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sabato 25 febbraio 2012

Wilde


Wilde, l’”anticlericale” che dedicava poesie al Papa

By Rai Vaticano | Dicembre 15, 2011
 
Recentemente, in un talk show radiofonico, un esponente del movimento gay italiano intervistato sulla storia del movimento omosessuale, citava, tra i tanti personaggi del mondo della cultura, dell’arte e della scienza che hanno avuto chiare tendenze omosessuali anche – e con ragione - Oscar Wilde.
Di lui, oltre alle doti di scrittore, saggista e commediografo, il nostro intervistato apprezzava soprattutto il coraggio di non aver nascosto la sua “diversità”, specialmente nell’Inghilterra del XIX secolo intrisa di perbenismo vittoriano, nonché la sua intelligenza ed il suo sarcasmo tipici – sottolineava - proprio del mondo omosessuale. Insomma – concludeva – una vera bandiera gay contro i troppi bigottismi, specialmente religiosi, di cui proprio la Chiesa cattolica è ancora oggi il maggior fautore.
Peccato che questa prolusione dimenticasse un piccolo particolare: la “bandiera” dell’orgoglio gay ebbe non solo un pentimento totale riguardo la propria vita, ma concluse i suoi giorni con la conversione alla tanto “vituperata” fede cattolica, tanto da esalare l’ultimo respiro avendo tra le mani un rosario. Wilde non fu il solo, nella sua cerchia di amici, a trovare nella Chiesa Cattolica la risposta alle tante inquietudini spirituali. Ma molti, nell’ambito della realtà gay, hanno sempre contestato questa sua conversione avvenuta, a sentir loro, nei termini di una coercizione su un malato terminale.
Ma non è affatto andata così.
Le contraddizioni, le grandezze e le meschinità di un personaggio come Wilde certo non si possono approfondire in qualche nota: io mi limiterò solamente a sottolineare come, nonostante la complessità della sua storia, la sua conversione non sia maturata solamente negli ultimi istanti di vita, ma sia stata invece il frutto di una ricerca durata lungo tutta la sua esistenza.
Irlandese, Wilde era nato a Dublino nel 1854, da padre fervente anglicano e madre cattolica, la quale, in gran segreto per paura del marito, fece battezzare il piccolo Oscar. Per chi non conosce le vie del Signore, certamente quel battesimo, doveva essere stato poco meno che un po’ di acqua fresca; ma per fortuna non fu così.
La vita di Oscar Wilde fu spesso tormentata da un cinico disprezzo per gli altri, come dimostrano i suoi salaci aforismi, dall’assillante ricerca di un piacere trasgressivo fine a sé stesso attraverso ogni tipo di condotta, intrattenendo talvolta rapporti che lo stesso scrittore definirà alla fine della sua vita come umilianti. Nel 1898, all’uscita dal carcere dopo aver scontato due anni per la condanna contro la morale, scrive “De Profundis”, un romanzo epistolare dedicato proprio al suo amante e causa della sua rovina, Alfred Douglas, al quale ricorda ”…solo nel fango ci incontravamo” ed aggiunge: “ma soprattutto mi rimprovero per la completa depravazione etica a cui ti permisi di trascinarmi”. (Ediz. Mondadori, 1988).
Altro che orgoglio gay!
A smentire poi l’idea di una falsa conversione al cattolicesimo, ricordiamo che poche settimane prima di morire, intervistato da un giornalista del Daily Chronicle, dichiarava tra l’altro: ”Buona parte della mia perversione morale è dovuta al fatto che mio padre non mi permise di diventare cattolico. L’aspetto artistico della Chiesa e la fragranza dei suoi insegnamenti mi avrebbero guarito dalle mie degenerazioni”. Concludeva quindi in maniera risoluta: ”Ho intenzione di esservi accolto al più presto”. (Ediz. Rizzoli, 1991).
In un celebre aforisma dichiarava tra l’ironico e il feroce che: ”La Chiesa cattolica è soltanto per i santi ed i peccatori; per le persone rispettabili va benissimo quella anglicana”. Riguardo il peccato e il peccatore, merita di riportare quanto scrive, sempre nel “De Profundis”: ”Il Credo di Cristo non ammette dubbi e che sia il vero Credo io non ho dubbi (frase che andrebbe ricordata oggi a tanti catto-progressisti, ndr) Naturalmente il peccatore deve pentirsi. Ma perché? Semplicemente perché altrimenti sarebbe incapace di capire quanto ha fatto. Il momento della contrizione è il momento dell’iniziazione. Di più: è lo strumento con cui muta il proprio passato”. Prosegue poi ricordando ciò che affermava la filosofia greca: “Neanche gli dei possono mutare il passato” ed a questo Wilde risponde: ”Cristo dimostrò che il più comune peccatore poteva farlo, che anzi era l’unica cosa che egli sapesse fare. […] È difficile, per la maggior parte della gente, afferrare quest’idea. Oso dire che occorre andare in carcere per capirla bene. In tal caso, forse, vale la pena d’andarvi”.
Sempre su questo tema, Wilde confidava all’amico Andrè Gide: “La pietà è un sentimento meraviglioso, che prima non conoscevo […] Sapete quale nobile sentimento sia la pietà? Ringrazio Dio, sì, ogni sera ringrazio Dio in ginocchio di avermela fatta conoscere. Sono entrato in prigione con il cuore di pietra; non pensavo che al mio piacere… Ora il mio cuore si è aperto alla pietà. Ho capito che la pietà è il sentimento più profondo, più bello che esista. Ed ecco perché non serbo rancore verso chi mi ha condannato, né per nessuno dei miei detrattori: è merito loro se ho imparato cos’è la pietà”. (A. Gide, Ediz. Mercure, 1989). Parole che sicuramente non si possono ascrivere ad un senza Dio e ad un amante della trasgressione tout court.
Wilde ebbe occasione di incontrare due Papi nel visitare Roma. Il primo fu Pio IX, che suscitò in lui tale entusiasmo da dedicargli la poesia “Urbis Sacra Aeterna”, inserita in seguito in una raccolta di liriche dal titolo assai significativo ”Rosa Mystica”, l’altro fu il successore, Leone XIII, per il quale tra l’altro scrive: ”Quando vidi il vecchio bianco Pontefice, successore degli apostoli e padre della cristianità, portato in alto sopra la folla, passarmi vicino e benedirmi dove ero inginocchiato, io sentii la mia fragilità di corpo e di anima scivolare via da me come un abito consunto e ne provai piena consapevolezza”. Non sembrano di certo parole anticlericali! Wilde non perdeva occasione per battute caustiche anche sulla religione, come su tutte le cose. Ma a differenza di altri soggetti, non fu mai irrispettosamente dissacrante.
Ricordiamo inoltre che nel circolo di amici che con Oscar Wilde condividevano la trasgressione come unico elemento della vita, troviamo delle sorprese che dimostrano, al di là di ogni ragionevole dubbio, come la mano di Dio possa cambiare i destini degli uomini. Si convertì al cattolicesimo proprio Alfred Douglas, l’amante per il quale Wilde finì in carcere, ed anche suo padre, il marchese Queensberry, che essendosi dichiarato sempre ateo e materialista, in punto di morte chiese la conversione alla Chiesa cattolica.
Stessa sorte toccò a Robert Ross, il suo migliore amico che lo assistette fino all’ultimo; suo figlio Vivian, John Gray, che ispirò il famoso racconto di Dorian Gray, che divenne addirittura sacerdote; il pittore Aubrey Beardsley; Hunter Blair che prese l’abito benedettino; il poeta Andrè Raffalovich, divenuto terziario domenicano. E molti altri.
Forse, prima di definire Oscar Wilde “bandiera” dell’orgoglio gay, bisognerebbe rivedere con onestà intellettuale anche il significato della  conversione proprio a quella religione, la cattolica, definita dagli ambienti gay – e non solo - la più oscurantista e retrograda. Alla luce della vita di Oscar Wilde, ci permettiamo di dire che non è così.
Antonello Cannarozzo

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wilde

mercoledì, 14 settembre 2011

***
Uomo colto é colui che sa trovare

un significato bello alle cose belle.
(Oscar Wilde)

«È l'amore, e non la filosofia tedesca, la vera spiegazione di questo mondo, e Dio solo sa qual è la spiegazione dell'altro mondo»

(Oscar Wilde)

Postato da: giacabi a 11:29 | link | commenti
bellezza, wilde

sabato, 20 agosto 2011

AFORISMI DI OSCAR WILDE
***
-Oggi la gente sembra guardare alla vita come a una speculazione. Non è una speculazione, è un sacramento. Il suo ideale è l'amore, la sua purificazione è il sacrificio

-Nulla è pericoloso quanto l'essere troppo moderni. Si rischia di diventare improvvisamente fuori moda

-Amare se stessi è l'inizio di una storia d'amore lunga tutta la vita

-Viviamo in un'epoca in cui il superfluo è la nostra unica necessità

-La Bellezza è una forma del Genio, anzi, è più alta del Genio perché non necessita di spiegazioni. Essa è uno dei grandi fatti del mondo, come la luce solare, la primavera, il riflesso nell'acqua scura di quella conchiglia d'argento che chiamiamo luna. Non può essere interrogata: regna per diritto divino

-Chi è un cinico? Un uomo che conosce il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna

-'Esperienza' è il nome che tutti danno ai propri errori

-Se non si parla di una cosa, essa non è mai esistita. E semplicemente... l'espressione che dà realtà alle cose

 -Le disgrazie che sopportiamo... vengono dall'esterno, sono accidenti. Ma soffrire per un nostro errore - ah! - questo è il dolore più acuto che si possa provare nella vita

-Nulla dovrebbe essere oltre la speranza. La vita è una speranza

-Almeno una volta nella vita ogni uomo cammina con Cristo verso Emmaus

-Dobbiamo amare ciò che vi è di più alto quando lo vediamo!


Postato da: giacabi a 10:10 | link | commenti
wilde

venerdì, 19 agosto 2011

La bellezza
***

 
1. È meglio godere della bellezza di una rosa che studiarla al microscopio

2. Il guardare una cosa è ben diverso dal vederla. Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza
(O. Wilde).

Postato da: giacabi a 14:47 | link | commenti
bellezza, wilde

sabato, 04 giugno 2011

Oscar Wilde
         
 
Il cristianesimo fiabesco di
Oscar Wilde

di Antonio Giuliano
28-05-2011


Per dirla con uno dei suoi graffianti e paradossali aforismi: «L’unico modo per liberarsi da una tentazione è concedersi ad essa». Allora lasciatevi pure vincere dalla tentazione di rileggere le fiabe di Oscar Wilde (1854-1900), perché soprattutto due fra esse, Il gigante egoista e Il principe felice, sono parabole autentiche sull’amore e sul dolore.

Tanto più ora che le Edizioni Angolo Manzoni le hanno pubblicate in una veste grafica accattivante all’interno di una lodevole collana per ragazzi pensata per i dislessici o gli stranieri alle prese con una nuova lingua: carattere studiato ad hoc per garantire la massima leggibilità, illustrazioni pregevoli e testo inglese a fronte. A dare il via all’iniziativa è stato un altro celebre racconto di Wilde Il fantasma di Canterville, seguito dalle Fiabe dei fratelli Grimm e da La Bella e la Bestia di J.M. Leprince de Beaumont. Ora è la volta de Il gigante egoista e Il principe felice (pp. 116, euro 19,50), due piccoli gioielli che contribuiscono a svelare l’altro volto dell’eccentrico scrittore irlandese (nacque a Dublino nel 1854, ma fu presto di casa nei salotti londinesi), esponente di spicco del dandysmo e del decadentismo estetizzante grazie anche alla sua opera più nota Il ritratto di Dorian Gray.

Una vita segnata da un esagerato culto di sé, da un’etica votata al piacere e da comportamenti anticonformisti volti anche a sbeffeggiare i costumi severi dell’Inghilterra vittoriana. E tuttavia prima della discussa relazione con il suo amico (probabilmente amante) Alfred Douglas, e della condanna nel 1895 a due anni di carcere con l’accusa di omosessualità e condotta immorale, Oscar Wilde fu un marito felice. Sua moglie Costance gli aveva dato due figli, Cyril e Viyvyan, per i quali lo scrittore stravedeva. Per loro Oscar scrisse queste fiabe tenerissime, che in realtà parlano anche agli adulti di una Bellezza e una Bontà diversa, del tutto insospettabile se ci si attiene alla figura dello scrittore che ci è stata tramandata.

Da dove infatti spunta fuori quel Dio che chiude Il principe felice? Quella statua che piange perché in vita non si è accorto delle miserie umane è ora tutta protesa nella missione di far felice il prossimo. E la volontà di spogliarsi di tutti i gioielli con l’aiuto della rondine sembra richiamare il sacrificio innocente del Cristo fatto da san Paolo («Spogliò se stesso assumendo la condizione di servo divenendo simile agli uomini» Fil, 2, 6-7). Lo stesso Gesù che riecheggia anche nell’altro racconto Il gigante egoista, apologo sull’amore capace di cambiare anche il cuore più ostinato. Chi altro era altrimenti quel bambino con ferite sulle mani e nei piedi i segni di lunghi chiodi? Dinanzi a lui il gigante si intimorisce e si sente rivolgere una strana raccomandazione: «Una volta mi hai permesso di giocare nel tuo giardino, oggi verrai con me nel mio di giardino, che è il paradiso». Sin troppo facile ricordare la promessa di salvezza fatta da Cristo sulla croce al buon ladrone.

In realtà non capiremmo Oscar Wilde se ci attenessimo solo all’immagine di uomo dalle passioni disordinate e amorali, alfiere del “peter-panismo”, del mito dell’eterna giovinezza (come ne Il ritratto di Dorian Gray). Dietro la maschera di cantore di frivolezze si è infatti sempre nascosto un ricercatore di verità più profonde, di un Dio che alla fine non aveva mai smesso di tormentarlo. In fondo è stato sempre sottaciuto il suo lungo e difficile cammino di conversione al cattolicesimo, come spiega anche un saggio scorrevole e controcorrente Il ritratto di Oscar Wilde di Paolo Gulisano (Ancora, 2009, pp. 193, euro 14).

Del resto Wilde fu buon profeta di se stesso. «Il cattolicesimo è la sola religione in cui morirei» aveva detto probabilmente provocatoriamente in gioventù. Ma da allora aveva sempre schivato l’argomento. Anche perché come confidò più tardi, gli fu anche proibito. Lo rivelò durante la prigionia che segnò il culmine della sua conversione: «Buona parte della mia perversione morale è dovuta al fatto che mio padre non mi permise di diventare cattolico. L’aspetto artistico della Chiesa e la fragranza dei suoi insegnamenti mi avrebbero guarito dalle mie degenerazioni. Ho intenzione di esservi accolto al più presto». Il padre difendeva l’onorabilità della famiglia, perché in quel tempo diventare cattolico avrebbe significato retrocedere nella scala sociale. Rimase a lungo anglicano, ma senza alcun entusiasmo. Era attratto da una Chiesa di persone dal cuore passionale e non da tiepidi borghesi. Lo ribadì anche in uno dei suoi più pungenti aforismi: «La Chiesa cattolica è soltanto per i santi e i peccatori. Per le persone rispettabili va benissimo quella anglicana». Senza dire che nel 1877 fu folgorato da Pio IX, il Pontefice del Sillabo, dipinto come nemico del progresso. Grazie a un amico, Wilde fu ricevuto in udienza e ne rimase profondamente commosso al punto che dedicò al papa e a Roma una poesia “Urbs Sacra Aeterna”.

Decisive però furono le letture durante il carcere: Agostino, Dante e Newman. E il primo atto che fece da uomo libero fu una richiesta ai gesuiti di Londra per sei mesi di ritiro presso di loro. Prima di morire entrò nella Chiesa cattolica ricevendo il battesimo e gli ultimi sacramenti. Aveva fatto soffrire terribilmente la moglie Costance, ipercomprensiva e pronta a riaccoglierlo sempre, anche dopo la detenzione. Nonostante il marito finito in bancarotta, l’avesse costretta a lasciare l’Inghilterra per l’Italia con i figli e a cambiare persino il cognome. Ma la torbida passione con Douglas e la morte di Costance impedirono il ricongiungimento.

Wilde ai figli, che aveva comunque amato paternamente, lasciò però una raccomandazione: «La ricerca della bellezza è il vero segreto della vita». E suo figlio Vyvyan, ricordando la felice vita familiare d’un tempo, dirà: «Giocava spesso con noi (…e) quand’era stanco di giocare ci teneva tranquilli raccontandoci fiabe, o storie avventurose, di cui possedeva una riserva inesauribile. Ciryl una volta gli chiese perché aveva le lacrime agli occhi mentre ci raccontava la storia del gigante egoista, e lui rispose che le cose veramente belle lo facevano sempre piangere».


Postato da: giacabi a 17:10 | link | commenti
wilde

lunedì, 07 marzo 2011

OSCAR WILDE
***
http://www.soundoflife.net/wp-content/uploads/2007/11/oscar-wilde.jpg
 

"Gli dei m'avevano quasi tutto donato. Ma io mi lasciai poltrire e mi concessi dei lunghi periodi di tregua insensata e sensuale. Mi divertii a fare l'ozioso, il dandy, l'uomo alla moda. Mi circondai di poveri caratteri e di spiriti miserevoli. Divenni prodigo del mio proprio genio e provai una gioia bizzarra nello sperperare una giovinezza eterna. Stanco di vivere sulle cime, discesi volontariamente in fondo agli abissi per cercarvi delle sensazioni nuove. La perversità fu nell'orbita della passione quel che il paradosso era stato per me nella sfera del pensiero".lettera De Profundis destinata ad Alfred Douglas,

«Il cattolicesimo è la sola religione in cui valga la pena di morire».

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wilde

giovedì, 30 dicembre 2010
La peggior solitudine è essere privi di un'amicizia sincera.
Francis Bacon



Dov'è il dolore, la il suolo è sacro.
(Oscar Wilde)

La vera bellezza, dopo tutto, sta nella purezza di cuore.
(Gandhi)


Le passioni sono, per il nostro cuore, ciò che è la tempesta per l'oceano. Solo il marinaio che si tiene saldamente alla nave riesce a salvarsi nella tempesta. E solo colui che si tiene unito a Dio con la fiducia, può trionfare sulla tempesta che si agita nel suo cuore. (Gandhi)

Postato da: giacabi a 12:41 | link | commenti
gandhi, wilde

martedì, 05 gennaio 2010

Discendi, o Cristo, ed aiutami !
 ***
Discendi, o Cristo, ed aiutami ! porgi la Tua mano,
Perch'io sto per annegare in mare più tempestoso
Che Simone nel Tuo lago di Galilea
Il vino della vita è spanto sulla sabbia,
Il mio cuore è come terra desolata dalla carestia,
Dove tutte le cose buone sono affatto perite,
E ben so che all'anima mia converrebbe giacere all'Inferno,
S'io questa notte innanzi al trono di Dio dovessi stare.
«Egli dorme forse, o cavalca alla caccia,
Come Baal, quando i suoi profeti urlarono questo nome
Da mattina a mezzodì sulla battuta altura del Carmelo
No, pace, io contemplerò prima di notte,
I pie' di rame, la veste più bianca che fiamma,
Le mani ferite, lo stanco viso umano.)
Oscar Wilde

Postato da: giacabi a 20:49 | link | commenti
wilde, gesù


San Miniato
 ***

Vedi, ho salito il fianco della montagna
Su a questa santa casa di Dio,
Dove una volta veniva quell'Angelo-Dipintore,
Che vide i cieli spalancati,
E pose in trono sulla luna crescente
La virginale bianca Regina di Grazia
Maria! potess'io sol vedere il tuo volto
Morte più non potrebbe giungere troppo presto.
O coronata da Dio con spine e dolore!
Madre di Cristo ! O mistica sposa
Il mio cuore è stanco di questa vita,
E' troppo triste per cantare ancora.
O coronata da Dio con amore e fiamma !
O coronata da Cristo santo !
O ascolta prima che il sole scruti
E sveli la mia colpa e la vergogna).
Oscar Wilde

Postato da: giacabi a 19:43 | link | commenti (2)
wilde, maria

lunedì, 04 gennaio 2010

Niente al mondo è senza significato
***

«Sono in prigione da quasi due anni. Dalla mia natura sono venuti fuori una selvaggia disperazione, un abbandono al dolore pietoso da guardare, furore terribile e impotente, amarezza e sdegno, angoscia che piangeva a gran voce, infelicità che non riusciva a trovare sfogo, dolore muto. […] non potevo sopportare che [le mie sofferenze] fossero senza significato. Ora trovo, nascosto da qualche parte della mia natura, qualcosa che mi dice che niente al mondo è senza significato, e meno di tutto la sofferenza. Quel qualcosa celato nella mia natura, come un tesoro in un campo, è l’Umiltà. È l’ultima cosa che mi rimane, e la migliore: la scoperta fondamentale a cui sono giunto, il punto di partenza per un nuovo sviluppo».
O. wilde lettera a Bosie scritta nel 1897



Postato da: giacabi a 18:30 | link | commenti
wilde

domenica, 20 dicembre 2009

Il gigante egoista
***
http://www.pinu.it/gigante_egoista.jpg

Tutti, i giorni, finita la scuola, i bambini andavano a giocare nel giardino del gigante.
Era un giardino grande e bello coperto di tenera erbetta verde. Qua e là sulla erbetta, spiccavano fiori simile a stelle; in primavera i dodici peschi si ricoprivano di fiori rosa perlacei e, in autunno, davano i frutti.
Gli uccelli si posavano sugli alberi e cantavano con tanta dolcezza che i bambini sospendevano i loro giochi per ascoltarli.
- Quanto siamo felici qui! - si dicevano.
Un giorno il gigante ritornò. Era stato a far visita al suo amico, il mago di Cornovaglia, e la sua visita era durata sette anni.
Alla fine del settimo anno, aveva esaurito quanto doveva dire perché la sua conversazione era assai limitata, e decise di far ritorno al castello. Al suo arrivo vide i bambini che giocavano nel giardino.
- Che fate voi qui? - esclamò con voce berbera, e i bambini scapparono.
- Il mio giardino è solo mio! - disse il gigante - lo sappiano tutti: nessuno, all'infuori di me, può giocare qui dentro. Costruì un alto muro tutto intorno e vi affisse un avviso:
GLI INTRUSI SARANNO PUNITI
Era un gigante molto egoista.
I poveri bambini non sapevano più dove giocare
. Cercarono di giocare sulla strada, ma la strada era polverosa e piena di sassi, e non piaceva a nessuno. Finita la scuola giravano attorno all'alto muro e parlavano del bel giardino.
- Com'eravamo felici! - dicevano tra di loro.
Poi venne la primavera, e dovunque, nella campagna, v'erano fiori e uccellini. Soltanto nel giardino del gigante regnava ancora l'inverno. Gli uccellini non si curavano di cantare perché non c'erano bambini e gli alberi dimenticarono di fiorire.
Una volta un fiore mise la testina fuori dall'erba, ma alla vista dell'avviso provò tanta pietà per i bambini che si ritrasse e si riaddormentò. Solo la neve e il ghiaccio erano soddisfatti.
- La primavera ha dimenticato questo giardino - esclamarono - perciò noi abiteremo qui tutto l'anno.
La neve copriva l'erba con il suo grande manto bianco e il ghiaccio dipingeva d'argento tutti gli alberi. Poi invitarono il vento del nord. Esso venne avvolto in una pesante pelliccia e tutto il giorno fischiava per il giardino e abbatteva i camini.
- E' un posto delizioso - disse - dobbiamo invitare anche la grandine.
E la grandine venne. Tre ore al giorno essa picchiava sul tetto del castello finché ruppe le tegole; poi, quanto più veloce poteva, scorrazzava per il giardino. Era vestita di grigio, e il suo fiato era freddo come il ghiaccio.
- Non riesco a capire perché la primavera tardi tanto a venire - disse il gigante egoista mentre, seduto presso la finestra, guardava il suo giardino gelato e bianco:
- Mi auguro che il tempo cambi.
Ma la primavera non venne mai e nemmeno l'estate. L'autunno diede frutti d'oro a tutti i giardini, ma nemmeno uno a quello del gigante. Era sempre inverno laggiù e il vento del Nord, la Grandine, il gelo e la Neve danzavano tra gli alberi.
Una mattina il gigante udì dal suo letto: una dolce musica, risuonava tanto dolce alle sue orecchie che pensò fossero di musicanti del re che passavano nelle vicinanze. Era solo un merlo che cantava fuori dalla sua finestra, ma da tanto tempo non udiva un uccellino cantare nel suo giardino, che gli parve la musica più bella del mondo.
La Grandine cessò di danzare sulla sua testa, il Vento del Nord smise di fischiare e un profumo delizioso giunse attraverso la finestra aperta.
- Credo che finalmente la primavera sia venuta - disse il gigante; balzò dal letto e guardò fuori della finestra.
Che vide? Una visione meravigliosa. I fanciulli entrati attraverso un'apertura del muro e sedevano sui rami degli alberi.
Su ogni albero che il gigante poteva vedere c'era un bambino. Gli alberi, felici di riavere i fanciulli, s'erano ricoperti di fiori e gentilmente dondolavano i rami sulle loro testoline.
Gli uccellini svolazzavano intorno cinguettando felici e i fiori sollevavano il capo per guardare di sopra l'erba verde e ridevano. Era una bella scena.
Solo in un angolo regnava ancora l'inverno.
Era l'angolo più remoto del giardino, e vi stava un bambinetto. Era tanto piccolo che non riuscire a raggiungere il ramo dell'albero e vi girava intorno piangendo disperato.
Il povero albero era ancora coperto dal gelo e dalla neve e sopra di esso il vento del nord fischiava.
- Arrampicati piccolo - disse l'albero e piegò i suoi rami quanto più poté: ma il bimbetto era troppo piccino. A quella vista il cuore del gigante si intenerì.
- Come sono stato egoista! - disse. - Ora so perché la primavera non voleva venire. Metterò quel bambino in cima all'albero poi abbatterò il muro e il mio giardino sarà, per sempre, il campo di giochi dei bambini.
-
Era veramente addolorato per quanto aveva fatto. Scese adagio le scale e aprì la porta d'ingresso. Ma quando i bambini lo videro, si spaventarono tanto che scapparono, e nel giardino regnò di nuovo l'inverno. Soltanto il bambinetto non scappò; i suoi occhi erano così colmi di lacrime che non vide venire il gigante.
E il Gigante giunse di soppiatto dietro a lui, lo prese delicatamente nella sua mano e lo mise sull'albero. E l'albero fiorì, gli uccellini vennero a cantare e il bambino allungò le braccine, si avvicinò al collo del gigante e lo baciò
.
Non appena gli altri bambini videro che il gigante non era più cattivo, ritornarono di corsa e con essi venne la primavera. - Ora questo è il vostro giardino, bambini - disse il gigante e, presa una grande ascia, abbatté il muro.
A mezzogiorno la gente che andava al mercato vide il gigante giocare con i bambini nel giardino più bello che avessero mai veduto. Giocarono tutto il giorno e la sera i bambini salutarono il gigante.
- Dov'è il vostro piccolo amico? - disse: - Il bambino che io ho messo sull'albero?-
Il gigante l'amava più di tutti perché l'aveva baciato.

- Non lo sappiamo - risposero i bambini - se n'è andato.
- Dovete dirgli che domani deve assolutamente venire - disse il gigante.
Ma i bambini risposero che non sapevano dove abitasse e che prima non l'avevano mai veduto, e il gigante si sentì molto triste. Ogni pomeriggio, finita la scuola, i bambini venivano a giocare con il gigante. Ma il bambinetto che il gigante prediligeva non si vide più. Il gigante era molto buono con tutti, ma desiderava il suo piccolo amico e spesso parlava di lui.
- Quanto mi piacerebbe vederlo - diceva sovente.
Gli anni passarono, e il gigante divenne vecchio e debole. Non poteva più giocare; sedeva in una grande poltrona e osservava i bambini mentre giocavano e ammirava il suo giardino.
- Ho molti bei fiori - diceva - ma i bambini sono i fiori più belli.
Una mattina d'inverno, mentre si vestiva, guardò fuori dalla finestra. Ora non odiava più l'inverno perché sapeva che era soltanto la primavera addormentata e che i fiori si riposavano.
Ad un tratto si fregò gli occhi sorpreso e si mise a guardare intensamente. Era una cosa veramente meravigliosa. Nell'angolo più remoto del giardino v'era un albero interamente ricoperto di fiori bianchi. Dai rami d'oro pendevano frutti d'argento, e sotto di essi stava il bambinetto ch'egli aveva amato.
Il gigante scese di corsa e, tutto acceso di gioia, uscì nel giardino. Si affrettò sull'erba e s'avvicinò al bambino. Quando gli fu vicino si fece rosso di collera e disse:
- Chi ha osato ferirti? - perché
il bambino aveva il segno di due chiodi sul palmo delle mani e sui piedi.
- Chi ha osato ferirti? - esclamò il gigante - dimmelo e io prenderò la mia grossa spada e l'ammazzerò.
- No - rispose il bambino - queste sono soltanto le ferite dell'amore.
- Chi sei? - chiese il gigante, e uno strano stupore s'impadronì di lui e s'inginocchiò dinanzi al bambino. Il bambino gli sorrise e disse:
- Un giorno mi lasciasti giocare nel tuo giardino, oggi verrai a giocare nel mio giardino, che è il Paradiso.
Quando nel pomeriggio i fanciulli entrarono di corsa nel giardino trovarono il gigante morto, ai piedi dell'albero tutto coperto di fiori candidi.
Oscar Wilde

Grazie!! Oscar Wilde per queste belle favole che ci fanno diventare veri  uomini

Postato da: giacabi a 19:31 | link | commenti
wilde

giovedì, 22 ottobre 2009

Le cose importanti
***

Si possono insegnare tante cose, ma le cose più importanti, le cose che importano di più, non si possono insegnare, si possono solo incontrare.
Oscar Wilde


Postato da: giacabi a 14:44 | link | commenti
wilde

sabato, 10 ottobre 2009

La sofferenza
***

Le cose esteriori dell’esistenza
non possiedono per me alcuna importanza, ora.
La sofferenza,
per quanto ti possa apparire strano,
è il nostro modo d’esistere,
poiché è l’unico modo a nostra disposizione
 per diventare consapevoli della vita.
Là dove cresce il Dolore è terra benedetta.
Gli ecclesiastici
 e tutti quelli che discorrono a vanvera
 parlano a volte della sofferenza
come d’un mistero.
In realtà è una rivelazione.
Oscar Wilde

Postato da: giacabi a 20:31 | link | commenti
wilde

venerdì, 27 febbraio 2009

L’Oscar Wilde nascosto da Benigni
***
Pigi Colognesi
venerdì 27 febbraio 2009
Oscar Wilde, citato in modo parziale e strumentale da Roberto Benigni durante la serata inaugurale del Festival di Sanremo, ha scritto in carcere un’opera straordinaria: De profundis. Si tratta della lunga lettera che il romanziere e commediografo di successo – almeno fino al processo del 1895 e la successiva prigionia, che hanno stroncato la sua carriera e la sua stessa vita – ha indirizzato ad Alfred Douglas, la causa di tutte le sue disgrazie. Disgrazie fatali. Il capo dei carcerieri aveva previsto: «Morirà entro due anni». Wilde completò il periodo di detenzione il 19 maggio 1897 e morì, quarantaseienne, poco più di tre anni dopo, il 30 novembre 1900.
La lunga lettera – Wilde voleva intitolarla Epistola: In Carcere et Vinculis; il titolo attuale gli è stato dato da Robert Ross, che l’ha parzialmente pubblicata nel 1905 – non può certo essere ridotta a qualche battuta smagliante, del tipo di quelle per cui Wilde era celebre, sull’omosessualità.
Essa è anzitutto e soprattutto una riflessione sulla sofferenza. Dice Wilde di sé: «Gli dèi m’avevano concesso quasi tutto. Possedevo la genialità, un nome illustre, un’alta posizione sociale, una mente brillante e ardimentosa. Qualsiasi cosa toccassi la rendevo bella d’un nuovo genere di bellezza». E adesso? « Le cose esteriori dell’esistenza non possiedono per me alcuna importanza, ora».
Cos’era successo? Wilde aveva colto, in carcere, il significato del patire: «La sofferenza, per quanto ti possa apparire strano, è il nostro modo d’esistere, poiché è l’unico modo a nostra disposizione per diventare consapevoli della vita. Là dove cresce il Dolore è terra benedetta. Gli ecclesiastici e tutti quelli che discorrono a vanvera parlano a volte della sofferenza come d’un mistero. In realtà è una rivelazione».
Come è stato possibile? Attraverso l’immedesimazione con le sofferenze di Cristo. Egli, scrive Wilde, «con una prodigiosa larghezza d’immaginazione che ci riempie quasi di religioso timore, si scelse per regno tutto il mondo dell’inespresso, il mondo senza voce del dolore, e gli prestò in eterno la propria voce». Cristo, «come tutte le nature poetiche amava gli ignoranti. Sapeva che nell’anima d’un ignorante una grande idea trova sempre il suo posto. Ma non poteva sopportare gli sciocchi, specialmente quelli che son resi tali dall’istruzione». Amava, Cristo, anche i peccatori: «Trasformare un ladro interessante in un noioso onest’uomo non era la sua più alta aspirazione. La conversione di un pubblicano in un fariseo non gli sarebbe parsa un gran risultato». Egli «non insegna nulla ad alcuno, ma chi venga semplicemente condotto al suo cospetto, diventa qualcosa».
Cristo, dunque, è stato il vero artista, ciò che Wilde aveva cercato di essere nel successo e stava scoprendo nel carcere: «Il proponimento d’essere più buoni è un bell’esempio d’ipocrita retorica, esser diventati più profondi è il privilegio di quanti hanno sofferto».
Partendo da questa esperienza di dolore redento, Wilde è in grado di giudicare il mondo che lo circonda. La sua ipocrisia: «Una faccia di bronzo è la cosa più importante da ostentare davanti al mondo ma, se di quando in quando ti capita di restare solo, dovrai bene toglierti la maschera, suppongo, se non altro per respirare. Altrimenti, infatti, finiresti per soffocare». Il suo sentimentalismo: «Un sentimentale è semplicemente uno che vuol godere il lusso di un’emozione senza pagare. Il sentimentalismo è la festa legale del cinismo». La sua menzogna: «La verità è una cosa penosissima a dire. Ma esser costretti a mentire è molto peggio».
La lettera si conclude sullo stesso accento da cui era partita: con una richiesta di perdono. Il suo ultimo insegnamento suona infatti così: «Il momento supremo per un uomo è quello in cui s’inginocchia nella polvere, e si batte il petto, e confessa tutti i peccati della sua esistenza». Perciò, Wilde consiglia a lord Douglas e a ciascuno di noi: «Non aver paura del passato. Se la gente ti dice che è irrevocabile, non crederci. Il passato, il presente e il futuro son solo un momento agli occhi di Dio, alla vista del quale dovremo cercare di vivere sempre».

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wilde

mercoledì, 25 febbraio 2009

 Ciò che vale nella vita va incontrato
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L’istruzione è una cosa ammirevole, ma non tutto può essere insegnato: ciò che realmente vale nella vita, va incontrato
Oscar Wilde

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educazione, wilde

domenica, 25 gennaio 2009

La bellezza
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grazie a Piero
La bellezza è l'unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana. Le filosofie si disgregano come la sabbia,le credenze si succedono l'una all'altra, ma ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni, ed è un possesso per tutta l'eternità"
 Oscar Wilde

 grazie a: billacorgan

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bellezza, wilde

giovedì, 11 dicembre 2008

  Il momento supremo di un uomo
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Il momento supremo di un uomo è quello in cui si inginocchia nella polvere e si batte il petto e confessa tutti i peccati della sua esistenza.
 O.Wilde

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wilde

domenica, 07 dicembre 2008

L’uomo deve ascoltare il suo cuore
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   "Il desiderio, alla fine, fu una malattia, o una pazzia, o tutte e due. Divenni incurante della vita degli altri. Presi il piacere dove mi garbava e passai oltre. Dimenticai che ogni piccola azione di ogni giorno fa o disfa il carattere…Cessai di essere il signore di me stesso…Concessi al piacere di dominarmi. Finii in una orribile menzogna. Ora mi rimane una cosa sola, l'umiltà….Ora io trovo nascosto in qualche luogo della mia natura qualcosa che mi dice che nulla al mondo è senza significato, e men che tutto la sofferenza. Quella cosa nascosta nella mia natura, come un tesoro in un campo, è l'umiltà".
Oscar Wilde,da:De profundis", composto durante la prigionia

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wilde

giovedì, 20 novembre 2008

L’amore
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" Quando cerchi sinceramente l'amore, lo trovi che ti sta aspettando
Oscar Wilde

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wilde

martedì, 23 settembre 2008

A Lui noi siamo destinati
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«Egli non insegna niente a nessuno, ma basta essere condotti alla sua presenza per diventare qualcuno, e alla sua presenza noi tutti siamo destinati»
Oscar Wilde

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wilde

sabato, 13 settembre 2008

L’amore
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 «che il vostro cuore sia sempre colmo d’amore. Una vita senza amore è come un giardino senza sole e coi fiori appassiti. La coscienza di amare ed essere amati regalano tale calore e ricchezza alla vita che nient’altro può portare».

 Oscar Wilde

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wilde

mercoledì, 27 agosto 2008

Il centuplo quaggiù

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Dio ci ha dato la vita... tocca a noi darci alla bella vita!
 Oscar Wilde

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vita, wilde

martedì, 29 luglio 2008

 Il cinico

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Chi è un cinico? Un uomo che conosce il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna




Oscar Wilde



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wilde

lunedì, 28 luglio 2008

 Lo  sviluppo del proprio io
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“Lo scopo della vita è lo sviluppo
del proprio io.
Il completo sviluppo
di se stessi - ecco la ragione d'essere di ognuno di noi.”
Oscar Wilde
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“Il supremo ostacolo al nostro cammino umano è proprio la trascuratezza dell'io. Nel contrario di tale trascuratezza, cioè nell'interesse del proprio io, sta il primo passo di un cammino veramente umano.
Don Giussani da:Alla ricerca del volto umano-Rizzoli
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 “La vita non è ricerca di esperienze, ma di se stessi. Scoperto il proprio strato fondamentale ci si accorge che esso combacia col proprio destino e si trova la pace.”
(8 agosto 1940)
Cesare Pavese da: "Il mestiere di vivere

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wilde, persona, pavese, giussani

mercoledì, 23 luglio 2008

L’uomo colto
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Uomo colto é colui che sa trovare un significato bello alle cose belle.
Oscar Wilde


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wilde

mercoledì, 13 febbraio 2008

La vita
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Oggi la gente sembra guardare alla vita come a una speculazione. Non è una speculazione, è un sacramento.
Il suo ideale è l'amore, la sua purificazione è il sacrificio
Oscar Wilde

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vita, wilde


Oscar Wilde
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«Mise tutte le sue qualità caratteristiche […] al servizio di una teoria del bello che doveva, secondo lui, riportare l’evo d’oro e la gioia della gioventù del mondo. Ma in fondo in fondo se qualche verità si stacca […] dal suo pensiero irrequieto […] è questa verità inerente nell’anima del cattolicesimo: che l’uomo non può arrivare al cuor divino se non attraverso quel senso di separazione e di perdita che si chiama peccato».
James Joyce articolo apparso sul Piccolo della Sera di Trieste il 24 marzo 1909



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wilde


L'egoismo
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L'egoismo non consiste nel vivere secondo i propri desideri, ma nel pretendere che gli altri vivano nel modo che noi vogliamo. L'altruismo consiste nel vivere e lasciar vivere.”
Oscar Wilde


Postato da: giacabi a 19:40 | link | commenti
wilde


Per essere felici
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Per essere felici bisognerebbe vivere. Ma vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste e nulla più -
Oscar Wilde


Postato da: giacabi a 19:37 | link | commenti
wilde, felicità


La Chiesa cattolica
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"Nella Chiesa inglese un uomo ottiene successo non per la sua capacità di credere, ma per la sua capacità di non credere. La nostra è l'unica Chiesa dove lo Scettico sta sull'altare e dove
San Tomaso è visto come l'apostolo ideale
Oscar Wilde


Postato da: giacabi a 19:32 | link | commenti
chiesa, wilde

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