Ulisse
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Nella mia giovanezza ho navigato***
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d’alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per sfuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi, me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.
Postato da: giacabi a 20:40 |
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saba
Grazia e Amicizia
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Più non mi temono i passeri. Vanno
vengono alla finestra indifferenti al mio tranquillo muovermi nella stanza. Trovano il miglio e la scagliuola: dono spanto da un prodigo affine, accresciuto dalla mia mano. Ed io li guardo muto (per tema non si pentano) e mi pare (vero o illusione non importa) leggere nei neri occhietti, se coi miei s'incontrano, quasi una gratitudine. Fanciullo, od altro sii tu che mi ascolti, in pena viva o in letizia (e più se in pena) apprendi da chi ha molto sofferto, molto errato, che ancora esiste la Grazia, e che il mondo TUTTO IL MONDO - ha bisogno d'amicizia. Umberto Saba |
Postato da: giacabi a 14:47 |
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amicizia, saba
Gesù
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«Quando mia moglie era ancora a casa e, almeno a tratti, in sé, le ho parlato un giorno a lungo di Gesù (non, badi, di Gesù Cristo, ma di Gesù semplicemente).
Si era
a tavola, pareva molto commossa, tanto che, appena l’aiutai a mettersi a
letto, le dissi: “Lina mia, vuoi che ci baciamo in Gesù?”. La
povera vecchia mi rispose: “Magari”. Abbiamo provato entrambi un
momento di grande dolcezza: ci siamo baciati e abbiamo pianto.
Perché, da quando sono vecchio e malato, due soli personaggi della storia universale resistono in me: Gesù (quel tanto che di Lui posso sapere) e - non la prenda come una bestemmia - Napoleone. Sono due diverse grandezze: il tratto che hanno in comune è di avere salita la montagna da parti opposte e di avere trovato entrambi, alla sommità, la Croce... Se insomma io mi rappresento il mondo come una montagna, sempre in cima ci vedo la Croce»
Umberto Saba (Euro, maggio 1979).
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Postato da: giacabi a 09:13 |
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saba, gesù
IL “PADRE NOSTRO”
Umberto Saba
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«Mio
caro don Fallani. Ieri nel pomeriggio ho sepolto la mia povera Lina, la
quale mi lasciò, oltre al suo ricordo, come una specie di viatico: la
bellezza estrema, la nobiltà, la pace che presero i suoi lineamenti
nella morte. Dio le concesse una morte serena. Mentre la bara veniva
messa nel cunicolo a lei destinato, chiesi al sindaco il permesso di
dire due parole. Lessi in italiano ad alta voce il Padre Nostro,
seguendo un moto del cuore per il quale mi feci prestare dai buoni
padri la suddetta preghiera; questa preghiera, che conoscevo, si può
dire, da sempre, è così
bella, così grande, così universale che, o pregare non serve o, se
serve, non ce n'è una al mondo che l'uguagli. Chiunque può dirla in
qualunque momento e a qualunque fede appartenga. Dicendola mi
sentii ancora una volta in comunione con la mia Lina, che ogni volta si
commuoveva. L'abbraccia il suo povero Saba, rimasto, oltre a tutto il
resto, solo ormai sulla terra».
«Sia santificato il tuo nome».
È l'estrema richiesta di santificazione del Verbo che è Dio, della
parola perché il nome non sia solo nome ma abbia consistenza eternatrice
e vera, perché la poesia abbia anche la forza della preghiera.
«Venga il tuo regno»:
al limite della sopportazione e della sete, arriva il grido e
l'invocazione di chi non pensa più alla propria sete, ma solo alla
bellezza dell'acqua, non ad una salvezza personale ma un regno di
salvezza.
«Sia fatta la tua volontà»:
è il riconoscimento definitivo e l'accettazione che quanto ci sta
accadendo è un bene, non tanto in sé, quanto perché voluto da Dio.
«Dacci oggi il nostro pane soprannaturale»: è l'espressione di un bisogno vitale, la richiesta che entri in noi l'energia necessaria per vivere quanto lo è il pane.
«E rimetti a noi i nostri debiti come noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori»:
un poeta rinuncia al proprio io con felicità, alle ferite del passato e
alla compensazione di quelle ferite che non ci saranno mai, al male che
abbiamo compiuto, al passato stesso. «Padre» ha inizio la preghiera,
con la parola «male» si conclude: «E non indurci in tentazione, ma liberaci dal male».
Umberto Saba
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Postato da: giacabi a 21:41 |
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saba
A Gesù Bambino
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La notte è scesa
e brilla la cometa
che ha segnato il cammino.
Sono davanti a Te, Santo Bambino!
Tu, Re dell’universo,
ci hai insegnato
che tutte le creature sono uguali,
che le distingue solo la bontà,
tesoro immenso,
dato al povero e al ricco.
Gesù, fa’ ch’io sia buono,
che in cuore non abbia che dolcezza.
Fa’ che il tuo dono
s’accresca in me ogni giorno
e intorno lo diffonda,
nel Tuo nome.
Umberto Saba
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