colore vira dal nocciola al grigio con toni grigio-verdi, l’odore è intenso, pungente, il sapore è dolce inizialmente poi decisamente amaro. E’ prodotto in quantità limitate perché le piante di Corbezzolo fioriscono in un periodo dell’anno in cui l’attività delle api è ridotta. Le regioni italiane che ne producono in quantità significative sono: Sardegna, Toscana, Campania (nel Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano). Si produce anche in Corsica, Grecia, Spagna, Albania. La sua ristretta area di produzione ne fa un prodotto pregiato e di alto valore commerciale.


In Fitoterapia è molto usato il Corbezzolo per il principio attivo contenuto nelle foglie, l’arbutina, un glucoside che, se ingerito, viene trasformato, dalla flora intestinale e dai batteri del tratto urinario, in idrochinone, una sostanza antibatterica e antinfiammatoria. L’ arbutina ha la proprietà di schiarire le macchie scure della pelle, perché inibisce l’azione della tirosinasi, stimolante della formazione di melanina. Le pomate contenenti arbutina, applicate sulle macchie, ne correggono l’iperpigmentazione.

Dalle foglie fresche, raccolte con i piccioli in Giugno-Agosto, si preparano infusi, decotti e tisane utilizzate per alleviare disturbi diversi, I frutti, per la presenza di vitamina C e polifenoli, hanno proprietà antiossidanti; un tempo, mangiati freschi, curavano la dissenteria. Un decotto ottenuto dalle foglie avrebbe proprietà astringenti intestinali ed antireumatiche e può essere utile per tonificare la pelle.Un decotto di radici essiccate e tagliate a pezzi curerebbe la foruncolosi; i preparati ottenuti dai fiori favoriscono la sudorazione. (è inteso che quanto riportato non è un’indicazione terapeutica, ma ha solo valore illustrativo e non è riferibile a prescrizioni mediche).

Nel linguaggio dei fiori il Corbezzolo significa “ stima” e ospitalità”. In Liguria si usava mettere un ramo di Corbezzolo sulla porta di casa quando era atteso un ospite importante. Nella tradizione popolare, il frutto, rosso fuori e giallo dentro, è simbolo di amore, ma anche di gelosia.


In Sardegna, si trova Aùstis, un paese montanaro rurale in provincia di Nuoro, situato a 750 metri e poco popolato: L’elemento che domina la varia macchia mediterranea circostante, è il Corbezzolo, che viene utilizzato annualmente nel Carnevale di questo paese. Il poeta Bonaventura Licheri, vissuto nel 1700, lo descrive così: “Sos colongaros, (coloro che si vestono da pecora) con in mano coltelli da brigante, saltano e danzano con bastoni e forconi: hanno sul viso una maschera di fronde di corbezzolo”. Nell’universo delle maschere quelle di Austis sono particolari: secondo gli studiosi di tradizioni popolari sarde, il Corbezzolo, con i bellissimi grappoli di bacche mangerecce, presenti in una stagione in cui le risorse alimentari prodotte dalla terra scarseggiano, simboleggerebbe “la fertilità che continua nel tempo“; proprio quella che il rito del Carnevale intende propiziare attraverso il culto di “Dioniso mainoles”,(Maimone), antichissima divinità agraria, che ogni anno muore e poi rinasce risvegliando la natura e propiziando piogge abbondanti e buoni raccolti. La danza rituale delle maschere, accompagnata dal ritmo sordo prodotto da ossa di animali, simboleggerebbe la vita che si rigenera e terrebbe lontano siccità, fame, carestia.


Interessante è anche la storia di una farfalla diurna, la Caraxes Jasius detta “la ninfa del Corbezzolo”, dalla livrea multicolore ed apertura alare che può raggiungere 8 cm., unico rappresentante mediterraneo di un genere diffuso nell’Africa tropicale. Le abitudini di questa farfalla sono particolari, a partire dal bruco, che si ciba solo di foglie di Corbezzolo. Le farfalle femmine dopo aver volato a lungo, depongono un uovo per volta. “Dapprima la farfalla volteggia sulla pianta; ben le si addice il nome di “ninfa”, divinità danzante dei boschi. Ma ad un tratto il suo volo si arresta; è solo la pausa di un attimo... e la danzatrice incolla su una foglia di Corbezzolo una minuscola sfera di un giallo luminoso”...è l’uovo. Dall’uovo viene alla luce un bruco dotato di piccole corna rosse, spinose; dopo essersi cibato dei resti dell’uovo si sposta su una foglia che diventa la sua “casa “; solo all’imbrunire se ne allontana, spostandosi su altre foglie di cui si nutre; poi torna sulla sua “casa foglia” seguendo la traccia invisibile di bava sericea che ha lasciato all’andata. Dopo 40 giorni il bruco, attaccato alla pagina inferiore di una foglia, sospeso nel vuoto, a testa in giù, si trasforma in crisalide, da cui, dopo 4 settimane sfarfalla l’adulto. E la storia continua….


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