Solo nella tradizione è il mio amore
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Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle Chiese,
dalle pale d'altare, dai borghi
dimenticati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l'Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopo storia,
cui io sussisto, per privilegio d'anagrafe,
dall'orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno d'ogni moderno
a cercare i fratelli che non sono più.
Pasolini
"Che cosa vuole esprimere con questa sua nuova opera?"Il regista-Orson Welles, dopo aver letto una poesia di Pasolini ("Io sono una forza del passato...), tenendo tra le mani il libro Mamma Roma, dice infine al giornalista (mentre quest'ultimo idiotamente ride):
"Il mio intimo, profondo, arcaico cattolicesimo."
"Che cosa ne pensa della società italiana?"
"Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d'Europa."
"Che cosa ne pensa della morte?"
"Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione"
"Lei non ha capito niente perché lei è un uomo medio: un uomo medio è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista, qualunquista. Lei non esiste... Il capitale non considera esistente la manodopera se non quando serve la produzione... e il produttore del mio film è anche il padrone del suo giornale... Addio."In un breve scritto del 1961, infine, Pasolini così si espresse:
"Nulla muore mai in una vita. Tutto sopravvive. Noi, insieme, viviamo e sopravviviamo. Così anche ogni cultura è sempre intessuta di sopravvivenze. Nel caso che stiamo ora esaminando [La ricotta] ciò che sopravvive sono quei famosi duemila anni di "imitatio Christi", quell'irrazionalismo religioso. Non hanno più senso, appartengono a un altro mondo, negato, rifiutato, superato: eppure sopravvivono. Sono elementi storicamente morti ma umanamente vivi che ci compongono. Mi sembra che sia ingenuo, superficiale, fazioso negarne o ignorarne l'esistenza. Io, per me, sono anticlericale (non ho mica paura a dirlo!), ma so che in me ci sono duemila anni di cristianesimo: io coi miei avi ho costruito le chiese romaniche, e poi le chiese gotiche, e poi le chiese barocche: esse sono il mio patrimonio, nel contenuto e nello stile. Sarei folle se negassi tale forza potente che è in me: se lasciassi ai preti il monopolio del Bene".«la tradizione rifiuta di sottomettersi alla piccola e arrogante oligarchia di coloro che per caso si trovano ad andare per la maggiore»
Chesterton
Postato da: giacabi a 11:02 |
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pasolini, tradizione, chesterton
IO SONO UNA FORZA DEL PASSATO
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"Io sono una forza del Passato. Solo nella tradizione è il mio amore. Vengo
dai ruderi, dalle Chiese, dalle pale d'altare, dai borghi dimenticati
sugli Appennini o le Prealpi, dove sono vissuti i fratelli. Giro per la Tuscolana come un pazzo, per l'Appia come un cane senza padrone. O
guardo i crepuscoli, le mattine su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria, cui io sussisto, per privilegio
d'anagrafe, dall'orlo estremo di qualche età sepolta. Mostruoso
è chi è nato dalle viscere di una donna morta. E io, feto adulto, mi
aggiro più moderno d'ogni moderno a cercare i fratelli che non sono più".
Pier Paolo Pasolini
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Postato da: giacabi a 07:30 |
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pasolini, cristianesimo, tradizione
Tradizione europea
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«Tradizione
europea significa non poter mai vi vere al di là della coscienza
riducendola ad un apparato anonimo come la legge o lo stato. Questa fermezza della coscienza è una eredità della tradizione greca, cristiana e borghese. L'irriducibilità
della coscienza alle istituzioni è minacciata nell' epoca dei mezzi di
comunicazione di massa, degli stati totalitari e della generale
computerizzazione della società. Infatti
è molto facile per noi riuscire a immaginare istituzioni organizzate
così perfettamente da impor- re come legittima ogni loro azione.Basta
disporre di una efficiente organizzazione per legittimare qualunque cosa. Così potremmo sintetizzare l'essenza di ciò che ci minaccia: gli
stati si programmano i cittadini, le industrie i consumatori, le case
editrici i lettori, eccetera... Tutta la società un po' alla volta di
viene qualcosa che lo stato si produce».
Vaclav Belohradsky
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Postato da: giacabi a 09:09 |
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nichilismo, tradizione
Le radici sarde
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Postato da: giacabi a 16:14 |
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tradizione
La cultura di un popolo
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«La
cultura di un popolo è quel complesso di valori vissuti come verità che
appaiono dai riti, dai gesti, dai costumi e si esprime nella oralità
oltre che nella scrittura. Abituati come siamo a ritenere come cultura l’istruzione, soprattutto quella scolastica, giudichiamo
ignoranti quei popoli che l’abbiano scarsa o nulla e crediamo di
beneficarli riempendone i territori di scuole dopo averne distrutto le
tradizioni e mutilato il paesaggio, nonché dilapidato le materie prime. Ora siamo diventati colonizzatori di noi stessi. Dopo
aver distrutto la cultura altrui, stiamo distruggendo la nostra e tocca
a noi stavolta sopportare quella che è forse la maggior sofferenza per
l’uomo: il franamento culturale».
Rodolfo Quadrelli
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Postato da: giacabi a 14:49 |
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tradizione
Tratto da: http://www.charta77.org/Jan_Korec.htm
Il cristianesimo è una componente viva del mondo contemporaneo.
La comunità cristiana portava in sé il nucleo di una nuova vita e di un nuovo ordine sociale. Quella fede, il cui fondatore nacque al tempo di Cesare Augusto e fu giustiziato sotto il suo successore Tiberio, ha continuato a svilupparsi. I credenti hanno creato rapidamente una comunità enorme, a cui portavano rispetto come a Dio e a cui consacravano la propria vita. (...) Ritorniamo a ciò che possiamo osservare attorno a noi, nel nostro mondo moderno, e cerchiamo di seguire il flusso del cristianesimo andando contro corrente fino alla fonte. Se vogliamo riconoscere la vita più profonda del cristianesimo, osserviamo alcune vere comunità cristiane. Ci accorgeremo che oltre ad attività sociali e di studio,
Dal libro Jezis zd'aleka a zblizka, (ed. Dobra kniha, 1981) sulla figura di Cristo.
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Postato da: giacabi a 14:15 |
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chiesa, tradizione
La poesia della tradizione
(Pier Paolo Pasolini 1971 - da Trasumanar e organizzar )
Oh generazione sfortunata!
Cosa succederà domani, se tale classe dirigente
quando furono alle prime armi
non conobbero la poesia della tradizione
ne fecero un'esperienza infelice perché senza
sorriso realistico gli fu inaccessibile
e anche per quel poco che la conobbero, dovevano dimostrare
di voler conoscerla sì ma con distacco, fuori dal gioco.
Oh generazione sfortunata!
che nell'inverno del '70 usasti cappotti e scialli fantasiosi
e fosti viziata
chi ti insegnò a non sentirti inferiore —
rimuovesti le tue incertezze divinamente infantili —
chi non è aggressivo è nemico del popolo! Ah!
I libri, i vecchi libri passarono sotto i tuoi occhi
come oggetti di un vecchio nemico
sentisti l'obbligo di non cedere
davanti alla bellezza nata da ingiustizie dimenticate
fosti in fondo votata ai buoni sentimenti
da cui ti difendevi come dalla bellezza
con l'odio razziale contro la passione;
venisti al mondo, che è grande eppure così semplice,
e vi trovasti chi rideva della tradizione,
e tu prendesti alla lettera tale ironia fintamente ribalda,
erigendo barriere giovanili contro la classe dominante del passato
la gioventù passa presto; oh generazione sfortunata,
arriverai alla mezza età e poi alla vecchiaia
senza aver goduto ciò che avevi diritto di godere
e che non si gode senza ansia e umiltà
e così capirai di aver servito il mondo
contro cui con zelo «portasti avanti la lotta»:
era esso che voleva gettar discredito sopra la storia — la sua;
era esso che voleva far piazza pulita del passato — il suo;
oh generazione sfortunata, e tu obbedisti disobbedendo!
Era quel mondo a chiedere ai suoi nuovi figli di aiutarlo
a contraddirsi, per continuare;
vi troverete vecchi senza l'amore per i libri e la vita:
perfetti abitanti di quel mondo rinnovato
attraverso le sue reazioni e repressioni, sì, sì, è vero,
ma sopratutto attraverso voi, che vi siete ribellati
proprio come esso voleva, Automa in quanto Tutto;
non vi si riempirono gli occhi di lacrime
contro un Battistero con caporioni e garzoni
intenti di stagione in stagione
né lacrime aveste per un'ottava del Cinquecento,
né lacrime (intellettuali, dovute alla pura ragione)
non conosceste o non riconosceste i tabernacoli degli antenati
né le sedi dei padri padroni, dipinte da
—e tutte le altre sublimi cose
non vi farà trasalire (con quelle lacrime brucianti)
il verso di un anonimo poeta simbolista morto nel
la lotta di classe vi cullò e vi impedì di piangere:
irrigiditi contro tutto ciò che non sapesse di buoni sentimenti
e di aggressività disperata
passaste una giovinezza
e, se eravate intellettuali,
non voleste dunque esserlo fino in fondo,
mentre questo era poi fra i tanti il vostro dovere,
e perché compiste questo tradimento?
per amore dell'operaio: ma nessuno chiede a un operaio
di non essere operaio fino in fondo
gli operai non piansero davanti ai capolavori
ma non perpetrarono tradimenti che portano al ricatto
e quindi all'infelicità
oh sfortunata generazione
piangerai, ma di lacrime senza vita
perché forse non saprai neanche riandare
a ciò che non avendo avuto non hai neanche perduto:
povera generazione calvinista come alle origini della borghesia
fanciullescamente pragmatica, puerilmente attiva
tu hai cercato salvezza nell'organizzazione
(che non può altro produrre che altra organizzazione)
e hai passato i giorni della gioventù
parlando il linguaggio della democrazia burocratica
non uscendo mai della ripetizione delle formule,
ché organizzar significar per verba non si poria,
ma per formule sì,
ti troverai a usare l'autorità paterna in balia del potere
imparlabile che ti ha voluta contro il potere,
generazione sfortunata!
Io invecchiando vidi le vostre teste piene di dolore
dove vorticava un'idea confusa, un'assoluta certezza,
una presunzione di eroi destinati a non morire
oh ragazzi sfortunati, che avete visto a portata di mano
una meravigliosa vittoria che non esisteva!
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