Il senso religioso
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Abbiamo una spiegazione per tutto. Abbiamo una scienza per ogni come e una per ogni perché. Eppure qualcosa manca. Le grandi intelligenze del nostro tempo lasciano in calce ai loro libri, una pagina bianca: la consapevolezza di una domanda rimasta senza risposta. Chi non riesce ad annegare la propria ansia di altro, nell’abitudine del muoversi, del rivaleggiare, del contare i successi o i fallimenti, sente
che qualcosa sfugge. Non c’è risposta plausibile alla disperazione
della morte, alla radicale ingiustizia dell’offesa, agli squilibri del
dolore e del sopruso, della solitudine e della malattia. Le grandi
scienze, la fisica, la matematica offrono informazioni parziali che
rinviano a nuovi punti neri. Gli
uomini, dopo aver rinunciato alla strada della religione, sentono con
chiarezza un deficit di conoscenza e c’è in molti il desiderio di un di
più. Infatti
sappiamo sempre di più ma questo sapere, non esaudisce alcun definitivo
perché. Oggi nessun onesto pensatore vorrà affermare la falsità
dell’ipotesi religiosa. Si limiterà eventualmente a sostenerne l’inutilità. Esplorati
alcuni risultati della scienza contemporanea, è lecito chiedersi se
oggi non sia più plausibile,cercare oltre i limiti, la risposta ai
perché nella riscoperta di Dio .
Gaspare Barbiellini Amidei - La riscoperta di Dio
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Postato da: giacabi a 17:46 |
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senso religioso, scienza - articoli
Preghiera al grande Spirito
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O grande Spirito, la cui voce sento nei venti e il cui respiro dà vita a tutto il mondo ascoltami:
- vengo davanti a Te,uno dei tanti tuoi figli. Sono
piccolo e debole,bisognoso della tua forza e sapienza. Fa che i miei
occhi ammirino il tramonto rosso e oro. Fa che le mie mani rispettino
ciò che tu hai creato e le mie orecchie ascoltino la tua voce. Fammi saggio così che conosca la tua rivelazione al mio popolo e la tua lezione nascosta in ogni foglia e in ogni roccia. Cerco forza non per essere superiore ai miei fratelli,ma per essere abile a combattere il mio più grande nemico: me stesso.
Fa
che io sia sempre pronto a venire a te con mani pulite e occhi
diritti,così che quando la vita svanisce come la luce al tramonto , il mio spirito possa venire a Te senza vergogna.
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Postato da: giacabi a 15:54 |
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senso religioso
Il senso religioso
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Non credo a una rassegnazione durevole degli uomini, sia pure nell’opulenza meglio assicurata. Vi saranno sempre uomini che non si contentano del bere e del mangiare.
La storia dell’uomo è la storia del suo anticonformismo ed è ciò che lo
distingue dalla storia naturale. Oltretutto nessun orientamento
pubblico eliminerà mai il dolore dalla vita personale e, in mancanza d’altro, basterebbe a mantenere viva l’inquietudine nel cuore dell’uomo la certezza della morte.
Nessun
benessere potrà mai distrarre la totalità degli uomini dal
confronto tra le proprie aspirazioni e la
fragilità dell’esistenza . Sarebbe contrario a tutto ciò che sappiamo della psicologia dell’uomo supporre che l’euforia del benessere duri a lungo. Che altro desiderare quando i bisogni materiali saranno soddisfatti? E’ probabile che il problema religioso si presenti agli uomini con più forza che nelle epoche precedenti.
Ignazio Silone - Uscita di sicurezza
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Postato da: giacabi a 21:14 |
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senso religioso
Il cuore
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L'intelletto cerca, ma chi trova è il cuore.
George Sand
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Postato da: giacabi a 21:08 |
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senso religioso
Il senso della vita
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« L’uomo sbaglierà direzione, cercherà il suo fine, sarà insoddisfatto finché non capirà, non avrà trovato Dio. Non si può vivere per i figli o per l’umanità. E, se Dio non c’è, non c’è motivo di vivere, bisogna perire »
Anton Cechov
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Postato da: giacabi a 19:18 |
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cechov, senso religioso
La passione di essere
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"sotto le passioni altre passioni più fondamentali si nascondono, e al di sotto di tutte, la passione di essere. La lunga passione che obbliga l’uomo a essere …..quasi fosse il prolungamento di un Dio che lo ha creato per questo.”
Maria Zambrano da Persona e democrazia, Mondadori
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Postato da: giacabi a 07:22 |
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senso religioso, zambrano
Difficoltà dell'uomo d'oggi nel vivere la sua umanità
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1.
L'apostolo Paolo, carissimi fratelli e sorelle, ci ha parlato di
«uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia» (Rm 1,18), finendo per
smarrire la strada che, dall'esperienza del mondo creato, avrebbe
dovuto condurli a Dio. Resta in tal modo frustrato quell'insopprimibile
anelito verso il divino, che urge nell'animo di ogni uomo capace di
riflettere seriamente sulla propria esperienza di uomo.
Quali
sono gli scopi nei quali più frequentemente s'incaglia la navicella
dell'uomo in rotta verso l'Infinito? In rapida sintesi potremmo
classificarli sotto tre grandi categorie di errori.
Vi
è innanzitutto quella sorta di arroganza, di «hybris», che conduce
l'uomo a misconoscere il fatto di essere creatura, strutturalmente
dipendente, come tale, da un Altro. È questa un'illusione presente con
particolare pertinacia nell'uomo di oggi. Figlio della pretesa moderna
di autonomia, abbagliato dal proprio splendore («...mi hai fatto come un
prodigio»: Sal 139,13), egli dimentica di essere creatura. Come ci
insegna la Bibbia, egli subisce
il fascino della tentazione di ergersi contro Dio con l'argomento
insinuante del Serpente nel paradiso terrestre: «Sarete come Dio» (Gn 3,5).
In
realtà c'è nell'uomo qualcosa di divino. A partire dalla Bibbia, la
grande tradizione cristiana ha sempre proclamato questa verità profonda
con la dottrina dell'«Imago Dei». Dio
ha creato l'uomo a sua immagine. Tommaso e i grandi Scolastici
esprimono questa verità con le parole del Salmo: «Risplende su di noi la
luce del tuo volto, o Signore» (Sal 4,7).
Ma la sorgente di tale luce non è nell'uomo, è in Dio. L'uomo, infatti,
è creatura. In lui si coglie soltanto il riflesso della gloria del
Creatore.
Anche
chi non conosce Gesù Cristo, ma affronta con serietà la propria
esperienza di uomo, non può non accorgersi di questa verità, non può non
percepire con ogni fibra del suo essere, dall'interno della sua stessa
esistenza, questa presenza di un Altro più grande di lui, da cui
veramente dipendono il giudizio e l a misura del bene e del male. San
Paolo è categorico in questo senso: egli considera i Romani responsabili
dei loro peccati perché «...dalla creazione del mondo in poi le sue (di
Dio) perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto
nelle opere da lui compiute...» (Rm 1,20).
Quando l'uomo non si riconosce dipendente dal Dio che la Liturgia definisce come «Rerum... tenax vigor» (Breviario romano, Inno di Nona), allora inevitabilmente finisce per smarrirsi. La
sua ragione si pretende a misura della realtà, reputando come
inesistente ciò che non è da essa misurabile. Analogamente la sua
volontà non si sente più interpellata dalla legge che il Creatore ha
posto nella sua mente (cfr. Rm 7,23) e cessa di perseguire il bene da
cui pure si sente attratta. Concependosi come arbitra assoluta di fronte
a verità ed errore, se li figura, illudendosi, come indifferentemente
equidistanti. Sparisce così dall'orizzonte dell'esperienza umana la
dimensione spirituale della realtà e, conseguentemente, la capacità di
percepire il Mistero.
Come
potrà a questo punto l'uomo accorgersi di quella tensione che egli
porta in sé tra il suo io carico di bisogni e la sua incapacità di
risolverli? Come potrà avvertire la pungente contraddizione tra il suo
desiderio dell'Essere e Bene Infinito e il suo vivere limitato come ente
tra gli enti? Come potrà fare un'esperienza autentica di sé, cogliendo
nelle radici più profonde del suo essere l'anelito della Redenzione?
2.
Il secondo tipo di errore che impedisce un'esperienza umana autentica, è
quello che conduce l'uomo a tentar di spegnere in sé ogni domanda e
ogni desiderio che vadano al di là del suo essere limitato, per
appiattirsi su ciò che possiede. È forse il più triste dei modi in cui
l'uomo possa dimenticare se stesso, perché implica una vera e propria
alienazione: ci si estrania dal proprio essere più vero per disperdersi
nei beni che si possiedono e che si possono consumare.
Non
è certo disprezzabile lo sforzo che l'uomo compie per dare una
sicurezza materiale e sociale a sé e ai suoi cari. È meravigliosa la
ricerca di solidità e consistenza con cui la natura, attraverso il
complesso fenomeno dell'affezione, conduce l'uomo alla donna e questa
all'uomo. Ma come è facile praticamente che queste lodevoli sicurezze
umane vengano parzializzate o esasperate così da accendere nell'uomo
illusori miraggi e false speranze! Gesù nel Vangelo ha espressioni
terribili contro questo peccato (Lc 12,16-21).
Anche
in questo caso l'uomo si priva di un'esperienza umana integrale, perché
non riconosce la sua vera natura di creatura spirituale e lascia quasi
morire nel suo cuore ogni anelito a quella verità di sé che lo apra al
Dono mirabile della Redenzione.
3.
Il terzo tipo di errore, in cui cade l'uomo alla ricerca della sua
genuina esperienza, si manifesta quando egli investe tutte le sue
energie - intelligenza, volontà, sensibilità - in una interminabile ed
esasperante ricerca volta solo alla sua interiorità. Egli diviene così
incapace di accorgersi che ogni esperienza psicologica esige, per
costituirsi, l'accettazione della realtà oggettiva, raggiunta la quale
il soggetto può ritornare su di sé in modo compiuto. L'uomo che si
chiude in questa solitudine psicologica volontaria diviene incapace di
qualunque comunicazione oggettiva con la realtà. Per questa figura
umana, egoistica e patetica, l'altro finisce per essere ridotto ad un
fantasma facilmente strumentalizzabile.
Ma
l'uomo che si oppone alla necessità innata di aprirsi alla realtà come è
in se stessa e alla vita con la sua drammatica verità, si erge in
ultima analisi contro il loro Autore, precludendosi la possibilità di
trovare in lui la risposta che, sola, potrebbe appagarlo.
Carissimi,
l'importanza di aver richiamato queste difficoltà dell'uomo nel vivere
la sua integrale esperienza umana sta nel fatto che anche noi in questo
Anno Santo della Redenzione ci sentiamo richiamati all'urgenza di essere
uomini nuovi per la nostra fede. Anche noi che abbiamo incontrato
Cristo, il Redentore, dobbiamo sempre e di nuovo stare ritti di fronte a
lui vincendo in noi la tentazione del peccato perché «egli possa
portare a compimento l'opera che in noi ha iniziato» (Fil 1,6).
GIOVANNI PAOLO II UDIENZA GENERALE Mercoledì, 26 ottobre 1983
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Postato da: giacabi a 21:12 |
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giovanni paoloii, senso religioso
Dio è la risposta compiuta sul senso della vita umana
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1. «Che è l'uomo e a che può servire? Qual è il suo bene e qual è il suo male?» (Sir 18,7).
Gli interrogativi, posti nella pagina del libro del Siracide, ora ascoltata, interrogativi ai quali fa eco tutta la letteratura biblica sapienziale, che ha riflettuto parimenti sul senso della nascita, della morte e della fragilità dell'uomo, individuano un livello dell'esperienza umana assolutamente comune a tutti gli uomini. Queste domande sono nel cuore di ogni uomo, come ben dimostra il genio poetico di ogni tempo e di ogni popolo, che quasi profezia dell'umanità, ripropone continuamente la «domanda seria» che rende l'uomo veramente tale. Esse esprimono l'urgenza di trovare un perché all'esistenza, ad ogni suo istante, alle sue tappe salienti e decisive così come ai suoi momenti più comuni. In tali questioni è testimoniata la ragionevolezza profonda dell'esistere umano, poiché l'intelligenza e la volontà dell'uomo vi sono sollecitate a cercare liberamente la soluzione capace di offrire un senso pieno alla vita. Questi interrogativi, pertanto, costituiscono l'espressione più alta della natura dell'uomo: di conseguenza la risposta ad esse misura la profondità del suo impegno con la propria esistenza. 2. In particolare, quando il «perché delle cose» viene indagato con integralità alla ricerca della risposta ultima e più esauriente, allora la ragione umana tocca il suo vertice e si apre alla religiosità. In effetti la religiosità rappresenta l'espressione più elevata della persona umana, perché è il culmine della sua natura razionale. Essa sgorga dall'aspirazione profonda dell'uomo alla verità ed è alla base della ricerca libera e personale che egli compie del divino. In questa prospettiva si coglie l'importanza dell'insegnamento conciliare che, a proposito della libertà religiosa, afferma: «L'esigenza di libertà nella società umana riguarda soprattutto i beni dello spirito umano e in primo luogo ciò che si riferisce al libero esercizio della religione nella società» («Dignitatis Humanae», 1). L'attitudine religiosa dell'animo umano si pone come una sorta di capacità connaturale al nostro stesso essere. Per questo, domande e risposte sul significato ultimo delle cose non si possono mai cancellare dal cuore dell'uomo. Per quanto ci si ostini a rifiutarle e a contraddirle nella propria esistenza, non si riesce tuttavia a tacitarle. Ogni uomo - il più superficiale o il più dotto, il più convinto assertore o il più accanito oppositore della religione - per vivere deve dare, e di fatto dà, una risposta a questa radicale questione. L'esistenza e l'universalità della domanda sul senso della vita trovano la conferma più clamorosa nel fatto che chi la nega è costretto ad affermarla nell'istante stesso in cui la nega! Ecco la riprova più solida del fondamento metafisico del senso religioso dell'uomo. E ciò è in perfetta armonia con quanto abbiamo appena detto sulla religiosità come culmine della razionalità. Il senso religioso dell'uomo non dipende in sé dalla sua volontà, ma è iniziativa di chi l'ha creato. La scoperta del senso religioso è, dunque, il primo risultato che l'uomo consegue, se affronta seriamente l'esperienza di impotenza strutturale che lo caratterizza. 3. La tradizione religiosa chiama «Dio» la risposta compiuta alla domanda ultima ed esauriente sull'esistenza. La Bibbia, nella quale è documentata in modi svariatissimi e drammatici l'universale presenza del disegno religioso nell'uomo, indica tale fondamentale risposta nel Dio vivo e vero. Tuttavia nei momenti della tentazione e del peccato Israele fabbrica l'idolo, il dio falso e inerte. Così è per l'uomo di ogni tempo, anche il nostro. Alla domanda sul suo destino ultimo egli può rispondere riconoscendo l'esistenza di Dio, oppure sostituendovi una caricatura di propria invenzione, un idolo come ad esempio il denaro, l'utile o il piacere. Per questo san Paolo ammonisce duramente nella lettera ai Romani: «Mentre si dichiaravano sapienti sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili» (Rm 1, 22-23). Non è forse racchiuso in questo giudizio di Paolo il senso dell'inevitabilità della domanda religiosa nell'uomo? Come voce di Dio, luce del suo volto impressa nella nostra mente, l'energica inclinazione del senso religioso è all'erta nell'animo di ogni uomo. Che egli la attui nel riconoscimento di Colui da cui dipende tutto il suo essere, fragile e splendido, o che tenti di sfuggire alla sua presa, inseguendo svariati e parziali motivi per il suo esistere, l'inclinazione del senso religioso resterà sempre alla radice dell'essere umano, creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Dio solo, infatti, può pienamente appagare la sete dello spirito umano, tendente istintivamente al Bene Infinito. Noi che crediamo in Cristo e che in questo straordinario Anno Santo della Redenzione vogliamo portare con onore il glorioso nome di cristiani, preghiamo perché ogni uomo accolga l'orientamento fondamentale a cui il senso religioso inclina la sua mente.
Giovanni PaoloII
UDIENZA GENERALE Mercoledì, 19 ottobre 1983
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Postato da: giacabi a 19:45 |
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giovanni paoloii, senso religioso
L’uomo, è immagine di Dio
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“L’uomo, per quanto considerato per se stesso finito, è anche immagine di Dio e sorgente dell’infinità in se stesso. Giacché è scopo a se stesso, ed ha in se stesso il valore infinito e la destinazione all’eternità.
(Hegel)
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Postato da: giacabi a 22:15 |
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senso religioso
Lo scopo della vita
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Mi
sa tanto che tu, Jonathan, sei un uccello come se ne trova uno su un
milione. Per lo più, noialtri ci abbiamo messo un’infinità di tempo ad
arrivare fin qui. Passavamo da un mondo all’altro, ognuno quasi uguale
al precedente, e, subito, ci si scordava donde venivamo né ci importava dove fossimo diretti. Insomma si viveva alla giornata. Hai
idea di quante vite ci sarà toccato vivere, prima che ci passasse per
il cervello che c’è, al mondo, qualcos’altro che conta, oltre al
mangiare, al beccarci fra di noi, oltre insomma alla legge dello Stormo? Ma mille volte, Jon, ma diecimila! E poi, dopo quel piccolo barlume, saranno occorse altre cento vite prima che cominciassimo a intuire che c’è una cosa chiamata perfezione. E poi, altre cento vite prima di capire che lo scopo della vita è appunto quello di adeguarsi il più possibile a quell’ideale.”
“R. Bach, Il gabbiano Jonathan Livingston, cit.
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Postato da: giacabi a 21:14 |
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senso religioso
LA SETE DEL CUORE UMANO
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Pepoli mio? di che speranze il core
Vai sostentando? in che pensieri, in quanto
O gioconde o moleste opre dispensi
L'ozio che ti lasciàr gli avi remoti,
Grave retaggio e faticoso? E' tutta,
In ogni umano stato, ozio la vita,
……………………………..al duro morso
Della brama insanabile che invano
Felicità richiede, esso da tutti
Lati cercando, mille inefficaci
Medicine procaccia, onde quell'una
Cui natura apprestò, mal si compensa.
Lui delle vesti e delle chiome il culto
E degli atti e dei passi, e i vani studi
Di cocchi e di cavalli, e le frequenti
Sale, e le piazze romorose, e gli orti,
Lui giochi e cene e invidiate danze
Tengon la notte e il giorno; a lui dal labbro
Mai non si parte il riso; ahi, ma nel petto,
Nell'imo petto, grave, salda, immota
Come colonna adamantina, siede
Noia immortale, incontro a cui non puote
Vigor di giovanezza, e non la crolla
Dolce parola di rosato labbro,
E non lo sguardo tenero, tremante,
Di due nere pupille, il caro sguardo,
La più degna del ciel cosa mortale.
…………….
G. Leopardi Al Conte Carlo Pepoli (1826)
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Postato da: giacabi a 12:06 |
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leopardi, senso religioso
LA SETE DEL CUORE UMANO
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1. “Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua perché non abbia sete” (Gv 4, 15). La
domanda della Samaritana a Gesù esprime, nel suo significato più
profondo, il bisogno incolmabile e il desiderio inesauribile dell’uomo.
Infatti ogni
uomo degno di questo nome si accorge inevitabilmente di una incapacità
congenita di rispondere a quel desiderio di verità, di bene e di
bellezza che scaturisce dal profondo del suo essere. Man mano che
si inoltra nella vita, egli si scopre, proprio come la Samaritana,
incapace di spegnere la sete di pienezza che porta dentro di sé.
Da oggi, fino a Natale, le riflessioni di questo incontro settimanale saranno sul tema dell’anelito dell’uomo alla Redenzione. L’uomo
ha bisogno di un Altro; vive, lo sappia o meno, in attesa di un Altro,
che redima questa sua innata incapacità a saziare le sue attese e le sue
speranze.
Ma come potrà incontrarsi con lui? Condizione
indispensabile per questo incontro risolutivo è che l’uomo prenda
coscienza della sete esistenziale che lo affligge e della sua radicale
impotenza a spegnerne l’arsura. La via per giungere a tale presa di coscienza è, per l’uomo di oggi come per quello di tutti i tempi, la riflessione sulla propria esperienza. Lo aveva intuito già la saggezza antica. Chi non ricorda la scritta che campeggiava bene in vista sul tempio di Apollo a Delfi? Essa diceva appunto: “Uomo, conosci te stesso”.
Questo imperativo, espresso in modi e forme diverse anche in più
antiche aree di civiltà, ha attraversato la storia e si ripropone con la
medesima urgenza anche all’uomo contemporaneo.
Il
Vangelo di Giovanni in taluni episodi salienti documenta assai bene
come Gesù stesso, nel proporsi quale Inviato del Padre. abbia fatto leva
su questa capacità che l’uomo possiede di capire il suo mistero riflettendo sulla propria esperienza. Basti pensare al citato incontro con la Samaritana, ma anche a quelli con Nicodemo, con l’adultera o il cieco nato.
2. Ma come
definirla questa esperienza umana profonda che indica all’uomo la
strada dell’autentica comprensione di sé? Essa è il paragone continuo
tra l’io e il suo destino. La vera esperienza umana avviene solo in quella genuina apertura alla realtà che consente alla persona, intesa come essere singolare e consapevole, carico di potenzialità e di bisogni, capace di aspirazioni e di desideri, di conoscersi nella verità del suo essere.
E
quali sono le caratteristiche di una simile esperienza, grazie alla
quale l’uomo può affrontare con decisione e serietà il compito del
“conosci te stesso”, senza perdersi lungo il cammino di tale ricerca?
Due sono le condizioni fondamentali che egli dovrà rispettare.
Dovrà
anzitutto essere appassionato a quel complesso di esigenze, bisogni e
desideri che caratterizzano il suo io. In secondo luogo dovrà aprirsi ad
un incontro oggettivo con tutta la realtà.
San
Paolo non cessa di richiamare ai cristiani queste fondamentali
caratteristiche di ogni esperienza umana quando sottolinea con vigore:
“Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1 Cor 3,
23), oppure quando invita i cristiani di Tessalonica a “vagliare
ogni cosa e trattenere ciò che è buono” (1 Ts 5, 21). In questo
continuo paragone col reale alla ricerca di ciò che corrisponda o meno
al proprio destino, l’uomo fa l’esperienza elementare della verità,
quella che dagli Scolastici e da san Tommaso è stata definita in modo
mirabile come “adeguazione dell’intelletto alla realtà” (San Tommaso, De Veritate, q. 1 a. 1 corpus).
3. Se per
essere vera l’esperienza deve essere integrale e aprire l’uomo alla
totalità, si capisce bene dove stia per l’uomo il rischio dell’errore:
egli dovrà guardarsi da ogni parzializzazione. Dovrà vincere la tentazione di ridurre l’esperienza, ad esempio, a mere questioni sociologiche o ad elementi esclusivamente psicologici. Così come dovrà temere di scambiare per esperienza schemi e “pregiudizi” che l’ambiente in cui normalmente vive e opera gli propone: pregiudizi
tanto più frequenti e rischiosi oggi perché ammantati dal mito della
scienza o dalla presunta completezza dell’ideologia.
Come
è difficile per l’uomo di oggi approdare alla sicura spiaggia della
genuina esperienza di sé, quella nella quale gli si può adombrare il
vero senso del suo destino! egli è continuamente
insidiato dal rischio di cedere a quegli errori di prospettiva che,
facendogli dimenticare la sua natura di “essere” fatto ad immagine di
Dio, lo lasciano poi nella più desolante delle disperazioni o, che è
ancora peggio, nel più inattaccabile cinismo.
Alla
luce di queste riflessioni quanto appare liberante la frase pronunciata
dalla Samaritana: “Signore . . . dammi di quest’acqua perché non abbia
più sete . . .”! Veramente essa vale per ogni uomo, anzi a ben vedere è
una profonda discrezione della sua stessa natura.
Infatti l’uomo
che affronta seriamente se stesso e osserva con occhio chiaro la sua
esperienza secondo i criteri che abbiamo esposti, si scopre più o meno
consapevolmente come un essere a un tempo carico di bisogni, cui non sa
trovare risposta, e attraversato da un desiderio, da una sete di
realizzazione di sé, che non è capace, da solo, di appagare.
L’uomo
si scopre così collocato dalla sua stessa natura nell’atteggiamento di
attesa di un Altro che completi la sua mancanza. Un’inquietudine pervade
in ogni momento la sua esistenza,
come suggerisce Agostino all’inizio delle sue Confessioni (I, 1): “Ci
hai fatti per te, o Signore, ed è inquieto il nostro cuore finché non
riposa in te”. L’uomo, prendendo sul serio la sua umanità, percepisce di essere in una situazione di impotenza strutturale!
Cristo
è Colui che lo salva. Egli solo può toglierlo da questa situazione di
stallo, colmando la sete esistenziale che lo tormenta.
GIOVANNI PAOLO II
UDIENZA GENERALE Mercoledì, 12 ottobre 1983
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Postato da: giacabi a 09:49 |
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giovanni paoloii, senso religioso
IL MIO CUORE SI GONFIA PER TE, TERRA
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Il mio cuore si gonfia per te, Terra, come la zolla a primavera. Io torno. I miei occhi son nuovi. Tutto quello che vedo è come non veduto mai; e le cose più vili e consuete, tutto m'intenerisce e mi dà gioia. In te mi lavo come dentro un'acqua dove si scordi tutto di se stesso. La mia miseria lascio dietro a me come la biscia la sua vecchia pelle. Io non sono più io, io sono un altro. Io sono liberato di me stesso. Terra, tu sei per me piena di grazia. Finché vicino a te mi sentirò così bambino, fin che la mia pena in te si scioglierà come la nuvola nel sole, io non maledirò d'esser nato. Io mi sono seduto qui per terra con le due mani aperte sopra l'erba, guardandomi amorosamente intorno. E mentre così guardo, mi si bagna di calde dolci lacrime la faccia.
(Camillo Sbarbaro)
grazie a: billacorgan
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Postato da: giacabi a 12:37 |
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senso religioso
L’io polverizzato
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“In un mondo e in una cultura sempre più virtuali, l’unità e la continuità dell’io fondato
sulla coscienza e sui valori appaiono non solo
pericolanti, ma quasi dimenticati in una
polverizzazione indistinta in cui tutto è
interscambiabile con tutto, in una universale
indifferenza che sbriciola sentimenti, visioni
del mondo, gerarchia di affetti, il senso stesso
dell’esperienza. L’IO individuale, scomposto e rimesso insieme di continuo come in un videogame,
cerca di salvarsi afferrandosi alle cose;
si salva nell’inventario di cio' che ha vissuto.”
Claudio Magris da: corrieredellasera
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Postato da: giacabi a 20:26 |
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senso religioso
Come può esserci ordine senza intelligenza?
***
La
scienza ha molto a che vedere con l'ordine dell'universo: senza ordine
non ci sarebbe scienza. E come può esserci ordine senza intelligenza? Quanto più la scienza progredisce più ordine si scopre, in una progressione che ha del meraviglioso. Il progresso scientifico non sopprime la capacità di stupirsi di chi pensa: risolve alcuni problemi, ma ne rivela altri ancora più profondi, in cui l'ordine è ancora più grande e complesso.
Questa è la quinta "via" razionale di san Tommaso per giungere a Dio, e
la scienza, progredendo, offre una base sempre più estesa in suo favore.
(Mariano Artigas, Le frontiere dell'evoluzionismo, Ares, 1993, pp. 83-84).
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Postato da: giacabi a 09:50 |
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senso religioso
La Strada
***
– Io
sono ignorante, ma ho letto qualche libro. Tu non ci crederai, ma tutto
quello che c'è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco, prendi quel sasso
li, per esempio.
– Quale? – Questo... Uno qualunque... Be', anche questo serve a qualcosa: anche questo sassetto. – E a cosa serve? – Serve... Ma che ne so io? Se lo sapessi, sai chi sarei? – Chi? – Il Padreterno, che sa tutto: quando nasci, quando muori. E chi può saperlo? No, non so a cosa serve questo sasso io, ma a qualcosa deve servire. Perché se questo è inutile, allora è inutile tutto: anche le stelle. E anche tu, anche tu servi a qualcosa, con la tu' testa di carciofo. dal film Gelsomina di Fellini |
Postato da: giacabi a 19:57 |
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senso religioso
Tutto in me esige Dio!
***
“Tu sei solo e lo sai. Tu sei nato per vivere sotto le ali di un altro”
Pavese Mestiere di vivere |
Postato da: giacabi a 21:17 |
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pavese, senso religioso
Tutto in me esige Dio!
***
"Dio è morto ma, ma l’uomo non è diventato ateo. Questo
silenzio del trascendente, congiunto alla permanenza del bisogno
religioso presso l’uomo moderno, ecco il grande enigma oggi e ieri. Dio tace e tutto in me esige Dio! "
· J.-P. Sartre (cit. da G. Bevilacqua in Equivoci: mondo moderno e Cristo, Morcelliana 1953, p.89). |
Postato da: giacabi a 15:22 |
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sartre, senso religioso
Il senso sacro
***
“
Non bisogna ridurre il senso sacro all’angoscia dell’uomo davanti ai
pericoli che lo circondano e davanti al mistero dell’universo. Né
bisogna fare unicamente della preghiera una pozione calmante, un rimedio
contro la nostra paura della sofferenza, della malattie della morte.
Qual è dunque il significato del senso sacro? E quale posto assegna la
natura stessa alla preghiera nella nostra vita? In realtà è un posto
molto importante. In tutte le epoche gli uomini dell’Occidente hanno pregato.
La Città antica era principalmente una istituzione religiosa. I Romani
innalzavano templi ovunque. I nostri antenati dei Medio Evo coprivano di
cattedrali e di cappelle gotiche il suolo della Cristianità. E ai nostri giorni ancora, al di sopra di ogni villaggio s’innalza un campanile.
Con le chiese, come con le università e le officine, i pellegrini
venuti dall’Europa instaurarono nel Nuovo Mondo la civiltà occidentale. Nel
corso della nostra storia pregare è stato un bisogno elementare come
quello di conquistare, di lavorare, di costruire o di amare.
In
verità il senso sacro sembra essere un impulso proveniente dal più
profondo della nostra natura, un’attività fondamentale. Le sue
variazioni in un gruppo umano sono quasi sempre legate a quelle di altre
attività basilari, il senso morale e il carattere, e talora il senso
estetico. Ma proprio a questa parte tanto importante di noi stessi noi abbiamo permesso di atrofizzarsi e spesso di scomparire.
A. Carrel, La Preghiera, Morcelliana, Brescia, 1986, pp. 28-44.
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Postato da: giacabi a 14:14 |
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persona, senso religioso, carrel
L’attesa
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E'
noto che agli ebrei era vietato investigare il futuro. La torah e le
preghiera li istruiscono invece sulla memoria. Ciò liberava dal fascino
del futuro, a cui soggiacciono quelli che cercano informazioni presso
gli indovini.
Ma non per questo il futuro divenne presso gli ebrei un tempo omogeneo e vuoto. Poichè ogni secondo, in esso, era la piccola porta da cui poteva entrare il Messia.
Walter Benjamin
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Postato da: giacabi a 19:54 |
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senso religioso
Il cuore dell’uomo
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Giudico che quella sul senso della vita è la più grande e la più urgente delle domande. Il cuore dell'uomo, infatti, resta sempre uguale, con una infinita nostalgia di infinito che nessuna creatura umana, nessuna soddisfazione terrena, nessun benessere materiale potrà mai colmare
Camus
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Postato da: giacabi a 22:45 |
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camus, senso religioso
Non esistono amori felici
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Nulla appartiene all’uomo Né la sua forza
Né la sua debolezza né il suo cuore E quando crede Di aprire le braccia la sua ombra è quella di una croce E quando crede di stringere la felicità la stritola La sua vita è uno strano e doloroso divorzio Non esistono amori felici
La sua vita somiglia a quei soldati disarmati
Ch’eran stati preparati a un diverso destino A che può servire che s’alzino al mattino Loro che si ritrovano la sera sfaccendati inerti Dite queste parole Mia vita E trattenete le lacrime Non esistono amori felici
Mio amore bello mio caro amore mia lacerazione
Ti porto in me come un uccello ferito E quelli senza capire ci guardano passare Ripetendomi dietro le parole che ho intrecciato E che per i tuoi grandi occhi così presto morirono Non esistono amori felici
Il tempo per imparare a vivere è già passato
Piangano nella notte i nostri cuori all’unisono Quanta infelicità per la più piccola canzone Quanti rimpianti per scontare un fremito Quanti singhiozzi per un accordo di chitarra Non esistono amori felici
Non esistono amori che non siano dolore
Non esistono amori che non strazino Non esistono amori che non lascino il segno E non più che di te l’amor di patria Non esistono amori che non si nutrano di pianto Non esistono amori felici Ma è il nostro amore di noi due
Louis Aragon
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Postato da: giacabi a 14:16 |
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senso religioso
Se non guardiamo in Alto diventiamo bestie
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“Secondo
i più recenti studi pare che ci sia stato un periodo della vita umana
in cui eravamo quadrupedi, e che l’essere quadrupedi sia scomparso
perché l’uomo ha incominciato a guardare le stelle, e nel guardare le stelle la struttura fisiologica si è articolata nel senso che abbiamo anche oggi. Adesso
culturalmente sta avvenendo l’opposto, stanno rimettendoci in una
posizione “da quadrupedi”, perché invece di guardare le stelle, cioè il
senso, guardiamo noi stessi e le nostre reazioni, quindi corriamo il
pericolo di tornare quadrupedi, sia moralmente sia culturalmente. Anni
fa ho apprezzato le arti rupestri: lì si vede con molta chiarezza il
momento in cui l’uomo capisce che la sua vita sta nel guardare il cielo”
L. Negri, Emergenza educativa
Grazie a: www.cogitor.splinder.com
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Postato da: giacabi a 13:59 |
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negri, senso religioso
Il cuore di ogni uomo
desidera la stessa cosa
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“Una volta trovai un amico. “Fortunato me – dissi – è stato fatto per me”. Ma ora trovo nuovi e nuovi amici, che sembrano essere fatti per me, e altro e altro ancora, fatto per me. E' mai possibile che noi tutti, su tutta la terra, siamo stati fatti l'uno per l'altro?»”
G.K. Chesterton, Autobiografia
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Postato da: giacabi a 14:49 |
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chesterton, senso religioso
Il senso del vivere
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“ Nessuno
ha tempo o modo d'arrestarsi un momento a considerare, se quel che vede
fare agli altri, quel che lui stesso fa, sia veramente ciò che
sopratutto gli convenga, ciò che gli possa dare quella certezza vera,
nella quale solamente potrebbe trovar riposo.
Il riposo che ci è dato dopo tanto fragore e tanta vertigine è gravato
da tale stanchezza, intronato da tanto stordimento, che non ci è più
possibile raccoglierci un minuto a pensare. Con una mano ci teniamo la
testa, con l'altra facciamo un gesto da ubriachi.
Svaghiamoci!
Sì.
Più faticosi e complicati del lavoro troviamo gli svaghi che ci si
offrono; sicché dal riposo non otteniamo altro che un accrescimento di
stanchezza.
Guardo
per via le donne, come vestono, come camminano, i cappelli che portano
in capo; gli uomini, le arie che hanno o che si danno; ne ascolto i
discorsi, i propositi; e in
certi momenti mi sembra così impossibile credere alla realtà di quanto
vedo e sento, che non potendo d'altra parte credere che tutti facciano
per ischerzo, mi domando se veramente tutto questo fragoroso e
vertiginoso meccanismo della vita, che di giorno in giorno sempre più si
complica e s'accelera, non abbia ridotto l'umanità in tale stato di
follia, che presto proromperà frenetica a sconvolgere e a distruggere
tutto.”
Pirandello ,Quaderni di Serafino Gubbio operatore
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Postato da: giacabi a 20:46 |
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pirandello, senso religioso
Il cuore desidera l’Infinito
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“Le
creature non nascono con un desiderio, se di quel desiderio non esiste
una soddisfazione. Un bimbo ha fame: esiste il cibo. Un anatroccolo
vuole nuotare: esiste l’acqua e così via. Se trovo in me un desiderio che nessuna esperienza di questo mondo è in grado di soddisfare, la spiegazione più probabile è che io sia stato creato per un altro mondo”.
C. Lewis
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Postato da: giacabi a 21:30 |
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lewis, senso religioso
L’uomo è desiderio di infinito
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« Nulla di finito, nemmeno l'intero mondo, può soddisfare l'animo umano che sente bisogno dell'eterno. »
Soren Kierkegaard |
Postato da: giacabi a 13:23 |
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senso religioso, kierkeergaard
Il senso religioso
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" Se l'uom tra bara e culla
Si perpetua, e le sue croci
Son legno di un tronco immortale
E le sue tende frale germoglio
D'inesausto rigoglio,
Questo è cieco destin che si trastulla?
Se van dall'universo eterne voci
e dagli atomi ai soli si marita
Fra glorie ardenti e tenebrosi falli
Una grandezza infinita
Che lo spirito intende,
Questo è per nulla?
Clemente Rebora
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Postato da: giacabi a 14:02 |
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rebora, senso religioso
Il senso religioso
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Alla mia solitudine di gelo ,
al mio sgomento , al mio lento morire
parla ne le stellate notti il cielo
d'altre arcane vicende da subire
sempre dentro al mistero e in questo anelo .
" E fino a quando ?" l'anima sospira .
Infinito silenzio in alto accoglie
la sua dimanda . Pur tremarne mira
le stelle in ciel , quasi animate foglie
d'una selva , ove arcano alito spira . Pirandello : Dialoghi tra il Gran Me e il piccolo me
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Postato da: giacabi a 20:18 |
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pirandello, senso religioso
Il senso religioso
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"noi siamo legati all’invisibile più strettamente che al visibile... Ciò che per i filosofi è la ragione, per i poeti in senso stretto è la fede. L’intera nostra vita è culto religioso"
Novalis
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