CARAVAGGIO
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Postato da: giacabi a 17:26 |
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caravaggiio
Caravaggio:
una esplosione di realismo
di Giuseppe Frangi
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Se una cosa non era vera, se non era reale non lo interessava. Da questo punto di vista Michelangelo Merisi detto il Caravaggio
non era tipo da far concessioni. Lombardo di nascita, era approdato a
Roma quando aveva circa vent'anni: a spingerlo nella capitale una
qualche malefatta commessa nella sua terra. A Roma aveva uno zio prete,
che si preoccupò di trovargli una sistemazione presso un monsignore di
curia, Pandolfo Pucci. Mesi duri, quei mesi del 1592, in una città
diventata rifugio per i tanti disperati che non riuscivano a ricavare il
minimo vitale dalla campagna. Anche
il Caravaggio se la passava magra. Per mangiare doveva arrangiarsi con
un'insalata che faceva «da antipasto, pasto e pospasto». Uscito dal
tunnel, il pittore avrebbe ricordato quel suo primo benefattore con il
nomignolo di "monsignor insalata".
Il secondo benefattore fu invece un oste milanese, un certo "Tarquinio". Aveva l'osteria al Monte di Brianza, proprio dietro piazza Navona. Qui i piatti dovevano certamente essere un po' meno magri. Caravaggio per guadagnarseli dipinge: e siccome lui, pittore "sbarbato" (così viene definito in un atto giudiziario - il primo di una lunga serie - del 1593), si rifiuta di inventare i suoi soggetti, ecco comparire sulle tele il Ragazzo che monda la pera, o il Ragazzo con il cesto di frutta (oggi alla Galleria Borghese di Roma). Tutte immagini vere, colte certamente nel retro dell'osteria. Vere persino nei particolari infinitesimali della polverina che fa opaca la pelle dell'uva non ancora lavata. Per un pittore con la testa fatta così, mettersi a creare soggetti religiosi doveva risultare un problema. Attorno a sé vedeva quadri sacri che erano frutto d'invenzioni o di idealizzazioni dei suoi colleghi, oppure che si rattrappivano nelle forme stereotipate imposte dal legittimo giro di vite del Concilio di Trento. Niente di meno interessante per uno come il Caravaggio. Il quale, invece, l'occasione per dipingere il suo primo soggetto religioso se la trovò davanti, senza che l'avesse neppure cercata. La storia è così curiosa che merita di essere raccontata. ![]()
Maddalena
Il secondo ha una vicenda senz'altro più tranquilla: è la Fuga in Egitto, pure conservata alla Doria Pamphilj di Roma. Dove, va ricordato, la Madonna che, con tanta tenerezza, china il suo capo a proteggere il sonno del bambino, ha ancora le fattezze di Anna Bianchini. ![]()
L'istante e l'Eterno
Ma
gli bastano: coglie la dinamica umana che sta sotto quella scarna
descrizione autobiografica dell'apostolo evangelista. Ricostruisce
l'ambiente nudo e buio della dogana di Cafarnao dove Matteo, il
pubblicano, riscuoteva il dazio delle carovane che, provenienti da
Damasco, puntavano lungo la Via Maris, ai porti sul Mediterraneo. Una
posizione di assoluto privilegio, che gli garantiva potere e ricchezza:
come dimostra la descrizione nei Vangeli della cena fastosa offerta da
Matteo-Levi in onore di Gesù, dopo la sua chiamata. E come dimostrano,
nella tela di Caravaggio, i vestiti appariscenti di quelli che, attorno
al "banco della dogana", stanno contando i soldi della giornata.
Certo,
quell'abbigliamento contrasta di molto con la tenuta scarmigliata di un
altro personaggio della scena: ha i piedi scalzi, impugna un bastone e
accompagna quell'altro uomo venuto a chiamare a Sé Matteo. Matteo ha lo
sguardo di chi ha già calato tutte le difese: in lui c'è lo stupore per
quella chiamata assolutamente inattesa.
Indica
se stesso con il dito, come a voler esser sicuro che quell'uomo
cercasse proprio lui. Ma intanto i suoi occhi ci dicono che quanto
succede attorno al tavolaccio, per lui, da quell'istante, appartiene al
passato. In quell'uomo ha colto qualcosa che lo interessa di più, che
risponde di più al suo cuore.
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Attaccamento alla realtà
Ma
nessuna censura poté fermare, qualche tempo dopo, un'altra immagine
creata da Caravaggio: quella dell'apostolo Tommaso che mette la mano nel
costato di Gesù risorto. Toccò davvero e davvero credette.
Una documentazione così fisica e indiscutibile della resurrezione di Gesù non si era vista forse neppure nella stagione del romanico. Sarà certamente anche per questo che l'Incredulità di Tommaso è stato probabilmente il quadro più copiato della storia. Gli esperti ne hanno contate ben ventidue repliche. La realtà colpisce il cuore degli uomini molto più di ogni fantasia spirituale. da: tracce |
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