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venerdì 12 novembre 2021

Sono un figlio del dubbio e della miscredenza, ma preferisco stare con Cristo che con la verità

 “Sono un figlio del dubbio e della miscredenza, ma preferisco stare con Cristo che con la verità”. 


In corpo, uno stralcio  della lettera di Fëdor Dostoevskij indirizzata a 

Natal’ja Dmitrievna Fonvizina 


 "Vi dirò di me che io sono un figlio del secolo, sono un figlio del dubbio e della miscredenza, fino a oggi e (lo so) finché campo. Questa sete di fede mi è costata e mi costa spaventose sofferenze, ed essa cresce nel mio animo tanto più forte quanto più in me albergano conclusioni opposte. E tuttavia, Dio mi concede a volte degli attimi in cui sono assolutamente in pace; in quei momenti amo e vedo che sono amato dagli altri, e in quei momenti ripongo in me il simbolo della fede nel quale per me è tutto limpido e santo. Questo simbolo è molto semplice, ed è questo: credere che non ci sia niente di più bello, profondo, disponibile, sensato, coraggioso e perfetto di Cristo e non solo non c’è, ma mi dico con amore geloso, che nemmeno può esistere. Inoltre, se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è  al di fuori della verità, e davvero la verità si trovasse fuori di Cristo, preferirei comunque rimanere con Cristo piuttosto che con la verità.


È meglio però smettere di parlarne. Non so peraltro perché alcuni oggetti di discussione siano completamente banditi dalla società, e se mai se ne parlasse, davvero urterebbero qualcuno? Ma andiamo oltre. Ho sentito dire che volete andare al sud? Che Dio vi conceda di ottenere il permesso. Quando, quando, ditemelo per piacere, saremo liberi, almeno, come lo sono tutti gli altri? Non è che avverrà quando la libertà non servirà più? Per quanto mi riguarda, mi auguro il meglio oppure niente. Nel cappotto da soldato resto imprigionato come lo ero prima. E come sono contento di trovare nella mia anima pazienza a sufficienza da non desiderare i beni terreni e di aver bisogno soltanto dei libri, della possibilità di scrivere e di restare per qualche ora al giorno da solo. Quest’ultima cosa mi preoccupa molto. Presto saranno cinque anni che vivo sotto sorveglianza o in mezzo alla gente, senza trascorrere un’ora da solo. Stare da soli è un bisogno normale, come bere e mangiare, altrimenti in questo comunitarismo forzato diventi un misantropo. La compagnia delle persone diventa veleno e contagio ed è questa insopportabile sofferenza la cosa che ho sopportato di più in questi quattro anni. Ci sono stati momenti in cui odiavo chiunque incontrassi, il giusto e il colpevole, e li guardavo come fossero ladri che mi avevano rubato la vita impunemente. La disgrazia più insopportabile è quando diventi tu stesso ingiusto, malvagio, disgustoso, te ne rendi conto, e te lo rimproveri pure – ma non riesci ad avere la meglio su te stesso. L’ho provato. Sono sicuro che Dio Vi abbia salvato da questo. Penso che Voi, in quanto donna, abbiate decisamente più forza per sopportare e perdonare."

Fëdor Dostoevskij 

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