L’attesa della pienezza
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"Sì io sono credente, ma la mia fede è quella di sant’Agostino, è una fede nell’attesa, una fede nella attesa della pienezza. Ecco, io
comunque non sono ateo, sono un cristiano e non potrei non esserlo,
la mia è l’attesa di sant’Agostino, l’attesa della fede".
Quasimodo, Carteggio La Pira - Edizione Artioli 1998 |
Postato da: giacabi a 08:48 |
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quasimodo, gesù
ED E’ SUBITO SERA
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Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera
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Postato da: giacabi a 12:35 |
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quasimodo
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Ungaretti scriveva: "la poesia è testimonianza di Iddio anche quando è bestemmia".
Non raggiunge il vertice della bestemmia, ma questa poesia testimonia,
nel dramma, la necessità dell'esistenza di un Qualcuno,
lì a rispondere all'infinita domanda del nostro cuore. Quasimodo arriva
fino all'imperativo finale,dove non c'è più spazio per la
speranza... Ma solo ad una categorica implorazione di certezza.Edovremo dunque negarti, Dio dei tumori, Dio del fiore vivo, e cominciare con un no all'oscura pietra «io sono», e consentire alla morte e su ogni tomba scrivere la sola nostra certezza: «thànatos athànatos»? Senza un nome che ricordi i sogni le lacrime i furori di quest'uomo sconfitto da domande ancora aperte? Il nostro dialogo muta; diventa ora possibile l'assurdo. Là oltre il fumo di nebbia, dentro gli alberi vigila la potenza delle foglie, vero è il fiume che preme sulle rive. La vita non è sogno. Vero l'uomo e il suo pianto geloso del silenzio. Dio del silenzio, apri la solitudine.
Gli
ultimi versi si scagliano violenti, e la richiesta si
fa tanto potente da non lasciare alcun dubbio sulla doverosa e
necessaria presenza dell'Interlocutore.... Come si può negare un
qualcosa di cui senti il bisogno? Come si può estirparla dal cuore,
questa sete inestinguibile? Come si può negare l'innegabile senza negare
se stessi? Piuttosto si è costretti ad ammettere l'assurdo!!! (George Gray di E. Lee Master docet)
Ricorda molto il "Verrà forse già viene il suo bisbiglio" che conclude il Dall'Immagine tesa di Rebora.
E
ciò che scriveva Sant' Anselmo D'Aosta, descrive perfettamente, a mio
avviso, il vertice estremo che inconsciamente tocca la poesia. Si tratta
di una preghiera che si conclude così: "Fai Tu, o Cristo, quello che il mio cuore non può. Tu che mi fai chiedere, concedi".
Caro Quasimodo e cari tutti... E' Lui stesso l'origine di tanta sete... e la fonte di acqua viva...
Grazie! Billa per il tuo bel post
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Postato da: giacabi a 15:14 |
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quasimodo
Uomo del mio tempo
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Sei ancora quello della pietra e della fionda
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga
con le ali maligne, le meridiane di morte,
-t'ho visto -dentro il carro di fuoco, alle forche
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
alle ruote maligne, le meridiane di morte,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore
S. Quasimodo, Uomo del mio tempo
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Postato da: giacabi a 17:47 |
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quasimodo
Uomo del mio tempo
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Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
- t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
“Andiamo nei campi”. E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Salvatore Quasimodo
tratta dalla raccolta Giorno dopo Giorno (pubblicata nel 1947).
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