L’originalità dell’uomo è
l’attesa dell’infinito
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«È come se, su quel prato, immaginassimo un povero di spirito; dovremmo
immaginarcelo lì seduto, con le gambe divaricate, con la faccia in alto
che guarda cielo, terra, montagne e tutto, con questa dilatazione
totale del cuore senza
che lui fissi nella sua immaginazione: "Ecco, vorrei un tetto, vorrei
una casa, vorrei una donna, vorrei i figli, vorrei i soldi”. Niente, non c'è niente! Questa è l'originalità dell'uomo; e infatti l'originalità dell'uomo è l'attesa dell'infinito. [...] Così
è, come abbiamo osservato, per l'esigenza dell'amore, così per
l'esigenza della verità, così per l'esigenza del possesso, così per
l'esigenza del nesso col reale».
don Giussani , Uomini senza patria Bur Milano 2008
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Postato da: giacabi a 13:51 |
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giussani
Vivendo e in parte vivendo
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“,,,per tutta la gente
è serio il problema dei soldi, è serio il problema dei figli, è serio
il problema dell'uomo e della donna, è serio il problema della salute, è
serio il problema politico: tutto è serio eccetto la vita.”
Luigi Giussani, Si può vivere così, Ed. Rizzoli |
Postato da: giacabi a 07:58 |
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giussani
l'amicizia
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"Io vorrei essere presente per poterti vedere e vedere la tua gioia: perchè non c'è gioia più grande di quella di vedere la gioia dell'amico caro"
“Perchè l'amicizia è una tal cosa che lascia irrequieti al pensiero di essere diversi dall'amico: bisogna
essere il più possibile uguali, identici: uniti ed impastati insieme,
aderenti l'uno all'altro così come la luce aderisce ai contorni delle
cose: e se Lui è in Croce tutto l'orgoglio mio deve consistere nel sentirmi come Lui.”
“Io ho ancora la febbre ma mi pare che il Signore lo si possa amare ugualmente. E non è l'unica cosa da fare? Ti
prego di non rispondere puntualmente alle mie lettere: non che non lo
desideri, ma mi pare che la puntualità nel rispondere, se diventa una
preoccupazione, è cosa che relaziona due estranei, non due amici. Tienti
sempre libero: anche di non scrivermi più: io sono così contento di
voler bene, "io", e di ricordare "io" gli amici.”
Luigi Giussani "Lettere di fede e di amicizia, ad Angelo Majo", Edizione San Paolo.
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Postato da: giacabi a 21:44 |
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amicizia, giussani
La vera obbedienza è amicizia
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“Oppure ti dico: «Di' tutte le sere l'Ave Maria
perché tu capisca le cose che non capisci e capisca anche come fare,
perché io non so dirti di più. Però guardami come faccio io». Oppure: «Se non capisci quel che faccio, domandamelo, così mi è più facile risponderti, ti spiego meglio. Perché altrimenti diventa teorico: se
tu mi chiedi come si fa a fare le cose, ti rispondo in modo teorico, ma
se tu mi dici: "Perché hai fatto così?", allora sono più concreto, più
pratico».Ecco, l'amicizia si svolge così, questa è amicizia. Perciò, il vero seguire è amicizia, la vera obbedienza è amicizia.”
Don Giussani, da "Si può vivere così ” pag.151
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Postato da: giacabi a 08:19 |
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amicizia, giussani
La compagnia autentica
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«La compagnia autentica è quella che nasce quando
uno incontra un altro che ha visto qualche cosa di giusto, di bello e
di vero, e glielo dice, e siccome anche lui desidera il giusto, il bello
e il vero, si mette insieme.E chiunque incontra- tutta la gente – incomincia ad interessarlo, per dpoter dire a tutti il giusto, il bello e il vero:cosi la compagnia si allarga. »
Don Giussani, da "Si può vivere così ” pag.169
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Postato da: giacabi a 18:23 |
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amicizia, giussani
L’ amicizia
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“(l'uomo) se non ha amicizia non è neanche uomo, non è se stesso, è smarrito,non può apparire che triste”
Don Giussani, da "Si può vivere così ” pag.162
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Postato da: giacabi a 17:01 |
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amicizia, giussani
La vera obbedienza è un’amiciza
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"se sei affezionato ad A. e tieni a un tuo criterio, se la persona cui sei affezionato ti chiede qualcosa di contrario a quello a cui tieni,
è molto probabile che tu perda la fiducia in questa persona e ti
stacchi da lei per seguire le tue idee. Invece è vero il contrario: se tu aderisci all’indicazione che l’altro ti dà, che l’autorità ti dà, se
cerchi di capirla, scopri la verità e la vita più di prima e questo ti
rende ammirato dell’altro e ti fa affezionare all’altro."
Don Giussani, da "Si può vivere così ” pag.158-159
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Postato da: giacabi a 14:27 |
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amicizia, giussani
La fede
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«la Fede fiorisce come un fiore al culmine della ragione».
don Giussani da:Generare tracce nella storia del mondo, Rizzoli
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Postato da: giacabi a 17:19 |
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fede, giussani
La felicità
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“Stamattina
una mia amica, che è una brava insegnante, come le antiche insegnanti
che hanno creato il movimento, mi ha segnalato questa frase che Giacomo Leopardi scrisse a un amico francese in una lettera del 1823: «Se la felicità non esiste, cos'è dunque la vita? ». Noi accettiamo la vita perché tendiamo alla felicità. È bellissima questa espressione di Leopardi: è come una sintesi espressiva di tutto il nostro pensiero contenuto in Cara beltà o in Le mie letture. Che
poi ha determinato una sensibilità maggiore anche verso la musica.
Perché il primo anno al Berchet, oltre a citare Leopardi, portavo in
classe i dischi di Beethoven (la Settima, il Concerto per violino e orchestra, ecc.), di Chopin... li facevo ascoltare e li spiegavo.
Per la felicità. «Se la felicità non esiste, cos'è dunque la vita?». Accettiamo la vita perché tendiamo alla felicità. Stamattina sono rimasto impressionato, perché Leopardi scrisse questa lettera all'epoca dell'inno Alla sua donna (che era il mio pezzo forte fin dalla prima liceo per descrivere quale fosse l'esigenza umana e il destino dell'uomo): perciò essa compie la descrizione della grande ricerca che era il «dubbio» di Leopardi. È un suo culmine questa espressione, com'è un suo culmine l'inno Alla sua donna. Giulio Augusto Levi, almeno fino a qualche tempo fa il più grande critico leopardiano, afferma, nel suo libro su Leopardi, che l'inno Alla sua donna è la chiave di volta di tutta la sua poesia. È come un viaggio, quello di Leopardi, che ha avuto una approssimazione, una vicinanza alla soluzione: quando è stato lì lì per rispondere, la realtà, vale a dire l'influsso della mentalità dominante, lo ha «fregato». Ha ceduto perché non aveva compagnia. «Non è bene che l'uomo sia solo: facciamogli un aiuto simile a lui». Così Dio fece la donna. Questa è la motivazione che la Bibbia dà dell'origine della nostra situazione di uomini.”
Don Giussani Tracce N. 5 > maggio 1998
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Postato da: giacabi a 19:22 |
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amicizia, felicità , giussani
Due cose importanti
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“Giussani, nei brevi colloqui che avevo con lui, mi ripeteva che due cose erano importanti: la preghiera e l'amicizia.”
(Giorgio Vittadini - Tracce apr 2006 - pag.29)
da: Dixit Definitivo
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Postato da: giacabi a 20:40 |
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amicizia, preghiere, giussani
L'amore vero
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L'amore vero è guardare l'altro e trattare l'altro col desiderio che si avveri, che si compia il suo destino. Senza amore al destino non c'è amore, senza amore al destino dell'altro non c'è amore all'altro.
Don Giussani
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Postato da: giacabi a 14:13 |
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giussani
«La profezia di Wojtyla
è la nostra sfida oggi»
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Don Carrón: «Cl sia ancora degna di quelle parole del Papa»
«Voi non avete patria, perché voi siete inassimilabili
a questa società». Come ci piacerebbe essere degni di queste parole che Giovanni Paolo II rivolse a don Giussani, durante un’udienza privata nell’estate del 1982! In realtà, queste parole
esprimono la situazione in cui viene a trovarsi qualsiasi cristiano, se vive il cristianesimo secondo la sua vera natura.
(…) Dal 1982 sono successe tante cose, che ci consentono
di capire quanto fosse profetica l’osservazione del Papa.
La situazione è talmente cambiata che neanche coloro
che
pensavano di “cavarsela” - cioè di trovarsi un posto al sole -, vivendo
un cristianesimo ridotto ai valori cristiani, hanno oggi patria.
Pensiamo alla discussione sulle radici cristiane dell’Europa o a certi
cambiamenti nelle legislazioni impensabili soltanto qualche decennio fa.
Come cristiani siamo sempre più senza patria.
Questa è la bellezza della sfida che abbiamo davanti,
se non fosse allo stesso tempo tragica: «
L’epoca moderna, anzi l’epoca contemporanea è la documentazione tragica
di ciò cui l’uomo arriva nella pretesa di autonomia: la pretesa di
farsi da sé, di realizzarsi da sé, di crearsi da sé, di decidere da sé,
di avere sé come centro. Questa pretesa porta alla dissoluzione, alla
perdita della libertà come originalità di giudizio sulla vita: si
diventa alienati nell’opinione comune, nella cultura, nelle opinioni
indotte dalla cultura dominante ». Questo riguarda anche noi. Infatti, dice don Giussani, «è
come se il movimento di Comunione e Liberazione, dal 70 in poi, avesse
lavorato, costruito e lottato sui valori che Cristo ha portato, mentre
il fatto di Cristo, per noi, per le nostre persone e per tutti coloro
che hanno fatto con noi Cl,“ fosse rimasto parallelo” (…). Così abbiamo lavorato, costruito e lottato per un’ottima posizione ideologica; ottima, perché i valori erano quelli che ha portato Cristo e ha continuato a costruire la Chiesa». Questa
riduzione del cristianesimo a etica ha rimandato Cristo fuori dalla
storia, senza incidenza su di essa, tanto è vero che Cristo è diventato
soltanto l’alibi per una nostra interpretazione.
Giussani dice una frase capitale, che fotografa la situazione più diffusa: «Noi scivoliamo o sulla nostra interpretazione o su una ospitalità sentimentale al fatto di Cristo». Etica o sentimentalismo: ecco le due interpretazioni riduttive del cristianesimo, operate dall’uomo moderno, lungo una strada che ha reso sempre più astratto Cristo.»
di Julián Carrón
da: La prefazione del volume Luigi Giussani Uomini senza patria (Rizzoli)
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Postato da: giacabi a 09:07 |
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giussani, carron
La vera rivoluzione
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“Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”.
“Chi lascia entrare Cristo attraverso le crepe del proprio umano si riempie di stupore”.
Don Giussani
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Postato da: giacabi a 11:01 |
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gesù, giussani
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Nell'Ascensione il Signore, con la sua Resurrezione, è diventato il dominatore del mondo e perciò c'è uno tra noi che salverà tutto quello che siamo, che è così potente da salvare la nostra vita, da conservarla tutta, per ridarcela tutta perdonandoci i nostri peccati. La dimostrazione di questo è il mistero dell'Assunzione, in cui ha preso l'umanità della Madonna e non l'ha lasciata in balia della morte, neanche un momento. Con il mistero dell'Assunzione il Signore dice: «Vedete, io non vi farò perdere niente di quello che vi ho dato, di quello che avete usato, di quello che avete gustato, persino di quello che avete usato male, se voi sarete umili di fronte a me. Beati i poveri di spirito, cioè: se voi riconoscete che tutto è grazia, che tutto è misericordia, perché i vostri criteri sono niente, il mio criterio è tutto». La Madonna già sta a quel livello ultimo, profondo dell'Essere da cui tutti gli esseri traggono consistenza, vita e destino. Per questo è stata assunta al cielo, là dove sta il mistero di Dio: perché fosse per noi madre quotidiana dell'avvenimento. La glorificazione del corpo della Madonna indica l'ideale della moralità cristiana, la valorizzazione di ogni momento, il valore di ogni istante. Perciò è la valorizzazione della vita, della nostra esistenza, della vita del corpo del mondo, è l'esaltazione della materia vissuta dall'anima, vissuta dalla coscienza che è rapporto con Dio, è la valorizzazione della nostra vita terrena, non perché fortunata per particolari circostanze, ma perché attraverso ogni cosa più piccola si veicola il nostro rapporto con l'Infinito, con il mistero di Dio.
Don Gius, da Il santo Rosario
Grazie a:Annina
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Postato da: giacabi a 20:23 |
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maria, giussani
Ave Maria
prega per noi!
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“Oh
Madonna, tu sei la sicurezza della nostra speranza!”. Questa è la frase
più importante per tutta la storia della Chiesa; in essa si esaurisce
tutto il cristianesimo”.
don Giussani
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“Ho detto che dobbiamo chiedere alla Madonna che ci liberi dal male, e che il male qui fra noi si chiama economicismo
totalitario, culto dissennato dei propri interessi, edonismo che brucia
il presente e il futuro delle nuove generazioni,
spesso abbandonate ai margini della società in assenza di proposte
adeguate che vengano dalla famiglia e dalle altre istituzioni educative,
compresa qualche volta la chiesa. Ho chiesto che Maria
ci aiuti ad attraversare la crisi terribile che attanaglia le famiglie,
soprattutto quelle giovani, che dissolvono i matrimoni per
pseudoragioni di carattere consumistico. Ma abbiamo la serena certezza che confidando nella Madonna potremo attraversare anche questo momento difficile. "
Mons.Luigi Negri vescovo di S. Marino per leggere tutto l'articolo clicca qui
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Postato da: giacabi a 07:20 |
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maria, negri, giussani
Il peccato
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”Nel dinamismo della libertà è implicita la possibilità del peccato: scegliere davanti alla creatura ciò che immediatamente soddisfa di più, invece che usare della creatura per tendere di più a ciò che è il destino per cui si è fatti. Il peccato è debordare, uscire dalla strada al destino per soffermarsi su qualcosa che interessa di più al momento”
“L’attrattiva o l’emozione suscitata da una creatura che esercita un influsso immediatamente più forte di un’altra cosa che porterebbe la libertà più avanti,che farebbe camminare dila libertà, questo è l’errore;non è un errore l’attrattiva che si sente , è
un errore preferire questa attrattiva all’attrattiva più debole, ma più
attiva e sicura verso il destino che qualche cosa inoltra nel cuore,
propone al cuore.”
“ogni cosa è bene, perché ogni cosa ti richiama al Creatore, ogni cosa , tutto, ma ci può essere una cosa che ti attira di più. Di fronte alla scelta di una cosa che ti attira di meno ma che ti fa andare
di più verso il destino, ragionevolmente sei obbligato a seguire la
seconda, non la prima; se non fai così, questo è il peccato, l’errore”
Don Giussani, da "Si può vivere così”84-86 |
Postato da: giacabi a 18:36 |
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giussani
Le creature sono segno di Dio
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“Le creature sono il modo con cui l'infinito diventa presente al cuore dell'uomo e gli desta la sete di sé. Gli desta la sete, gli desta l'esigenza della felicità, della giustizia, della verità, dell'amore. L’esigenza della giustizia, della verità, dell'amore si mettono in moto attraverso lo stimolo che viene dalla creatura, che è il pezzettino di tempo e di spazio, quel pezzettino di cosa (a,b,c,d..) attraverso cui il Mistero infinito ti tocca, perché tutte le cose sono segno di Dio. “
“il dinamismo della libertà entra in azione perché toccato dalle creature(è toccato più o meno a seconda che la creatura gli corrisponda più o meno) seguendo come Dio gli appare, e gli appare nel segno delle cose”
Don Giussani, da "Si può vivere così”82-83 |
Postato da: giacabi a 18:13 |
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giussani
La goccia
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Avevo
sentito decine e decine di volte questo pezzo di Chopin con il mio
povero papà, che amava sempre sentire musica tutte le mezz'ore che era a
casa. Questo pezzo piaceva molto a mio padre e anche a me è
incominciato a piacere: man mano che diventavo grande - nove, dieci anni
- è incominciato a piacere. Mi piaceva molto la melodia di primo piano,
perché è facile ad intendersi ed è molto piacevole: il primo sentore
del pezzo impone, infatti la suggestività della musica di primo piano.
Ma dopo averlo sentito decine e decine di volte - era ancora prima di
entrare in seminario (mi mancavano ancora alcune settimane ad entrare,
perché avevo deciso: dal giugno all'ottobre avevo deciso) - successe
che, mentre ero lì seduto, sento che mio papà attacca ancora questo
pezzo. Improvvisamente ho capito: ho capito che non avevo capito niente.
Ho capito che il tema del pezzo non era la musica di primo piano, la
melodia immediata, tenera e suggestiva, di primo piano; non era
l'audizione istintiva del pezzo che faceva emergere la verità del pezzo.
La
verità dei quel pezzo era una cosa assolutamente monotona, tanto
monotona è una sola nota che si ripete continuamente, con qualche
leggera variazione, dal principio alla fine. Ma quando uno si accorge di
questa nota, è come se il resto - e così deve essere - passasse, non in
seconda linea, ma ai margini, diventando come la cornice di un quadro.
Nel quadro c'è questa nota, il quadro è fatto solo di questa nota, che
diventa come una fissazione, e così, dal principio alla fine, si è come
percossi continuamente da questa fissazione.
E io ho capito, senza poterlo pronunciare in un discorso, ho intuito
allora di che si trattava. Ho detto: "Così è la vita! Questo pezzo è
bellissimo perché è il simbolo della vita". Nella
vita l'uomo è percosso dalle cose che lo inteneriscono più
istintivamente, che istintivamente gli piacciono, gli sono di comodo, di
gusto... Insomma, domina l'istinto, l'immediato, il facile, il
travolgente. Invece
la vita è una cosa che sta al di là della musica di primo piano: è una
nota sola dal principio alla fine, da quando si è fanciulli a quando si è
vecchi. Una nota sola. Quando ci si accorge di questa nota non la si
perde più, non si può più perderla, resta una fissazione. Ma è una
fissazione che rende saggi, è la fissazione che fa il sapiente, è la
fissazione che fa l'intelligente, è la fissazione che fa l'uomo: è il desiderio della felicità.
Quella è la nota che dal principio alla fine domina e decide del
significato di tutto il brano di Chopin; questa è la nota che decide dal
principio alla fine cos'è la vita dell'uomo: è la sete di felicità.
Qualunque cosa ti piaccia, qualunque cosa ti attiri, qualunque cosa
desideri, al momento ti fa lieto, ma dopo passa. Ma c'è una nota che
rimane intatta, pur con qualche leggera mutazione; dal principio alla
fine rimane intatta nella sua profondità e nella sua semplicità
assoluta, e - dicevo prima - nella sua univocità domina la vita: la sete
di felicità. Tutti gli artisti hanno, in qualche loro pezzo più bello
degli altri, il genio di ricomporre e ripetere questa monotonia, che è
più bella di qualsiasi variazione. A un certo punto, se si segue la nota
come fissazione, è come se non si riuscisse più a fiatare, perché si è
come oberati, diventa un peso questa nota, tanto che a un certo punto la
nota si ritrae e la musica di primo piano sembra averla vinta. Come
dire: "Finalmente ci siamo! Finalmente siamo liberi!". E scandite due,
tre, quattro note, in fondo. Ma uno ha appena finito di pensare: "Siamo
liberi da questa nota", che quella nota riprende e finisce il pezzo. La
sete di felicità, il destino di felicità si può per breve tempo
obliterare, dimenticare, ma ritorna, come urgenza senza della quale
l'uomo non può vivere: inizia e finisce il breve brano della nostra vita.
Così abbiamo fatto risentire questo brano di Chopin perché quella nota
sia riconosciuta da voi in voi stessi: perché l'io è un brano di musica
fatto di quella nota, che ha a tema quella nota, anche se le cose che
fanno impressione sono quelle più superficiali: il piacere immediato, il
gusto immediato, la riuscita immediata, l'impressione immediata, la
reazione, l'istintivo... Quella
nota distrugge continuamente l'istinto e impedisce che ci si adagi e ci
si fermi; impedisce che ti fermi, ti arresti, perché l'istintivo
impietrisce: l'istintivo dell'amore, l'istintivo della bellezza,
l'istintivo del gusto del lavoro, l'istintivo della riuscita ti
fossilizza, ti impietrisce. È questa nota che sbriciola queste pietre e
muove tutta la realtà del tempo della nostra vita, la muove come l'acqua
del fiume muove i sassi e come il mare muove la sabbia. Cristo
è la risposta alla sete di felicità, perché è il Mistero di Dio che si è
fatto uomo per farci capire; si è fatto uomo per mangiare insieme,
mangiare e bere insieme, camminare insieme. Parlava come parlava
qualsiasi altro, solo che c'era dentro qualcosa, c'era dentro una nota
in quell'uomo.... "Nessuno ha mai parlato come quest'uomo". Finché non ne poterono più e lo assassinarono. Ma lui risorse... e la nota finisce il pezzo.
don Luigi Giussani
grazie a:Stellanuova
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Postato da: giacabi a 21:06 |
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giussani
Il 68 e l’eterna giovinezza.. ***
Fonte: www.antoniosocci.it
31/07/2008
A
proposito di don Giussani, di un suo libro appena uscito e del prossimo
Meeting...Qualcosa che ha a che fare col nostro desiderio inappagato di
felicità prendendo spunto dai 40 anni del ‘68
Il fatto è clamoroso, ma nessuno lo nota. Eppure non si fa che parlare del quarantennale del ‘68. C'è
un solo movimento, nato nel '68, che sia tuttora vivo (e tuttora un
movimento di giovani). E' Comunione e liberazione, cioè quello che era
considerato "strano": quello "disarmato", odiato e aggredito (120 attentati nel volgere di alcuni mesi, pestaggi e fiumi di calunnie).
Nessuno degli altri movimenti giovanili che infiammarono una generazione e avevano dalla loro parte i media e il pensiero dominante è sopravvissuto. Estinti come i dinosauri, che sparirono perché erano troppo forti di potenza mondana, terrena. Oggi che si rievoca quel sommovimento, con i miti e i riti di allora, bisogna interrogarsi sul "segreto" di don Giussani che attraversa i decenni, sulla sua vera forza, su quell' "eterna giovinezza" che infiamma il cuore dei figli, nel 2008, come infiammò i cuori dei loro padri nei lontani anni Settanta. Ma giornali e cattedre sono perlopiù in mano a ex sessantottini che - pur brillanti e trasgressivi - hanno paura di spingere la riflessione su se stessi così a fondo. Anche perché riflettere (oltre le solite riduzioni alla politica e alle banalità dei giornali) su un fenomeno come quello nato da Giussani costringerebbe a mettersi in gioco, a dire "io", a guardare dentro di sé, il proprio inappagato desiderio di felicità, la propria povertà individuale e generazionale. Perciò non si è mai capito dove stava davvero la forza e la "giovinezza" di Giussani e di quello che è nato da lui. Nessuno lo capì anche allora. I cronisti andavano nei porticati della "Cattolica" di Milano in quei concitati mesi del '68 e raccontavano la "forza" del movimento studentesco. Quei capetti e le masse urlanti parevano destinati a cambiare il mondo. Nessuno degnò di attenzione quella cosa diversa che stava nascendo, che era come un filo di stupore destato nel cuore di alcuni giovani da un prete brianzolo che parlava loro di Gesù e ne parlava in un modo così travolgente che quelli si sentivano trafiggere e sentivano un'eco profonda dentro e una specie di commozione per le proprie persone e il proprio destino e un desiderio di seguirlo e si sentivano più se stessi, più autentici, desiderosi di abbracciare il mondo. Del resto anche gli storici dell'epoca di Augusto scrivevano dell'imperatore e pensavano che fosse lui il padrone del mondo. Non si interessavano certo di una giovane e "irrilevante" ragazzina, alla periferia dell'impero, nella sperduta Nazaret. Eppure sarebbe stata lei, col suo sì, a cambiare il mondo e a diventarne la regina per sempre. Spazzando via anche l'impero. E il cronista che fosse stato a Gerusalemme quel 7 aprile dell'anno 30, avrebbe parlato del potere di Pilato, emanazione di Roma, e della casta sadducea capeggiata da Caifa e di Erode: questi erano quelli che contavano, che facevano la storia, non certo quel Gesù di Nazaret, condannato a morte, che stava agonizzando su un patibolo. Eppure quei poteri mondani sono passati, spazzati via come i più potenti faraoni d'Egitto. E quell'uomo inchiodato a una croce ha travolto e capovolto la storia. E' lui che ha vinto e continua a vincere fino alla fine dei tempi. Anche oggi si fa lo stesso errore. Si ritiene che contino davvero, e facciano la storia, i politici o la grande finanza o gli americani o i cinesi. Invece sono i "mendicanti". Disse precisamente così Giussani, in piazza San Pietro, il 30 maggio '98, davanti a Giovanni Paolo II e a migliaia di giovani: "Il protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante il cuore dell'uomo e il cuore dell'uomo mendicante Cristo". Non era una provocazione. Citando san Paolo all'Areopago di Atene, spiegava: "Cristo è il motivo per cui tutti i popoli si muovono, per cui tutto il mondo si muove". Senza saperlo. Sui giornali si parlerà del prossimo Meeting per i politici che ci sono o che non ci sono. O per la forza organizzativa di CL. Come si parla della Chiesa per la forza della sua istituzione, per la sua diffusione planetaria, la sua imponente tradizione, la cultura e i valori che promuove. Anche un ammiratore laico come Giuliano Ferrara ne parla così. E nessuno capisce che la sua vera forza - per usare un'immagine di Péguy - non è l'imponenza del tronco della quercia millenaria, ma è la piccola gemma che sboccia ad aprile, apparentemente la cosa più fragile e trascurabile. Quando vedi la forza di quel tronco, spiegava Péguy, ti sembra che quella piccola gemma non sia nulla, "eppure è da lei che tutto viene/ ogni vita nasce dalla tenerezza". E senza quella gemma, quel grande tronco non sarebbe che legna secca da ardere. Quella gemma è lo stupore dell'incontro personale con Gesù che avviene oggi come 2000 anni fa. La sorpresa di accorgersi di quel volto presente, di lui che è il senso della vita e dell'universo, di sentirsi da lui chiamati per nome. Una volta, davanti ad alcune migliaia di studenti, don Giussani lesse la lettera di un giovane malato terminale di Aids. Dopo una vita distrutta aveva conosciuto un nuovo amico, un ragazzo che partecipava alla vita di CL e in lui aveva scoperto un mondo totalmente nuovo, soprattutto, per la prima volta, uno sguardo totalmente diverso su di sé. E quindi Gesù. Quel giovane, che sarebbe morto di lì a pochi giorni, scriveva a Giussani la gratitudine e la commozione di aver finalmente trovato la gioia, il senso della sua esistenza e si diceva pronto a quel "passaggio" che prima considerava la fine e che ora gli appariva come il grande incontro. Migliaia di giovani lo ascoltavano col groppo in gola e Giussani - commosso - finì dicendo che era come se 2000 anni non esistessero, Gesù era lì, vivo e continuava a salvare e a vincere: "la lotta contro il nichilismo" concluse "è questa commozione vissuta". Avrei voluto che ci fosse stato il mio amico Ferrara, di cui ammiro le battaglie, ma che sembra pensare che la cultura nichilista si vinca con una cultura umanista o cattolica. Non è così. Non è un'opera umana, culturale, politica o organizzativa che salva davvero. E' solo la gemma di quella commozione per Cristo (che col tempo germina una civiltà nuova, ma innanzitutto salva te). Giussani talora ha dovuto ripeterlo anche ai suoi. Lo testimonia il bel libro appena uscito, "Uomini senza patria". Diceva nel 1982: "è come se CL dal '70 in poi avesse lavorato, costruito e lottato sui valori che Cristo ha portato senza riconoscere veramente Cristo (...). Fino a quando il cristianesimo è sostenere valori cristiani, esso trova spazio e accoglienza dovunque", invece "non ha patria da nessuna parte nella società, colui che riconosce la presenza di Cristo - una presenza diversa da tutte le altre - nella propria vita". Ma l'amicizia di Cristo: come posso parlarne? "Intender non la può chi non la prova", perché è la felicità. S. Agostino la descriveva così: "occorre dire che si è attirati dal piacere. Ma che cosa significa essere attirati dal piacere? ‘Godi nel Signore, ed Egli soddisferà i desideri del tuo cuore'... Del resto se Virgilio ha potuto dire: ‘Ciascuno è attratto dal proprio piacere' (...) quanto più noi dobbiamo dire che è attratto a Cristo l'uomo che gode della verità, gode della felicità, gode della giustizia, della vita eterna, dal momento che Cristo è proprio tutto questo.... Che senso hanno queste parole: ‘I figli degli uomini porranno la loro speranza all'ombra delle tue ali/ si inebrieranno dell'abbondanza della tua casa/ e tu li disseterai col torrente del tuo piacere;/ poiché è presso di te la fonte della vita, e alla tua luce vedremo la luce' ? Un uomo innamorato comprende quello che dico. Un uomo che abbia desideri, che abbia fame, uno che cammini in questo deserto e sia assetato, che aneli alla sorgente della patria eterna, un uomo così sa di cosa sto parlando. Se mi rivolgo invece a un uomo freddo, costui non capisce neppure di che cosa parlo.” |
Postato da: giacabi a 07:07 |
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socci, giussani
Ognuno ha una funzione
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« Dio è così pieno di fantasia, di potenza creativa e di humour, per cui tu vedi una persona e ti richiama di più a una certa verità; non perchè le altre persone valgono di meno, ma perchè ognuno ha una funzione. Perciò, scoprire
il punto in cui la parola di Dio parla della funzione che tu hai,
scoprire questo è molto importante come oggetto di meditazione. Scoprire
il punto della parola di Dio in cui il tuo carattere, la tua struttura,
la tua figura richiami di più il contenuto di questa parola, scoprire
questo punto è importantissimo, perchè diventa il luogo di riferimento
della propria ».
don Luigi Giussani, pag.117 "Dal temperamento un metodo" BUR 2002
Grazie a: Dixit Definitivo
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Postato da: giacabi a 06:07 |
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giussani
L’amicizia
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«L’amicizia è una compagnia guidata al destino. Bisogna cercare questa amicizia. L’amicizia non è la possibilità di sfogarsi vicendevolmente. L’amicizia
è possedere in comune qualcosa di grande. L’amicizia è tanto più grande
quanto più è grande ciò che si possiede in comune. Perciò la più grande amicizia è possedere in comune il destino. Una compagnia guidata al destino».don Luigi Giussani
Grazie a: anna vercors
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Postato da: giacabi a 14:03 |
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amicizia, giussani
COSA CERCHIAMO?
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« Se quello che cerchiamo è Cristo oppure è il nostro amor proprio,
è l’affermazione di noi, sotto qualunque flessione, secondo qualunque
versante, lo si vede, viene a galla, nel momento esatto della prova e
della difficoltà: quando non ci si vede più o quando non ci dà più gusto
quello che facciamo. È allora l’istante in cui il fascino mondano, e
perciò la diabolicità, la menzogna, secondo la sua maschera attraente,
si pone di fronte a noi e crea alternativa: «È meglio fare altro, è più giusto altro» e, come dice la canzone di Claudio Chieffo su Giuda, sentiamo di essere stati traditi da ciò per cui ci siamo sacrificati. Mentre non ci eravamo sacrificati per quello, ma ci eravamo sacrificati per noi stessi, per l’amor proprio. Comunque, soltanto questa annotazione getta una luce che può fare leggere con esattezza ciò che è accaduto.».
DON GIUSSANI
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Postato da: giacabi a 12:39 |
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giussani
Per amare una presenza tu devi riconoscere che essa è del Mistero, di Cristo
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"Di fronte alla persona amata è
molto più grande l'intensità dell'amore quando ti fermi ad un metro, e
tutto vibra, e tutto sembra volerla afferrare. Non per trattenerti
dall'afferrare, ma perché c'è un'adorazione e un riconoscimento del significato della cosa. E tu sei lì che vivi questo sentimento di significato e trattieni l'impeto che ti spingerebbe ad una presa puramente meccanica. Per
amare una presenza tu devi riconoscere che essa è del Mistero, di
Cristo: ciò di cui è fatta è Cristo. E tutto in te viene proteso come
domanda a Cristo che si sveli, che si faccia vedere. Perché quando Cristo si farà vedere in quella faccia, sarà la fine del mondo, sarà l'Eternità! Essere
ad un metro senza prendere vuol dire essere tutto proteso nel prendere
coscienza del segno che essa è, del valore di segno che essa è. Per
questo niente al mondo la può cancellare, proprio perché è segno di
Cristo. Se è segno di Cristo, quello che ti viene come conseguenza è lo
struggimento perché Cristo si riveli in lei."
Don Giussani
Grazie a: http://stradacri.splinder.com
a: A.*
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Postato da: giacabi a 21:08 |
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amicizia, giussani
Lo sviluppo del proprio io
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“Lo scopo della vita è lo sviluppo del proprio io. Il completo sviluppo di se stessi - ecco la ragione d'essere di ognuno di noi.”
Oscar Wilde
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“Il supremo ostacolo al nostro cammino umano è proprio la trascuratezza dell'io. Nel contrario di tale trascuratezza, cioè nell'interesse del proprio io, sta il primo passo di un cammino veramente umano.”
Don Giussani da:Alla ricerca del volto umano-Rizzoli
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“La vita non è ricerca di esperienze, ma di se stessi. Scoperto il proprio strato fondamentale ci si accorge che esso combacia col proprio destino e si trova la pace.”
(8 agosto 1940)
Cesare Pavese da: "Il mestiere di vivere
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Postato da: giacabi a 20:12 |
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wilde, persona, pavese, giussani
L’ alternativa
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“è la grande, reale alternativa: o il niente in cui tutto va a finire- il niente di ciò che ami, il niente di ciò che stimi, il niente di te stesso e degli amici, il niente del cielo e della terra, il niente, tutto è niente perchè tutto va a finire in cenere- oppure quell'uomo lì ha ragione, è quello che dice di essere.
Don Gius, da Si può vivere così?
Grazie a:Annina
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Postato da: giacabi a 11:04 |
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giussani
uomo «senza patria»
19 Luglio 2008
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Il cristiano, uomo «senza patria» - di Luigi Giussani
Oltre
allo spunto dei contributi che avete inviato, come da richiesta, e che
sarà rispettato, ce n’è un altro, nel frattempo succeduto, che travolge
anche la pertinenza dei vostri fogli e porta in modo suggestivamente
drammatico la questione a un livello che noi abbiamo subìto, soprattutto
dal ‘68 in poi, specialmente in certi anni, ma senza prenderne
coscienza. Il fatto successo è l’incontro col Papa che abbiamo avuto
settimana scorsa. A parte l’interesse che il Papa aveva per il Meeting,
sul quale voleva da noi qualche apporto o qualche osservazione, la cosa
più impressionante di quella conversazione, durata un’ora e mezza, è
stata scoprire nel Papa, come persuasione ovvia, come atteggiamento
acquisito, quello che almeno due altre volte aveva esplicitato con
parole che per noi sono state subito preziose, che ci hanno destato
entusiasmo, ma che è come se non vessimo accolto secondo tutta la
serietà definitiva con cui il Papa le aveva pronunciate. Mi riferisco
innanzitutto a quella frase che poi abbiamo collocato sulla copertina di
un Litterae communionis: «Il vostro modo di affrontare i problemi umani è molto simile al mio, anzi, dirò, è lo stesso».
E la disse una seconda volta, con gli universitari di Roma, in un
raduno a Castelgandolfo. (…) Il Papa, per almeno due o tre volte, ha
ripetuto questa identificazione per così dire - del destino della sua
figura con il destino della nostra esperienza.
Mentre
scendevamo per la colazione (…), parlando del fatto che il malanno
della Chiesa è stato quello di introdurre, nel post-concilio, categorie
della mentalità laica dominante, per esempio le categorie di
«integrista» e di «aperturista», dove solo l’aperturista avrebbe nella
società di oggi il diritto a esistere, ha detto: «Esattamente come
dicono di me, dicono di voi; definiscono voi così, come definisco- no me
così». E ancora: «Dove il Papa viene accolto, venite accolti anche voi». (…) Mentre era ancora seduto, e stava per girarsi sulla sedia per alzarsi, ha detto: «Voi non avete patria, perché voi siete inassimilabili a questa società». Poi ha fatto un momento di silenzio e, quasi mentre si alzava dalla sedia, ha ripetuto questa parola: «Voi non avete patria», in cui era commoventemente visibile la proiezione della sua situazione su di noi. (…) Il
che vuole dire: uno che non ha patria è continuamente senza sicurezze
umane, senza protezioni, senza soste, sempre in qualche modo
attraversando, perciò «contro», ma contro nel senso di attraversando. In
fondo in fondo, se mettete insieme queste parole, esse rappresentano la
descrizione o la definizione dell’anti-borghese, di ciò che non è
borghese, di ciò che non è consolidato socialmente, di ciò che non è
established. (…). Ma, dentro a tutto questo, è incosciente ciò
che adesso dico essere il primo passo nella comprensione del come mai
noi siamo senza patria. Perché, guardate, in fondo in fondo, tutta la
nostra attività, da quando è nata Comunione e Liberazione, dal ‘70,
specialmente dal ‘73, (…) tutto quello che noi facciamo è per avere una
patria, è per avere una patria in questo mondo. Non dico che non sia
giusto.
Dico
che lo facciamo per avere una patria e che questa patria non l’avremo.
«Voi siete senza patria». (…) Siamo andati avanti per dieci anni
lavorando sui valori cristiani e dimenticando Cristo, senza conoscere
Cristo. Il problema è Cristo, conoscere Cristo. Come dice san Paolo, nel
terzo capitolo della Lettera ai Filippesi: «Io, se dovessi mettermi a
paragone con voi, starei molto bene, perché sono molto più di voi, sono
professore all’università diciamo che per l’età era un Associato, ho
superato molto in fretta la prova di Ricercatore, sono diventato,
giovanissimo ancora, Associato all’università, so quel che sapete voi e
ne so anche molto di più, ho fatto per la mia religione quello che voi
non avete fatto, ma tutto questo io ho capito che è sterco di fronte
alla conoscenza di Cristo». L’avvenimento cristiano ha questo come suo
oggetto, come suo contenuto: la conoscenza di Cristo.
Non
è una conoscenza riducibile, sia pure in analogia, allo studio che
facciamo dei fossili o di Giulio Cesare. Per questo la parola più giusta
è «riconoscimento» di Cristo: perché non si conosce una Presenza, la si
riconosce. (…). Non ha patria da nessuna parte nella società di oggi
colui che riconosce la presenza di Cristo - una
presenza diversa da tutte le altre - nella propria vita, nella trama dei
propri rapporti, nella società in cui vive; talmente riconosce questa
Presenza che è essa a determinare la modalità di veduta, la modalità di
percezione, quindi la modalità di giudizio e la modalità di
comportamento. Non ha patria l’uomo che dice: «Dio è un fatto presente,
con un nome storico che coglie e tocca fisiologicamente la mia vita, e
quindi pretende di determinarla in ogni senso, affinché attraverso la
mia vita possa determinare la vita della società».
Costui
non ha patria. Fino a quando il cristianesimo è sostenere
dialetticamente e anche praticamente valori cristiani, esso trova spazio
e accoglienza dovunque.
Ma
là dove il cristiano è l’uomo che annuncia nella realtà umana, storica,
la presenza permanente la presenza e la presenza permanente di Dio
fatto Uno tra noi, oggetto di esperienza (come quella di un amico, di un
padre o di una madre), attivamente determinante come orizzonte totale,
come l’ultimo amore («Nell’esperienza di un grande amore […] tutto ciò
che accade diventa un avvenimento nel suo ambito »), la presenza di
Cristo centro del modo di vedere, di concepire e di affrontare la vita,
senso di ogni azione, sorgente di tutta l’attività dell’uomo intero,
vale a dire dell’attività culturale dell’uomo, questo uomo non ha
patria.
Colui
che riconosce la presenza di Cristo come fatto presente non è
assimilabile a questa società, perchè cambia il modo di affrontare la
sua vita
Copyright (c) Avvenire
Don Giussani. La lezione etica di un cristiano «senza patria» - Julián Carrón, Il Giornale - Stralcio della prefazione di Julián Carrón al libro di don Luigi Giussani “Uomini senza patria”.
grazie a:fontanavivace
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Postato da: giacabi a 13:29 |
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giussani
La voce la passione l’ansia di Lui
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[...]Perché sei proprio come questo mare: immenso ed arcano, che sempre lo senti dire un suo misterioso pensiero profondo, che capisci, ma non sai ridirtelo a te stesso con parole comprensibili e determinate; questo mare che ora è calmo ed a stento l’odi appena ansare sulla riva e sembra che sogni, e dopo poche ore è tutto tribulato ed ansimante ed appassionato, e non sai il perché - … ma calmo od agitato, silenzioso od irato, il mare ha ogni giorno ed ogni istante un minimo comun denominatore, un significato base unico ed inesorabile, che è la sua grandezza: il senso travolgente di una immane aspirazione all’infinito, al mistero infinito. Così l’anima tua, fratello ed amico dell’anima mia: così la tua vita, nelle vicissitudini angosciose o serene che s’incalzano apparentemente senza motivo: c’è una voce, una passione, una agonia che sta alla base di tutto: ed è la voce la passione l’ansia di Lui, Felicità, Bellezza, Bontà Suprema, che ha fatto come effimeri esemplari di Sé anche il cuore di nostro padre e di nostra madre. E le esperienze della vita ad altro non possono servire che a farcene sentire sempre più profondo, travolgente, esclusivo il bisogno: soprattutto ed è per questo che esse sono la più grande benedizione. Tuo don Luigi
lettera scritta da don Giussani a don Angelo Majo e pubblicata nel libro L. Giussani, Lettere di fede e di amicizia, San Paolo, 1997
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Postato da: giacabi a 16:27 |
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dio, mistero, giussani
Il vero possesso dell’uomo è simile a quello di Dio
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“la verginità è un possesso più grande per la totalità della dedizione”
" L'uomo ha un modo di possedere che da una parte tocca quello dell'animale e dall'altra tocca...il possesso di Dio. Dio
possiede i sassi e la terra e ogni foglia e ogni passero che cade e
ogni fiore del campo,è dentro lì.Ma non perché è addosso al fiore del
campo, è dentro lì. Il possesso dell'uomo è simile a quello di Dio"
Don Giussani, da "Si può vivere così", p.120,121
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Postato da: giacabi a 20:41 |
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possesso, giussani
È bello possedere!
nel senso cristiano del termine
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"Possedere vuol dire entrare in rapporto a livello dell'essere con un'altra cosa. La libertà è aderire alla realtà... La ragione è aderire alla realtà; aderire alla realtà vuol dire affermarla: è l'inizio del possederla... è un'altra modalità di rapporto, ma è possesso: che
sia possesso l'affermazione della realtà è indicato dal fatto che tu
affermi e spieghi che cosa sia quella realtà, la capisci, ne puoi usare
secondo la sua capacità di rendimento, e, se è una persona, la ami (per questo l'amore è libero, più grande, più profondo del tempo e dello spazio, cioè del rapporto fisico che si possa avere). Non è padronanza il rapporto fisico: non puoi penetrare una persona fino alla radice dell'anima, mentre se la guardi o la pensi quando è lontana, la possiedi fino alla radice dell'anima."
Grazie a:Annina
Don Giussani, da "Si può vivere così", p.120,121 |
Postato da: giacabi a 21:14 |
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possesso, giussani
La coscienza della Sua presenza
***
«La coscienza della Sua presenza è l'iniziativa cui siamo chiamati ogni mattina, davanti
alla quale, come le onde si frangono sulla roccia imperterrita ed
ineliminabile, si debbono frangere tutti i nostri risentimenti,
carenze, peccati, tutto ciò che ci manca o ci sembra mancare, tutto ciò di cui mugugna il mondo, cioè noi, quando la vita non è animata ed esaltata dall'iniziativa di questa coscienza».
L. Giussani
a:
StellaNuova e
HombresNuevos
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