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sabato 25 febbraio 2012

welby



 Pensieri di uno Spaventapasseri: il libro di Carlo Marongiu
PENSIERI DI UNO INNAMORATO DI CRISTO
CHE HA LA “MALEDETTA SLA”
( La malattia di Welby)
Per sapere chi è Carlo Marongiu: http://www.vigilfuoco.net/pensieri/index.html

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Alcuni pensieri tratti dal libro:
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"La sofferenza maggiore in questa malattia è data dall'immobilità. Non è piacevole essere costretto a chiedere sempre per ogni minima esigenza.         
Quanta pazienza per sopportare una mosca  che passeggia nelle ciglia o una zanzara che effettua un prelievo indesiderato e che non posso scacciare, perché la mano non si muove di un millimetro.
Una delle cose più fastidiose è il prurito: quante volte ho immaginato di poter strofinare smodatamente la schiena sullo spigolo di un muro ruvido e non posso nemmeno soffermarmi troppo su questa condizione di immobilità, perché il cervello comincia a girare in senso contrario. I momenti peggiori sono quelli notturni durante i quali sento veramente la solitudine. Allora con la fantasia faccio una capatina a Lourdes, giusto il tempo di recitare una preghiera davanti alla grotta. Oppure arriva il pianto liberatorio e con esso il bruciore causato dalle lacrime che impastano gli occhi e che non posso asciugare. «Quanto si soffre Signore!».
La sofferenza, questo grande mistero che nessuna mente umana riuscirà mai a penetrare. Solo la fede ci aiuta a comprendere e a darle un senso. D’altronde se Gesù ha scelto questo mezzo per salvare l’umanità, un motivo deve pur essere."
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"Ho passato undici mesi a guardare il soffitto della rianimazione e quattro mesi a guardare la cucina della mia casa. Adesso che ho trovato davanti alla porta il mio ideale posto di osservazione non voglio rinunciare a guardare la gente che passa nella strada. Mi piace guardare gli alberi mossi dal vento, il cielo azzurro e le nuvole che si affacciano proprio di fronte a me. Mi immagino in strada completamente fradicio e penso che deve essere bellissimo buscarsi una broncopolmonite in quel modo.!
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 "Chissà che quella felicità che tutti cerchiamo non stia paradossalmente proprio laddove nessuno l'aspetta e cioè nell'accettazione e nell' offerta a Dio della sofferenza, qualunque essa sia. Quella felicità che devono provare non solo quelli che portano la croce, ma anche coloro che più da vicino la sostengono."
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"Lo spaventapasseri è immobile, non respira e non parla. Nessuno si sogna di salutarlo o di chiedergli qualcosa.
Ho già detto che questa malattia è maledetta perché distrugge tutto. Per questo continuo a sentirmi uno spaventapasseri, una cosa, un peso.
Devo sopportare tutto, perché un malato è già fastidioso di per sé, figurarsi quando si lamenta. In fondo siamo in tanti a comportarci allo stesso modo con Dio.
Non pensiamo mai di chiedergli qualcosa, neanche quando abbiamo bisogno e facciamo come se non esistesse.
Quando andiamo nella sua casa non ci prepariamo all'incontro e siamo sempre talmente distratti  che ci dimentichiamo persino di salutarlo.
Penso che anche Dio, più di una volta deve sentirsi uno spaventa passeri."
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“Io so bene che a Lui piace  tanto vedersi offrire sofferenze, ma so anche che ricambia dando cento volte quello che riceve.”

Postato da: giacabi a 20:39 | link | commenti
gesù, welby, marongiu

giovedì, 21 dicembre 2006

È morto  Piergiorgio Welby
Comunicato stampa di Scienza & Vita
Siamo fortemente addolorati per la morte di Piergiorgio Welby, non solo per le gravi sofferenze che ha dovuto sopportare a causa della malattia, ma anche perché pensiamo che sia terribile morire convinti che la propria vita è indegna di essere vissuta.

Allo stesso tempo, però, deploriamo che Welby sia divenuto il simbolo di una battaglia per la morte invece che di una battaglia per la migliore assistenza dei malati in gravi condizioni. Il suo impegno, infatti, ha dimostrato proprio il contrario di quello che i radicali volevano sostenere: la sua vita aveva un senso, profondo e importante.
Anche persone malate come lui, infatti, possono intervenire nella società, contribuire alla riflessione collettiva e soprattutto ricordarci che anche la sofferenza ha diritto di parola in un mondo sempre più orientato ad escludere quelli che non sono giovani, sani e benestanti. Welby, con la sua testimonianza, ci ha insegnato molto: non la necessità dell’eutanasia, ma la necessità di una buona assistenza e di un ruolo sociale per i malati, che possono e devono essere riconosciuti come protagonisti della nostra società e della nostra cultura. Grazie a Welby, speriamo che il nostro sistema sanitario migliori, che non ci sia più nessun malato che si senta escluso e inutile, che chieda la morte. Che non ci sia più nessuno a pronunciare le parole di tristissima memoria “vita indegna di essere vissuta”.
21 dicembre 2006

Postato da: giacabi a 18:15 | link | commenti
eutanasia, welby

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