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Il venerabile Matteo Talbot
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Ex alcolizzato cronico
Da: http://www.preghiereagesuemaria.it/bambini/strade%20nuove%20con%20la%20mamma.htm
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Dublino, inizio della seconda metà del secolo XIX. La famiglia Talbot, dal padre ai figli, era «consacrata» a bere. Il
padre, Charles Talbot, 33-enne, basso di statura, gran lavoratore del
porto, beveva molto, almeno nel fine-settimana, meglio ancora tutti i
giorni.
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I
figli, 12, nei primi vent'anni di matrimonio di Charles con Elizabeth
Bagnall, quelli che riuscirono a crescere e a farsi adulti, furono gran
lavoratori, ed insieme bevitori potenti, implacabili.
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Solo John e la madre facevano eccezione. La
mamma, Elisabeth, era una donna meravigliosa, fervente cristiana,
capace di sacrificarsi come una martire antica, ricca dell'indomabile
forza che è la preghiera.
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Da quella famiglia, meglio sarebbe dire: dà quella tribù irlandese, nacque il sabato 3 maggio 1856 Matteo Talbot. Nella sua famiglia poté trovare quel che abbiamo detto: povertà, lavoro, vino, ubriacature solenni... e la fede della madre.
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Un loro conoscente diceva:
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«Questionavano sempre. Al sabato, quando avevano strabevuto, era un cozzare di contrasti». Una famiglia di spugne assorbenti vino e poi ancora vino.
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Bacco dominava incontrastato. Schiavo del bicchiere
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Andare
a scuola non era obbligato. Le scuole nazionali erano anticattoliche.
Perciò molti cattolici non mandavano a scuola i loro rampolli.
Esistevano però della scuolette per ragazzi poveri.
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Matteo
- detto Matt, familiarmente - crebbe libero e vagabondo fino a undici
anni. Il 6 maggio 1867 fu mandato a scuola: vi imparò a leggere e a
scrivere, un po' di grammatica e di aritmetica, ebbe istruzione
religiosa e fu preparato a ricevere i sacramenti.
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Cominciata la scuola a maggio, Matt imparò la prima poesia: era dedicata alla Madonna e diceva così:
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O
Madre di bontà, di giorno in giorno di più col cuore mio ti voglio
amare, tu spargi i doni tutto a me dintorno come la sabbia in riva al
nostro mar. Anche se povertà, fatiche, affanni faran pesar la vita su di
me, chi non lo sa che fra i peggiori danni il buio è la luce per chi
ama Te?
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Matt
cantava con amore gli inni della Madonna, specialmente quando i
ragazzini si radunavano insieme al suono dell'Angelus a mezzogiorno. La
mamma gli aveva insegnato ad amare Maria. Ma nel resto non si impegnava.
Il maestro, sul registro, scrisse una nota triste: «A Mitcher» cioè
«poltrone».
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Cresciuto libero e selvaggio fino a undici anni, preferiva marinare la scuola. C'era più gusto. Là dentro, in fondo, era una prigione.
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L'anno dopo fu mandato a lavorare, piccolo incauto dodicenne. Il padre lo impiegò in un magazzino di vini e di birra. Dopo poco tempo, Matt sentiva una voglia pazzesca di bere. E cominciò a bere allegramente.
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A 16 anni, Matt era un alcoolizzato cronico che non si interessava più di nulla, né di feste, né di giochi o balli: solo il bere era per lui interessante.
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Lavorava senza risparmiarsi. Guadagnava discretamente, ma «beveva» quasi tutto. Anzi faceva debiti per bere. Vendette persino scarpe e camicia, pur di avere soldi per bere.
Tuttavia aveva ancora un certo senso della dignità personale: non era
volgare, era ancora affettuoso e delicato con mamma e sorelle.
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A suo modo, continuava ad essere devoto del
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La
mamma però non disperava di recuperare quel ragazzo. La gente del luogo
diceva: «Povero Matt, va diritto al diavolo». La mamma gli sbarrava la
strada con una siepe di Rosari, sempre più spessa.
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Eppure Matt fu un ubriacone fino a 28 anni. Un sabato del 1884 non aveva avuto lavoro quella settimana.
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Era senza soldi: Sperava che gli amici lo invitassero a bere. Il bar era di fronte a lui, seducente. Ma nessuno dei suoi amici si fermò per farlo bere. Lo deridevano allegramente: «Toh, vedilo, l'ubriaco, oggi a bocca asciutta! ».
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Matt
andò barcollante fino al parapetto del ponte sul fiume. Provava
vergogna di se stesso. Guardò un po' l'acqua che scorreva: veloce e
scura del fiume Liffey. Tentato suicidio? Nessuno può dirlo... Si
allontanò dal fiume e andò a casa, facendo gesti da rivoluzionario. Era
ora di finirla con quella vita disumana. Si sarebbe tolto a viva forza,
ce l'avrebbe fatta sarebbe riuscito ad essere un uomo normale.
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Giunto
a casa, la mamma rimase stupitissima: per la prima volta non era
ubriaco: «Già qui, ragazzo mio?» gli disse. «Sì, mamma» - rispose.
Rimase in casa anche dopo pranzo, poi disse alla madre: «Vado a fare voto di non bere più».
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Si recò da Padre Keane, docente del seminario di Dublino. Si confessò e chiese di fare il voto. Lo fece per tre mesi, come prova. La domenica successiva, Matt andò a Messa e fece, dopo tanti anni,
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Potevano sembrare parole. Come resistere alla voglia di bere?
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La
mattina dopo, il lunedì, era alla Messa delle cinque, per essere sul
lavoro alle sei. Da allora fece sempre così, tutti i giorni. Dopo
il lavoro, per fuggire le cattive compagnie, andava in una chiesa
lontana, a pregare fino all'ora di tornare a casa prima di notte.
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La sorella Susanna diceva: «Matt è diventato un altro! ».
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La
mamma, trasecolata di gioia, continuava a dire Rosari, perché Maria lo
sostenesse in quella lotta senza quartiere contro l'alcool e la
bestialità. Matt conserverà sempre il ricordo vivissimo che la sua conversione era dovuta ai Rosari sgranati da sua madre, e che era avvenuta di sabato dedicato alla Madonna.
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Maria,
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Una vita completamente diversa
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Ora
era un convertito. D'accordo, ma quanta voglia di bere aveva ancora in
corpo! Una voglia strana da strozzarlo. Eppure resisteva con una forza
di volontà da far paura. Non si sentiva solo in quella lotta impari.
Quando provava « sete », fuggiva dai bar come dalla peste, correva
verso la chiesa, vi entrava, andava a mettersi ai piedi del Crocifisso,
pregava: «O Maria, mia buona mamma... ».
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I
suoi compagni di bevute erano stupiti. Matt era diventato un altro, non
solo perché non beveva più, ma perché voleva liberare gli amici dal
vizio dell'alcool. Un giorno un amico, Pat Doyle, andò a cercarlo per
portarlo al bar. Rifiutò e lo accompagnò, quasi furiosamente, presso una
chiesa e lo affidò ad un sacerdote.
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Pat si confessò di tutto il suo brutto passato, poi scappò via veloce. Anche lui aveva fatto voto di non bere piu!
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Da
parte sua, Matt capiva che ora doveva costruire la sua vita in modo
completamente nuovo. La sua istruzione era molto elementare, sapeva
lavorare duro, era irascibile, insomma sembrava un «masso di pietra»
grezzo e spigoloso, ancora tutto da scolpire. Come avrebbe fatto a
«sgrossarsi»?
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Come prima e più di prima, continuò a lavorare in modo deciso e costante, senza risparmiarsi. Poi riempì
le sue giornate di letture spirituali, per istruirsi a fondo nella
fede, di preghiera quasi ininterrotta, di penitenza, come un antico
eremita. Il cuore, con il passare del tempo, gli ardeva di un amore
fortissimo al Cristo e a Sua Madre. Questo amore lo trasformava dentro e
fuori.
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Dal maggio del 1884 aveva un lavoro fisso, a cui fu così fedele da meritarsi il titolo del «migliore lavoratore di Dublino». La sua giornata, piena di lavoro, si apriva alle 5, prima dello spuntare del sole, con
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Il
sabato pomeriggio e la domenica, libero dal lavoro, li trascorreva
inginocchiato, davanti al tabernacolo, in lunghe, interminabili ore di
preghiera eucaristica. A
volte, nei primi tempi, la sua voglia di bere ruggiva in petto. Fu
tentato fortemente di rompere il voto, ma resistette, ed allora rinnovò
il voto per altri sei mesi, poi per un anno, infine per tutta la vita.
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La
mamma, felice perché quel suo figlio «che era morto, ora era tornato in
vita», lo sosteneva a resistere e lo affidava continuamente alla
Madonna.
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Dopo
la sua conversione, andò ad abitare in una stanza da solo, vicino alla
sorella Maria. La buona sorella testimonierà un giorno che Matt dormiva su un tavolaccio con ún tronco per guanciale.
E che pregava sempre, quando era in casa. Voleva essere povero come
Gesù. Nella stanza poverissima, non c'era che un letto di ferro, un
tavolo, una sedia, un Crocifisso. Si disfece di tutto. Si privò anche del fumo, oltre che del vino e della birra: e questo per lo stomaco di ex-alcoolizzato è un vero prodigio.
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Dentro
di lui cresceva l'amore verso il Cristo ed è questo che conta. Si
mortificava per amare di più, per essere più libero per il suo Dio, per
rassomigliare di più al suo Signore Crocifisso.
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Penitenza
per liberarsi dal vino e da ogni legame con il negativo o il
superfluo. Un tempo ebbro di vino, ora «ebbro di Dio», per il quale
incatenava il suo corpo e trovava la libertà più vera. A noi non è
chiesto di imitare la sua mortificazione se questa non è la nostra
vocazione, ma a tutti è dato di imitare il suo amore al Cristo e la sua
devozione filiale alla Madonna Santissima.
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E Matt visse così per anni, passando di luce in luce...
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Burlone e amico di tutti
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Severo con se stesso, si scioglieva in tenerezza con gli altri. Tra i suoi compagni
di lavoro, non solo era gentile, pronto sempre ad aiutare chiunque in
qualsiasi difficoltà, ma aveva sempre la barzelletta pronta, la battuta
allegra per incoraggiare o sbloccare una situazione difficile e aspra.
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Era
sempre felice, di un'intima gioia. Parlava con schiettezza, teneva
fede, e pretendeva che lo facessero con lui, alla parola data. Prestava
denaro, voleva che gli fosse restituito... per poterlo donare con
generosità, perché lui era fin troppo ricco di Dio!
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Nel
1909 cambiò lavoro e passò presso i Martin, commercianti di legnami da
costruzione, perché con il loro orario aveva più tempo per leggere,
pregare, vivere la sua unione con Dio. Era
diventato popolarissimo tra gli altri lavoratori che, benché rudi, lo
stimavano per la sua laboriosità, il buono umore, la vita santa che
conduceva.
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Alla
sera, quando il lavoro cessava, accompagnava a casa i suoi compagni di
lavoro e, durante il percorso, li invitava ad una visita in chiesa, per
pregare Gesù nell'Eucarestia, e la «sua» Regina,
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Per conto suo era un eremita; con gli altri era migliore di un fratello.
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Laico «consacrato»
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Ancora
giovane ebbe una proposta di fidanzamento. Una ragazza che lo stimava,
piuttosto ricca, gli propose il matrimonio: sarebbe stata felice con
lui. Matt volle riflettere e fece una novena alla Madonna per essere
illuminato sul suo futuro. Aveva allora solo trent'anni ed era molto
equilibrato rispetto alla vita sregolata condotta prima.
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Alla buona ragazza, disse di no: era stata
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Il
18 ottobre 1891 entrò nel Terz'Ordine di S. Francesco, prendendo il
nome di «Fra Giuseppe». Si iscrisse pure all'Associazione di Maria
Immacolata e cercava di portarvi anche altri.
Proprio presso l'associazione mariana, parlava in quegli anni il Padre
gesuita Toni Murphy sui grandi problemi della fede. Matt ne era
entusiasta e s'industriava di portare i suoi amici ad ascoltare la
parola di quel grande uomo.
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Un'attività
notevole come la sua, non poteva certo reggersi sul nulla. Gli era
necessaria una vita interiore ricchissima e insieme anche una
preparazione culturale, religiosa, cristiana, capace di attrezzarlo ad
essere un valido testimone di Cristo.
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Matt diventò per questo un formidabile ed acuto divoratore di libri.
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Leggeva assiduamente
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Lesse
altresì molti libri di spiritualità di ottimi autori e libri di
teologia, così da apparire esperto in questioni religiose. Approfondì le
questioni della società e del lavoro nel suo tempo. Molti compagni lo
consultavano e ne ricevevano risposte esaurienti. Un giorno un compagno
gli pose un problema difficile... e Matt si procurò un libro facendolo
arrivare da New York, spendendo lo stipendio di una settimana, pur di
poter rispondere con competenza.
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Appassionato dalla santità, desideroso di arrivarci, lesse numerose vite di santi, tra i quali si sentiva «a casa sua».
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Nel
mondo del lavoro, seppe essere vicino ai compagni, condividendo
problemi e fatiche. Di loro, del loro benessere, si interessava con un
senso vivissimo dell'amicizia.
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Un
giorno, uno dei direttori dell'azienda gli domandò: «Il tale è arrivato
in ritardo?». Gli rispose Matt: «Non desidero di ricevere di queste
domande!» Poi andò a cercare l'amico e gli spiegò: «Non voglio mentire
per coprirti».
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Un'altra
volta una signora vide nella tasca di Matt «un catechismo socialista
del lavoro». Lo accusò di essere marxista. Matt le rispose con parole
di fuoco e la signora capì che quell'uomo era fedelissimo alla Chiesa e
nel medesimo tempo ai lavoratori.
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Un
collega parlò con lui di uno dei proprietari chiamandolo «padrone».
Matt ribattè: «Non è il mio padrone, è solo un datore di lavoro. Io ho
soltanto un Padrone in cielo».
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Nel
1900 gli operai scioperarono, per una causa che Matt ritenne giusta. E
partecipò allo sciopero, senza ritornare al lavoro, fino a quando
pensò bene farlo. Di nuovo scioperò nel 1913. Non badava al proprio
interesse: i suoi colleghi gli misero tra le mani l'indennizzo di
sciopero, ma egli lo passò ai lavoratori più poveri.
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E nelle vertenze di lavoro andava davanti al Tabernacolo a perorare i diritti dei lavoratori.
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«Il cuor ch'elli ebbe»
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Alla
morte di due fratelli, bevitori incorreggibili, Matt pagò lui le spese
per i funerali. Un giorno, prima di convertirsi, aveva rubato il
violino ad un mendicante. Pentito, andò a ricercarlo per restituirgli
tutto. Il pover'uomo, nel frattempo, era morto e Matt fece celebrare per
lui delle Messe.
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Nel
1899 gli morì il padre. Matt andò ad abitare con la mamma che diventò
la testimone della sua profonda conversione. Quando la mamma morì, Matt
la pianse e ne suffragò l'anima con larghezza riconoscente.
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Ad
alcuni compagni di lavoro, volle pagare un giorno un buon paio di
scarpe per ciascuno: ne avevano bisogno. Prestava volentieri il suo
denaro, ma non accettava più la restituzione. Venne una volta un
religioso a far «la questua» nella ditta dei legnami dove lavorava e
Matt gli diede tutto lo stipendio.
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Aiutava i missionari, anzi fece studiare a sue spese alcuni aspiranti alla vita missionaria. Voleva bene ai ragazzi. Thomas
O'Kelly che diventò due volte Presidente dell'Irlanda, da ragazzo, tra
gli otto e i quindici anni conobbe Matt Talbot, quando faceva il
chierichetto. Scrive: «Gli parlai più volte. Ci conosceva e ci chiamava
per nome. Ci dava buoni consigli. Certi ragazzi lo burlavano, ma non se
la prendeva mai. Mai lo vidi adirato, era sempre calmo, sereno».
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Ed
amava la sua patria, l'Irlanda, pregava per la sua libertà, ricordava
nella preghiera i suoi caduti e di essi conservava le foto ritagliate
dai giornali.
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Era diventato l'uomo dell'amore.
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La
sua capacità di amare gli veniva dalla preghiera, intensa,
fervorosissima, prolungata. Tutto il suo tempo libero lo passava in
preghiera.
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Scrive il Presidente O'Kelly: «L'ho visto fare
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Sul lavoro, nei momenti di requie, estraeva di tasca il suo Rosario e pregava
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La
sua chiesa era «S. Francesco Saverio», ma di domenica frequentava
diverse chiese, per partecipare a tante Messe, ognuna secondo
un'intenzione diversa. Il suo secondo direttore spirituale, P. Michael
Hickey, un prete straordinario, lo aiutò a trasformare tutta la sua vita
in preghiera.
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Si
lasciava guidare: per questo non fu mai strano nelle sue
manifestazioni. Un uomo tutto di Dio, ma sempre gentile, cortese,
profondamente umano.
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«La mia buona Regina»
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Per
tutta la vita Matt si ritenne un «privilegiato» di Maria. Non era
stata lei la buona Mamma che l'aveva aiutato a strapparsi al bere e
l'aveva avviato sulla strada della conversione al Cristo? Dunque, con
Maria, occorreva continuare il cammino.
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La mamma, mentre negli ultimi anni della sua vita, abitava con lui, si alzava di notte per vedere il «suo bambino» che pregava
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Un giorno Matt disse alla sua mamma: «Nessuno sa che buona Regina è Maria per me». Ogni
gesto della sua vita, la preghiera, il digiuno, gli atti di carità, il
lavoro, tutto doveva essere ringraziamento per la conversione che Maria
gli aveva donato. Gli sembrava di non poter mai fare abbastanza per quell'intervento della Madonna nella sua vita.
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Al sabato digiunava in onore della Madonna. Ogni giorno diceva il Rosario intero di quindici decine alla Madonna. Lo testimonia anche il Presidente O'Kelly,
che da ragazzo, vedeva spesso Matt in ginocchio sugli scalini della
chiesa, col Rosario tra le mani, oppure all'altare della Madonna. Allo
stesso modo raccomandava ai ragazzi di dire tutti i giorni il Rosario.
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Parlava della Madonna ai suoi compagni di lavoro. Recitava tutti i giorni l'Angelus.
Viveva unito alla Madonna la sua «vita con Maria»: ne riviveva i
sentimenti, la fede, l'adorazione umile a Dio, il servizio agli uomini.
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«O beata Madre, ottienimi da Gesù di partecipare alla sua follia» - era questa la invocazione prediletta.
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E alla sera si addormentava con una statuina di Maria col Bambino Gesù sul cuore.
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Maria
lo condusse a vivere un lungo ininterrotto «a tu per tu» con Cristo.
Per Lui voleva essere limpido, puro, senza macchia, come l'Immacolata.
Aveva una fame senza limiti di Gesù, Pane della vita, che voleva
ricevere ogni giorno nella Comunione.
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Le
ore libere del lavoro, le trascorreva davanti al Tabernacolo: sempre
davanti al Cristo, con sua Madre, come per una cura di sole che lo
penetrasse tutto e lo riempisse di amore. Arrivò a trascorrere sette
ore della giornata davanti al Tabernacolo.
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Discorreva
un giorno con una signora. Costei le confidò che era sola e desolata
perché suo fratello era andato in America. Matt le rispose: «Sola?!
Come può sentirsi sola con Gesù nel Tabernacolo?».
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Gesù-Eucarestia era divenuto il centro vivo della sua esistenza.
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Sulla vetta
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Nel 1921 la sua salute si indebolì. Aveva 64 anni. Fu ricoverato al Mater Hospital. Il dottor
Moore capì che stava curando un santo. Matt si riprese e ricominciò la
scalata verso la santità. La vetta non era più lontana.
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Nel
1923 fu due volte all'ospedale. Si riprese ancora. Un'altra ricaduta
nel 1925, ma la sua fine sembrava ancora lontana. Lavorava ancora. Il 17
giugno, domenica, festa della Trinità, partecipò al
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Stramazzò
al suolo, colpito da infarto. Nella zona nessuno lo conosceva. Lo
portarono all'ospedale. Morì quella sera, solo, poverissimo,
sconosciuto. All'indomani la sorella Susanna, non ritrovandolo, andò
all'ospedale e riconobbe la salma. Sui fianchi aveva una catena che gli
stringeva le carni.
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Il manovale di Dublino ora vedeva il volto di Dio e della sua Mamma, felice.
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Il
giovedì seguente, - solennità del Corpus Domini, si svolsero i
funerali. Lo vestirono con il suo abito da Terziario francescano.
Seguirono la sua bara i suoi amici operai, i suoi poveri che lui aveva
aiutato di nascosto, perché solo Dio sapesse.
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In breve tempo tutta l'Irlanda ne parlava. In soli sei mesi furono venduti centoventimila esemplari della biografia.
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I
leaders sindacali irlandesi si dissero orgogliosi di porre una lapide
commemorativa dove Matt era vissuto e lo considerarono uno dei
fondatori del loro movimento, anzi «un faro di luce» per tutti i
lavoratori.
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Dopo
i processi diocesani per sondare la sua fama di santità, iniziati nel
1931, e quelli apostolici a Roma, Papa Paolo VI lo proclamo
«Venerabile», cioè eroico nella sua vita cristiana. Lo stesso Paolo VI
disse ad alcuni pellegrini di Dublino: «Ho letto la vita di Matteo
Talbot; ne sono commosso. È tempo che venga canonizzato. Farò del mio
meglio».
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Matt Talbot, un povero facchino di Dublino, che Maria trasformò in un eroe del Cristo.
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"La Chiesa è il luogo dove tutte le verità si incontrano"................. Gilbert Keith Chesterton
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sabato 25 febbraio 2012
talbot matteo
Postato da: giacabi a 13:56 | link | commenti
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1 commento:
Grazie....ho saputo da poco di questo Beato passato dall'alcool alla santità,e mi interessava leggere della sua vita
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