La terra e la morte
Tu sei come una terra che nessuno ha mai detto. Tu non attendi nulla se non la parola che sgorgherà dal fondo come un frutto tra i rami. C'è un vento che ti giunge. Cose secche e rimorte t'ingombrano e vanno nel vento Membra e parole antiche. Tu tremi nell'estate
Cesare Pavese
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Postato da: giacabi a 15:19 |
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pavese
Il senso religioso
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Lo steddazzu
L’uomo solo si leva che il mare è ancor buio e le stelle vacillano. Un tepore di fiato sale su dalla riva, dov’è il letto del mare, e addolcisce il respiro. Quest’è l’ora in cui nulla può accadere. Perfino la pipa tra i denti pende spenta. Notturno è il sommesso sciacquìo. L’uomo solo ha già acceso un gran fuoco di rami e lo guarda arrossare il terreno. Anche il mare tra non molto sarà come il fuoco, avvampante. Non c’è cosa più amara che l’alba di un giorno in cui nulla accadrà. Non c’è cosa più amara che l’inutilità. Pende stanca nel cielo una stella verdognola, sorpresa dall’alba. Vede il mare ancor buio e la macchia di fuoco a cui l’uomo, per fare qualcosa, si scalda; vede, e cade dal sonno tra le fosche montagne dov’è un letto di neve. La lentezza dell’ora è spietata, per chi non aspetta più nulla.
Val la pena che il sole si levi dal mare
e la lunga giornata cominci? Domani tornerà l’alba tiepida con la diafana luce e sarà come ieri e mai nulla accadrà. L’uomo solo vorrebbe soltanto dormire. Quando l’ultima stella si spegne nel cielo, l’uomo adagio prepara la pipa e l’accende. 9 –12 gennaio 1936
C. Pavese
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Postato da: giacabi a 14:56 |
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pavese, senso religioso
Chi ringraziare?
20 di Novembre del 1949:
“…Hai anche ottenuto il dono della fecondità. Sei signore di te, del tuo destino. Sei celebre come chi non cerca d’esserlo. Eppure tutto ciò finirà. Questa tua profonda gioia, questa ardente sazietà, è fatta di cose che non hai calcolato. Ti è data. Chi, chi ringraziare? Chi bestemmiare il giorno che tutto svanirà?”
C. Pavese (Il mestiere di vivere).
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Postato da: giacabi a 14:40 |
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pavese, senso religioso
O Cristo,tu solo sei la nostra Speranza
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23 marzo 1950
“Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla”
17 agosto1950
“E’ la prima volta che faccio il consuntivo di un anno non ancor finito. Nel mio mestiere dunque sono re. In dieci anni ho fatto tutto. Se penso alle esitazioni di allora. Nella
mia vita sono più disperato e perduto di allora. Che cosa ho messo
insieme? Niente. Ho ignorato per qualche anno le mie tare, ho vissuto
come se non esistessero. Sono stato stoico. Era eroismo?
No, non ho fatto fatica. E poi, al primo assalto dell’ “inquietudine
angosciosa” [cioè di Constance Dowling, l’ultima amata], sono ricaduto
nella sabbia mobile. Da marzo mi ci dibatto. Non importano i nomi. Sono
altro che nomi di fortuna, nomi casuali – se non quelli, altri? Resta
che ora so qual è il mio più alto trionfo – e a questo trionfo manca la carne, manca il sangue, manca la vita. Non ho più nulla da desiderare su questa terra,
tranne quella cosa che quindici anni di fallimenti ormai escludono.
Questo il consuntivo dell’anno non finito, che non finirò.
*llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
18 agosto 1950, l’ultima pagina del suo diario
“ Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più”.
«Scrivo: o Tu, abbi pietà. E poi?»
C. Pavese Il mestiere di vivere,
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Postato da: giacabi a 14:39 |
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pavese, gesù
Vivere è cominciare
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23 novembre 1937 «L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso - prigione, malattia, abitudine, stupidità - si vorrebbe morire [Iniziare o morire]. È per questo che quando una situazione dolorosa si riproduce identica - appaia identica - nulla ne vince l’orrore».
Pavese Da Il mestiere di vivere
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Postato da: giacabi a 22:11 |
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pavese
Se davvero fosse vero…
29 gennaio 1944
Ci si umilia nel chiedere una grazia e si scopre l’intima dolcezza del regno di Dio. Quasi si dimentica ciò che si chiedeva: si vorrebbe soltanto goder sempre quello sgorgo di divinità. È questa senza dubbio la mia strada per giungere alla fede, il mio modo di essere fedele. Una rinuncia a tutto, una sommersione in un mare di amore, un mancamento al barlume di questa possibilità. Forse è tutto qui: in questo tremito del “se fosse vero!” Se davvero fosse vero…
C. Pavese Da Il mestiere di vivere
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Postato da: giacabi a 15:05 |
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pavese, senso religioso
Il senso religioso
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Ma
la vita dell'uomo si svolge laggiù fra le case, nei campi. Davanti al
fuoco e in un letto. E ogni giorno che spunta ti mette davanti la stessa
fatica e le stesse mancanze. E' un fastidio alla fine, Melete. C'è una burrasca che rinnova le campagne - né
morte né i grossi dolori scoraggiano. Ma la fatica interminabile, lo
sforzo per star vivi d'ora in ora, la notizia del male degli altri, del
male meschino, fastidioso come mosche d'estate - quest'è il vivere che
taglia le gambe.
Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò |
Postato da: giacabi a 08:46 |
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pavese, senso religioso
La solitudine
Chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete.
Tutto il problema della vita è dunque questo: come rompere la propria solitudine,come comunicare con gli altri.
Cesare Pavese, Il mestiere di vivere |
Postato da: giacabi a 21:02 |
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solitudine, pavese
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Il desiderio mi brucia, il desiderio di cose belle
che ho viste e non vissute. Il desiderio mi brucia ed impera ardente e solo nel mio cuore e nel mio cervello. Desidero tante cose che ho visto in trasparenza di musica fiori e profumi, di luci e di brusii strani che avvicinano l'anima alla poesia. Che è questa voce? E' il mio violino che canta e questa vertigine insolita? E' quella che provo quando La vedo. Cesare Pavese, Poesie |
Postato da: giacabi a 15:24 |
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desiderio, pavese
Rapporti “usuali”
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Ma
giorno per giorno mi convinco di questo. Bada bene: tutti lo cercano
uno che scrive, tutti gli vogliono parlare, tutti vogliono poter dire
domani «so come sei fatto» e servirsene, ma nessuno gli fa credito di un giorno di simpatia totale, da uomo a uomo. Si direbbe che han sempre paura di trattare con chi è stato o sarà, non con chi è ..."
Cesare Pavese
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Postato da: giacabi a 21:23 |
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pavese
La solitudine
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La
massima sventura è la solitudine, tant'è vero che il supremo conforto -
la religione - consiste nel trovare una compagnia che non svanisce,
Dio. La preghiera è lo sfogo come con un amico.
L'opera equivale alla preghiera perché mette idealmente a contatto con chi ne usufruirà. Tutto il problema della vita è dunque questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con gli altri. Così si spiega la consistenza del matrimonio, della paternità, delle amicizie. Perché poi qui stia la felicità, mah! Perché si debba star meglio comunicando con un altro che non stando soli, è strano.
Forse
è solo un'illusione: si sta benissimo soli la maggior parte del tempo.
Piace di tanto in tanto avere un otre in cui versarsi e poi bervi se
stessi: dato che dagli altri chiediamo ciò che abbiamo già in noi. Mistero perché non ci basti scrutare e bere in noi e ci occorra riavere noi dagli altri. (Il
sesso è un incidente: ciò che ne riceviamo è momentaneo e casuale; noi
miriamo a qualcosa di più riposto e misterioso di cui il sesso è solo un
segno, un simbolo).
C. Pavese IL MESTIERE DI VIVERE
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Postato da: giacabi a 21:39 |
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solitudine, pavese
Il Significato
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Idiota e lurido Kant,
se Dio non c'è tutto è permesso. Solo la carità è rispettabile. Cristo e Dostojevski, tutto il resto sono balle.
Cesare Pavese da "il mestiere di vivere"
Diario 1935-1950
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Postato da: giacabi a 06:28 |
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dio, pavese, gesù
In nessun luogo trovo più una pietra
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Insaziabile anima
che mi trascini sempre più lontano
e ogni passo è una nausea più grande.
Ho cercato la pace di me stesso
accordando il mio cuore
col ritmo cieco delle cose mute.
Mi son dissolto nella forza vergine
del vento delle cime,
ma dopo il rapido oblio
mi son sentita l'anima ululare
e dibattersi ancora,
raffica ansiosa e anelante in eterno.
(...)
Sono tanto stremato.
Dal primo giorno ardente
che ho levata la fronte
a cercare me stesso,
in nessun luogo più
ho trovata una pietra
dove posare il capo.
Cesare Pavese
Da: in Prima di “Lavorare stanca" 1923-1930
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Postato da: giacabi a 15:15 |
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pavese, senso religioso
CRlSTO NOSTRA SPERANZA
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Postato da: giacabi a 08:40 |
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pavese
Il senso religioso
*** Ho cercato me stesso. Non si cerca che questo.
C. Pavese Dialoghi con Leucò
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Postato da: giacabi a 05:43 |
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pavese, senso religioso
Il senso religioso
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"
Nel mio mestiere sono dunque re. In dieci anni ho fatto tutto. Se penso
alle esitazioni di allora. Nella mia vita sono più disperato e perduto
di allora. Che cosa ho messo insieme? Niente. Non ho più nulla da desiderare su questa terrà, tranne quella cosa che quindici anni di fallimenti ormai escludono... Scrivo: o Tu, abbi pietà. E poi?”
Cesare Pavese (1908-1950). Il mestiere di vivere
Con questo grido di invocazione disperata si chiude il Diario e la vita di Cesare Pavese, morto suicida a 42 anni, nel pieno successo letterario |
Postato da: giacabi a 06:27 |
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pavese, senso religioso
Il senso religioso
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" «Di qui potrebbe dedursi che il mondo, la vita in generale si valorizzano unicamente avendo l'animo a un 'altra realtà, oltremondana. Diciamo, avendo l'animo a Dio. Possibile?»
(C. Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi, Torino 1973, p. 273).
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Postato da: giacabi a 11:59 |
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pavese, senso religioso
IL GRANDE, PAVESE!
Ad un passo da Cristo
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“Tu sei solo, e lo sai. Tu sei nato per vivere sotto le ali di un altro. Non basti da solo e lo sai: un altro di carne e di sangue - una donna, un'amicizia vera - qualcuno (magari Qualcuno). Con cui salire sulle colline e andare oltre e infine, restare.”
C. Pavese, Il mestiere di vivere; diario dal 1935 al 1950
a P.
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Postato da: giacabi a 13:14 |
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pavese, senso religioso
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«annata
strana, ricca. Cominciata e finita con Dio, con meditazioni assidue sul
primitivo e selvaggio, ha visto qualche creazione notevole. Potrebbe
essere la più importante annata che hai vissuto. Se perseveri in Dio,
certo».
Pavese 1944
“O Tu, abbi pietà”.
un’invocazione di Pavese scritta pochi giorni prima del suo suicidio.
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Postato da: giacabi a 22:07 |
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pavese, senso religioso
SEGNO DEL MISTERO
La
massima sventura è la solitudine, tant'è vero che il supremo conforto
-la religione - consiste nel trovare una compagnia che non svanisce,
Dio. La preghiera è lo sfogo come con un amico.
L'opera equivale alla preghiera perché mette idealmente a contatto con chi ne usufruirà.
Tutto il problema della vita è dunque questo: come rompere la propria
solitudine, come comunicare con gli altri. Così si spiega la consistenza
del matrimonio, della paternità, delle amicizie. Perché poi qui stia la
felicità, mah! Perché si debba star meglio comunicando con un altro che
non stando soli, è strano.
Forse
è solo un'illusione: si sta benissimo soli la maggior parte del tempo.
Piace di tanto in tanto avere un otre in cui versarsi e poi bervi se
stessi: dato che dagli altri chiediamo ciò che abbiamo già in noi. Mistero perché non ci basti scrutare e bere in noi e ci occorra riavere noi dagli altri. (il sesso è un incidente: ciò che ne riceviamo è momentaneo e casuale; noi miriamo a qualcosa di più riposto e misterioso di cui il sesso è solo un segno, un simbolo).
C. Pavese da: il mestiere di vivere
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