PENSIERI DI UNO INNAMORATO DI CRISTO
CHE HA LA “MALEDETTA SLA”
( La malattia di Welby)
Per sapere chi è Carlo Marongiu: http://www.vigilfuoco.net/pensieri/index.html
Alcuni pensieri tratti dal libro:
***
"La
sofferenza maggiore in questa malattia è data dall'immobilità. Non è
piacevole essere costretto a chiedere sempre per ogni minima esigenza.
Quanta
pazienza per sopportare una mosca che passeggia nelle ciglia o una
zanzara che effettua un prelievo indesiderato e che non posso scacciare,
perché la mano non si muove di un millimetro.
Una
delle cose più fastidiose è il prurito: quante volte ho immaginato di
poter strofinare smodatamente la schiena sullo spigolo di un muro ruvido
e non posso nemmeno soffermarmi troppo su questa condizione di
immobilità, perché il cervello comincia a girare in senso contrario. I
momenti peggiori sono quelli notturni durante i quali sento veramente la
solitudine. Allora con la fantasia faccio una capatina a Lourdes,
giusto il tempo di recitare una preghiera davanti alla grotta. Oppure
arriva il pianto liberatorio e con esso il bruciore causato dalle
lacrime che impastano gli occhi e che non posso asciugare. «Quanto si
soffre Signore!».
La
sofferenza, questo grande mistero che nessuna mente umana riuscirà mai a
penetrare. Solo la fede ci aiuta a comprendere e a darle un senso.
D’altronde se Gesù ha scelto questo mezzo per salvare l’umanità, un
motivo deve pur essere."
***
"Ho passato undici mesi a guardare il soffitto della rianimazione e quattro mesi a guardare la cucina della mia casa. Adesso
che ho trovato davanti alla porta il mio ideale posto di osservazione
non voglio rinunciare a guardare la gente che passa nella strada. Mi
piace guardare gli alberi mossi dal vento, il cielo azzurro e le nuvole
che si affacciano proprio di fronte a me. Mi immagino in strada
completamente fradicio e penso che deve essere bellissimo buscarsi una
broncopolmonite in quel modo.!
***
"Chissà
che quella felicità che tutti cerchiamo non stia paradossalmente
proprio laddove nessuno l'aspetta e cioè nell'accettazione e nell'
offerta a Dio della sofferenza, qualunque essa sia. Quella felicità che
devono provare non solo quelli che portano la croce, ma anche coloro che
più da vicino la sostengono."
***
"Lo spaventapasseri è immobile, non respira e non parla. Nessuno si sogna di salutarlo o di chiedergli qualcosa.
Ho
già detto che questa malattia è maledetta perché distrugge tutto. Per
questo continuo a sentirmi uno spaventapasseri, una cosa, un peso.
Devo
sopportare tutto, perché un malato è già fastidioso di per sé,
figurarsi quando si lamenta. In fondo siamo in tanti a comportarci allo
stesso modo con Dio.
Non pensiamo mai di chiedergli qualcosa, neanche quando abbiamo bisogno e facciamo come se non esistesse.
Quando andiamo nella sua casa non ci prepariamo all'incontro e siamo sempre talmente distratti che ci dimentichiamo persino di salutarlo.
Penso che anche Dio, più di una volta deve sentirsi uno spaventa passeri."
***
“Io so bene che a Lui piace tanto vedersi offrire sofferenze, ma so anche che ricambia dando cento volte quello che riceve.”
|
Postato da: giacabi a 20:39 |
link | commenti
gesù, welby, marongiu
È morto Piergiorgio Welby
Comunicato stampa di Scienza & Vita
Siamo
fortemente addolorati per la morte di Piergiorgio Welby, non solo per
le gravi sofferenze che ha dovuto sopportare a causa della malattia, ma
anche perché pensiamo che sia terribile morire convinti che la propria vita è indegna di essere vissuta.
Allo stesso tempo, però, deploriamo che Welby sia divenuto il simbolo di una battaglia per la morte invece che di una battaglia per la migliore assistenza dei malati in gravi condizioni. Il suo impegno, infatti, ha dimostrato proprio il contrario di quello che i radicali volevano sostenere: la sua vita aveva un senso, profondo e importante. Anche persone malate come lui, infatti, possono intervenire nella società, contribuire alla riflessione collettiva e soprattutto ricordarci che anche la sofferenza ha diritto di parola in un mondo sempre più orientato ad escludere quelli che non sono giovani, sani e benestanti. Welby, con la sua testimonianza, ci ha insegnato molto: non la necessità dell’eutanasia, ma la necessità di una buona assistenza e di un ruolo sociale per i malati, che possono e devono essere riconosciuti come protagonisti della nostra società e della nostra cultura. Grazie a Welby, speriamo che il nostro sistema sanitario migliori, che non ci sia più nessun malato che si senta escluso e inutile, che chieda la morte. Che non ci sia più nessuno a pronunciare le parole di tristissima memoria “vita indegna di essere vissuta”.
21 dicembre 2006
|
Nessun commento:
Posta un commento