Robert Spaemann:
la scienza è un bene,
ma l’uomo non smetta mai di contemplare
INT.
Robert Spaemann (Berlino, 1927) e' uno dei maggiori filosofi del nostro tempo, erede della Cattedra che fu di Hans G. Gadamer, ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo del dibattito sull'etica contemporanea, in sintonia con gli studi dell'amico Joseph Ratzinger.
venerdì 18 dicembre 2009
Ieri
era l’ateismo materialista, nelle sue varie colorazioni ideologico
politiche. Più tardi è stato l’indifferentismo religioso ad attaccare
la credenza dell’uomo in Dio. Ma la persona non ha mai smesso di
interrogarsi sul senso di tutto. Senza credere in Dio, dice il filosofo tedesco Robert Spaemann,
l’uomo ci perde: è meno libero. Perché ne va della ricerca della
verità e del suo fine e dunque dell’io stesso che domanda. Ma è il cristianesimo la risposta definitiva alla ricerca, «non solo perché ipotesi di un altro mondo o di un'altra visione della realtà - dice Spaemann - ma perché la Verità si è fatta carne».
Da chi viene oggi il vero attacco contro Dio e la religione?
In
ogni tempo della storia ci sono state cause e motivi diversi che
hanno provocato le più svariate domande circa l’esistenza di Dio.
Sebbene in molti lo sostengano, oggi il problema non mi sembra che
riguardi come l’uomo possa venir liberato dagli obblighi della
religione. In realtà la maggior parte delle persone, più o meno inconsapevolmente, fa esperienza di una minaccia della propria libertà da parte della scienza e della tecnologia. Le scienze naturali hanno sempre di più espanso il loro dominio negli ambiti della vita delle persone.
Il progresso delle scienze sperimentali non è “innocente”?
Purtroppo i mezzi di questo dominio sono anche mezzi di potere sull’uomo e, soprattutto, del potere di uomini su altri uomini.
Tale dominio sull’uomo ha raggiunto oggi confini enormi e minacciosi,
come la possibilità che abbiamo, o presto avremo, di incidere
geneticamente sul profilo biologico di una persona. Oppure pensiamo alle neuroscienze il cui principale intento è quello di dimostrarci che la nostra libertà e il nostro libero arbitrio sono un’illusione. Le
estreme conseguenze di questa logica potrebbero portarci a
imprigionare tutti coloro il cui profilo genetico e neurologico
descrive come potenziali criminali.
E come entra in gioco Dio?
La fede in Dio in questo contesto equivale alla libertà dell’uomo. Libertà intesa come ricerca della verità. In questa ricerca l’Illuminismo ha cercato di sostituire totalmente la fede con la ragione, ma proprio qui risiede il grande errore dell’Illuminismo: l’aver negato a priori la validità della fede come elemento per raggiungere la verità. Come ultima conseguenza lo scientismo
ha contestato poi il fatto che la ragione abbia a che fare con la
verità, circoscrivendo la ragione a un ambito puramente empirico. Mentre è la fede, come apertura alla realtà, l’unica vera compagna della ragione.
In queste sue risposte si avverte l’eco della critica che Horkheimer e Adorno fecero nei confronti dell’Illuminismo (cfr ilsussidiario.net 18-3-2009). Come spiega però la coesistenza dei dogmi dello scientismo e dell’assenza di verità proclamata dal relativismo?
Come dicevo, lo scientismo
riduce la ragione a un solo ambito circoscritto. Una verità che valga
per tutti è negata anche dallo scientismo. In questo modo lo
scientismo si può conciliare con il relativismo. Nietzsche è stato il primo a portare agli estremi la conseguenza di questo ragionamento. Se non c’è Dio e non c’è la Verità possono esistere solo le prospettive di ogni singola persona. Non esiste una prospettiva “universale”. E Rorty, neopragmatico, lo ha ribadito sinteticamente: “desiderare la verità significa credere in Dio, infatti non c’è la verità”. Naturalmente è vero che lo scientismo pretende per sé che le proprie tesi siano verità. Il suo successo viene nutrito dai passi avanti che quotidianamente fa la scienza. Utilizza i progressi scientifici per propagandare l’illusione che la scienza sappia totalmente definire l’uomo.
Nel
suo recente discorso al convegno della Cei lei si domanda «di quale
tipo è la realtà del passato, l’eterno essere vera di ogni verità». E
pone la questione come obiezione al relativismo. Potrebbe spiegare la
centralità di questo ragionamento?
Il passato rimane vero così come questa intervista è stata fatta e rimarrà tale per milioni di anni, per sempre.
Questa di primo acchito è una risposta al relativismo. Perché nessuno
potrà negare che ci sia stata: c’è stata punto e basta. Ma qui scatta
il vero problema dell’interpretazione soggettiva. Oggi siamo propensi come mentalità comune a pensare che un evento è accaduto per come lo si è vissuto.
Se si fosse conseguenti una persona potrebbe dichiarare «ho mal di
testa» e quindi un’altra iniziare a contraddire dicendo: «per come ti
sento io, non hai mal di testa». In realtà perdiamo così di vista il
fatto in sé, l’evento. In questo senso la mia domanda punta alla verità innegabile sulla natura di un evento, di qualcosa che è accaduto.
A
proposito di mentalità comune. Nel suo ultimo libro lei punta il dito
in particolare contro Rousseau nell’evidenziare gli errori della
modernità.
In realtà la mia opinione su Rousseau non è del tutto negativa. In lui indico piuttosto la sintesi dell’uomo moderno, l’esaltazione della soggettività di cui parlavo anche prima. E la stessa figura di Rousseau è percepita soggettivamente. Egli
è sia un eroe della rivoluzione sia della controrivoluzione; per
qualsiasi lato lo si prenda può essere insignito come paladino. In
questo senso Lévi-Strauss, recentemente scomparso, ha giustamente
detto che Rousseau è il padre di tutti.
Quindi un modello, ma certamente non un’origine. A quali cause lei fa invece risalire il pensiero moderno?
Gli aspetti sono naturalmente molteplici. Se devo trovare però una radice comune sarei propenso a indicare l’abbandono totale della visione teleologica della realtà, la disillusione dal fatto che la realtà abbia un fine. Questa
visione comincia già nel tardo Medioevo. Francis Bacon è il primo ad
affermare che il considerare le cose per il loro fine non ci serve
assolutamente a nulla. Thomas Hobbes sostiene che conoscere un oggetto
significa sapere cosa ne dobbiamo fare se lo possediamo. Di
qui è derivato l’abbandono del rapporto contemplativo con la realtà e
il conseguente tentativo di dominarla da parte dell’uomo.
La scienza non ha alcun merito?
Tutt’altro. I
meriti della scienza e della visione scientifica sono innegabili,
hanno alleggerito di molto il lavoro e le sofferenze dell’uomo. Ma la
pretesa scientistica di assurgere a unico tipo di conoscenza
possibile ha messo da parte un altro tipo di rapporto con la realtà,
altrettanto fondamentale.
Per
quale motivo lei vede nella Chiesa Cattolica l’unica risposta alle
minacce dell’epoca moderna nei confronti dell’umanità?
Bisogna fare chiarezza. Credo che molte
persone vivano l’esperienza di un enorme malessere nei confronti del
dominio della tecnica, nella perdita di valori e del senso
dell’esistenza. Prima abbiamo
parlato di Horkheimer. Ebbene io sono totalmente d’accordo con la
critica da lui mossa nei confronti dell’Illuminismo, sposo quasi in
tutto la sua visione. Il problema è che nel pensiero di Horkheimer non
c’è terapia, non c’è soluzione. C’è l’“hotel abisso” a Francoforte,
come diceva Ernst Bloch. La critica riguarda solo l’aspetto distruttivo. Il
cristianesimo è la risposta non solo perché ipotesi di un altro mondo
o di un'altra visione della realtà, ma perché la Verità si è fatta
carne. È un fatto di cui la Chiesa rende testimonianza e che rende unica l’esperienza di risposta alle domande dell’uomo.
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Postato da: giacabi a 08:00 |
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ragione, cristianesimo, spaeman, scienza - articoli
L’ABOLIZIONE DELL’UOMO
Oggi sul www.foglio.it ho trovato questa intervista
di Giulio Meotti a Robert Spaemann
ne riporto ampi stralci:
….. Robert Spaemann è nato nel 1927 a Berlino,
ha insegnato filosofia a Münster, Stoccarda,
Monaco e Heidelberg, dove è
subentrato nella prestigiosissima cattedra
tenuta per decenni da Hans
Georg Gadamer. Amico di Benedetto
XVI, è autore di numerosi scritti di
etica e di filosofia politica, classici del
pensiero contemporaneo.
Spaemann ha accettato di discutere
a lungo con il Foglio della decisione
europea di aprire alle ricerche sugli
embrioni umani. Secondo questo banditore
della benevolenza, oggi è più
che mai necessario concepire l’uomo
come un essere che è contemporaneamente
naturale e aperto all’assoluto,
per metterlo al riparo da quella che
G.K. Chesterton chiamava “la desolante
minaccia del materialismo
scientifico personificata dal Nuovo
Puritanesimo”. “I diritti umani dipendono
dal fatto che nessuno è autorizzato
a definire il gruppo di coloro ai
quali essi spettano o non spettano –
sostiene Spaemann – Ciò significa che
tali diritti, benché fondati nella personalità
dell’uomo, debbono essere riconosciuti
ad ogni essere che nasce
dall’uomo, e questo fin dal primo momento
della sua esistenza puramente
naturale, senza che debbano essere
introdotti criteri aggiuntivi contenutistici
di alcun genere..
Se guardiamo a ciò ‘che la natura fa
dell’uomo’ facciamo della biologia e
parliamo inevitabilmente di qualcosa
che è meno dell’uomo. Poiché la natura
non ‘fa’ la persona”.
Veniamo all’embrione, per la cui
produzione e sfruttamento di massa
Spaemann ha parole di fuoco: “Se il
rispetto per la dignità umana dipende
dal consenso degli altri, allora un giorno
potremo allevare una generazione
di schiavi con la manipolazione genetica.
Perché non dovremmo, se la dignità
umana non esiste ma c’è solo
quella della volontà? Un cannibale ha
trovato su Internet uno disposto a farsi
mangiare. E’ avvenuto tutto con il
loro accordo. Da un punto di vista relativistico
non era un crimine”. Il
grande biochimico Erwin Chargaff
disse che saremmo presto entrati in
“un tempo in cui i cadaveri non verranno
più seppelliti o bruciati ma saranno
macellati in modo industriale
perché contengono terribilmente tante
sostanze pregiate”……
L’essere umano non può essere sottomesso,
l’embrione non è mezzo per interessi
di altri esseri umani, malati o
anziani, ma è sempre un fine.
Esiste anche un altruismo del male”. Come
quello, dice Spaemann, dell’Olanda
che “ha riabilitato di fatto l’eutanasia
nazista”. Il peggior nemico dell’uomo
ha le fattezze del “riduzionismo
biologico”. “Il riduzionismo di cui
parla Benedetto XVI è la riduzione
dell’unità umana ai suoi meri componenti.
La vita sarebbe solo uno stato fisico
e chimico. Ma questo è lo ‘sguardo
del medico di Auschwitz’. Ad Auschwitz
le persone erano materiale
per esperimenti. Il problema oggi più
grave è la negazione della personalità
dell’embrione. Se parti dall’idea che
l’embrione non è un essere umano, allora
puoi fargli tutto ciò che vuoi. Ma
è contro ragione pensare così……..
Per la scienza non può esistere una
cosa chiamata ‘dignità umana’……….
..
L’uomo, spiega Spaemann, è l’unico
essere vivente che sappia cosa significhi
creare, che conosca la relazione
fra l’amore e la generazione e l’unico
a chiamare “parenti” i membri della
propria specie, non “esemplari” come
le scimmie. ………..le nostre nozioni biologiche
sono all’avanguardia rispetto al Medioevo,
San Tommaso non conosceva il
Dna. Oggi sappiamo che esiste una
stretta continuità dell’essere umano.
Se sostieni che l’embrione umano non
è ancora una persona, devi accettarne
le conseguenze, ad esempio, per i malati
in coma non coscienti. Le conseguenze
di questa visione saranno terribili.
Il filosofo Peter Singer pensa
che l’idea di persona valga solo per
coloro che sono coscienti, cioè elabora
una differenza fra l’essere umano e
la persona. Ma è una distinzione tipicamente
nazista. I nazisti usarono
questa distinzione, gli ebrei non erano
persone ma una sorta di essere
umano. Per questo è importante insistere
sulla personalità dell’uomo e sul
pericolo di una scienza che vede la
realtà solo come condizionamento. C’è
bisogno di una teoria della soggettività
dell’essere umano per bilanciare
la scienza. Perché la tecnica moderna
e la medicina possono essere una minaccia
per l’umanità.. La proposizione secondo
cui è bene conservare la vita è
posta solo in termini dell’utilità. Il riduzionismo
e l’evoluzionismo biologico
devono misconoscere “il reale significato
delle parole con cui esprimiamo
la nostra ammirazione morale
per la bellezza di un modo di agire o
la nostra disapprovazione di fronte a
un comportamento mostruoso”.
Per Spaemann, che l’uomo e l’embrione
siano oggetto di osservazione è
qualcosa di letale per la loro libertà.
“Quando Sartre in una delle sue opere
teatrali afferma che l’inferno sono
gli altri, presuppone che lo sguardo
dell’uomo sia sempre uno sguardo
cartesiano, cioè una stretta oggettivizzazione
di ciò su cui lo sguardo cade……”.
Parla dello “sguardo sotto il quale l’uomo
diventa uomo, lo sguardo della madre
al bambino che le è nato è di regola
uno sguardo d’amore”. Il biologo Richard
Dawkins la sottomette a un lancinante
riduzionismo. “Una madre è
una macchina per la diffusione ottimale
dei suoi geni, noi siamo delle
macchine robotizzate da sopravvivenza,
ciecamente programmate per la
conservazione di quelle molecole
egoiste che si chiamano geni”, scrive
Dawkins.
La scienza riduzionista che “vuole
superare l’uomo” fa sì che non possiamo
esigere più alcun rispetto incondizionato.
“Se la vita deve essere conservata
solo perché è utile alla vita, allora
una persona è un mezzo ridotto ai
fini di altre persone. Così la fondamentale
eguaglianza dei membri della
famiglia umana è totalmente minacciata.
Il miglior argomento contro
l’utilitarismo dell’essere umano l’ha
fornita Immanuel Kant. Ciò che molti
non sanno è che Kant parlava della
personalità dell’essere umano. Il suo
grande argomento era che il soggetto
della libertà non è immaginabile come
il risultato di processi naturali,
non possiamo capire come il processo
naturale possa produrre soggetti capaci
di libertà. Non possiamo cioè stabilire
un inizio, siamo obbligati a considerare
tutto ciò che generiamo al
momento della generazione ‘persona
umana’. Non si tratta di un argomento
religioso, quanto scettico. E’ impossibile
dire quando inizia il soggetto di
libertà, da qui il rispetto assoluto di
tutti gli esseri umani nascenti”…
La domanda sull’uomo non può essere
soddisfatta dalla “formula chimica
della struttura del Dna dei geni
umani, che del resto è particolarmente
simile a quella del maiale domestico”.
Per questo è irrinunciabile l’editto
di Blaise Pascal sull’uomo che supera
infinitamente l’uomo. “La natura
fa emergere nell’uomo qualcosa che è
più che natura: ‘nobilior’ dice San
Tommaso. L’uomo non è questo più, è
l’essere nel quale la natura va oltre se
stessa verso il di più”.
Se giudichi l’uomo da ciò che si può
osservare scientificamente, al microscopio
e in laboratorio, non capirai
mai ciò che è veramente l’uomo. “E
puoi ucciderlo senza problemi. Ci sono
due visioni dell’uomo: la riduzionista
che considera reale solo ciò che si
osserva; e quella in cui l’uomo è totalmente
altro, un pezzo divino. Pascal,
cristiano e scienziato, sapeva che l’uomo
è più dell’homo sapiens erectus,
nel linguaggio evoluzionistico. Così la
giustizia è solo per l’uomo, per gli animali
c’è solo l’obbligo, non giustizia”.
Chargaff disse che alla domanda su
che cos’è l’uomo, Pindaro rispose “il
sogno di un ombra”. “Non avrebbe potuto
né voluto dar credito alla domanda:
di cos’è fatto l’uomo? Questa risposta
era riservata a noi: di proteine
e di grasso, acidi nucleici e zuccheri.
Ma ciò che non abbiamo capito è che
questi elenchi sono del diavolo”. Dice
Spaemann: ……
In Germania il “sì” europeo alla ricerca
ha resuscitato per un po’ il passato
hitleriano…..
“Oggi, ancora una volta, l’homme de
l’homme e l’homme de la nature deve
essere sostituito dalla creazione dell’uomo
da parte dell’uomo. Sarà il dominio
totale dei morti, la generazione
presente pianificherà le generazioni
future e quando i vivi scompariranno
lasceranno dietro di sé un totale dominio
sul modo di vivere. Il genetista
Jérôme Lejeune usava l’analogia fra i
campi di concentramento e gli embrioni
umani. La Chiesa è una forza liberatrice
e sta dalla parte della ragione.
Benedetto XVI difende la ragione
contro lo scientismo e una distruttiva
idea della ragione. …..La verità non è un’idea
scientifica e la scienza ha una tendenza
a distruggere se stessa. Non puoi
chiederle il rispetto del prodotto dell’evoluzione”.
Per questo, conclude
questo retore della dignità che rende
il cuore meno duro, “andare in soccorso
agli uomini significa andare in
soccorso a esseri naturali che sono ciò
che sono, non significa farne qualcosa
di diverso. Non abbiamo bisogno di
andare in aiuto degli angeli perché
siamo noi ad avere bisogno del loro
aiuto”. Perché il passato è come un gigante
con i piedi rivolti verso i vivi.
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